Autore Topic: Stelle Cadenti XXI - 17: La tavola del destino (seconda parte)  (Letto 1414 volte)

Sceiren

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Stelle Cadenti XXI - 17: La tavola del destino (seconda parte)
« il: Novembre 11, 2010, 08:48:16 pm »
Il re dei nani col suo singolare accompagnatore gnomo e il re degli uomini usciti contemporaneamente da due cunicoli adiacenti!  Surfang il giovane sfiorò uno dei due incisivi che sbucavano come in ogni orco dal labbro inferiore fin quasi all'altezza del naso e annuì seguendo l'accompagnatore di re Varian Wrynn: non aveva dubbi che sarebbe stato lui a seguirlo.  Alcuni umani, anche se chiaramente con tutti i limiti insiti nel loro sangue, possedevano caratteristiche davvero sorprendenti per quella specie. Coraggio, onore, valore.  Dranosh Saurfang sapeva bene che non tutti possedevano simili virtù, specialmente in razze volubili come quella degli uomini.  Quello che lo aveva stupito nel loro incontro precedente era stato la fierezza che aveva letto negli occhi del guerriero che seguiva il re di Stormwind, gli occhi di un vecchio e saggio leone abituato a combattere, un leone tutt'altro che sconfitto dall'età.  E aveva parlato con lui, aveva discusso con quel piccolo uomo scoprendo che in fin dei conti non la pensavano poi così diversamente sulle basi della battaglia.  L'orco sorrise e attese che re Varian si sedesse, dalla parte opposta del Signore della Guerra Thrall, di fronte a lui, per poterlo guardare.  Non appena ne ebbe occasione lanciò un'occhiata a lord Fordragon il quale ricambiò il saluto velato con un cenno del capo. Non era certamente il caso di fare di più.
Accanto a Varian Wrynn prese posto re Magni barba di bronzo, signore di tutti i nani.  Surfang sapeva bene che la discussione di quel giorno non sarebbe stata una passeggiata e con un sospiro si afferrò con la sinistra la mano destra mettendosi sull'attenti dietro al signore di Ogrimmar.  Avrebbe dato un braccio per trovarsi a caccia.  Le attese lo logoravano.

* * *

L'arcimago Leryda precedeva il suo superiore con orgoglio.  L'alto elfo, non senza difficoltà, con gli avambracci distesi e i palmi delle mani rivolti verso l'alto portava un grosso tomo dall'area pesante.  Il suo sorriso sprezzante e suoi occhi lucenti trasmettevano una sicurezza non comune ed un reverenziale timore se non per la maga in quanto tale, per l'oggetto che trasportava in modo tanto inusuale.  Il capo dell'ordine segreto dell'Occhio Viola seguiva la sua seconda in comando appoggiandosi ad un bastone che culminava con un piccolo incensiere al centro del quale ardeva una sfavillante fiamma verde smeraldo.  Intorno all'incensiere, partendo dalla base dello stesso, un ottagono in mitril cui ogni angolo era innestato una punta sempre dello stesso metallo.  Sembrava un piccolo sole.   Cedric, un vecchio mago dallo sguardo fiero ed inflessibile, indossava l'abito che egli stesso aveva incantato con possenti incantamenti che gli conferivano ulteriori poteri. La veste viola e oro era stretta in vita da un cintura di cuoio ricamata in argento ed un corpetto, sempre in argento e fili di mitril, gli dava più che l'aspetto di un mago quello marziale di un guerriero.  L'arcimago e la sua fedele seguace uscirono dal cunicolo più a Nord, esattamente al centro tra i due schieramenti, e non appena entrati puntarono direttamente al tavolo.  Leryda posò il tomo di fronte all'arcimago Cedric e prese posto in piedi alle sue spalle come gli altri accompagnatori.  Cedric appoggiò le mani sul grosso volume e chiuse gli occhi. 
Poco dopo, dal cunicolo alla destra di quello da cui erano arrivati re Varian e Lord Fordragon, due figure incappucciate, celate sotto mantelli violacei come l'alba, che mostravano all'altezza della spalla, cuciti con fili di argento, una rigogliosa quercia secolare.  La prima, una esile figura che quasi scivolava sul suolo, anzichè calpestarlo; la seconda, molto più alta e, soprattutto, di corporatura massiccia, quasi il doppio della precedente.  Le due figure raggiunsero il loro posto, al lato di re Varian, poi la prima, fluida come l'acqua tra le rocce di un ruscello in autunno, liberò curate e affusolate mani da sotto la veste e lasciò scivolar via il cappuccio rivelando una cascata di capelli azzurri come il cielo e due occhi candidi come la neve e lucenti come le stelle.  La sua pelle rosata emanava un profumo di fiori che travolse Varian e Bolvar, come ogni volta che la incontravano del resto.  Indossava un semitrasparente abito azzurro che nel gioco di veli che lo componevano mostrava in ombre sensuali le curve di un corpo perfetto. 
Re Varian si alzò di scatto e porse la mano alla regina di Darnassus chinando appena il capo, ma senza toglierle gli occhi dai suoi.
- Alta sacerdotessa, che Elune ci accompagni. -
- Che Elune ci accompagni tutti quanti. - rispose con un sorriso radioso l'elfa accettando la mano del re di Stormwind e accomodandosi al suo fianco.
La seconda figura, non appena la regina prese posto, afferrò con una grossa mano il cappuccio e si sfilò il mantello e, ripiegandolo con pochi gesti, se lo mise sotto braccio.  Era un elfo davvero possente: capelli verdi liberi ricadevano fin sotto le spalle lasciando scoperte le lunghe orecchie tipiche della sua specie.  Larghe spalline, verdi anch'esse, raccoglievano mille foglie di quercia e platano unite sapientemente l'una all'altra, apparentemente senza alcuna cucitura.  I suoi occhi color del sole parevano trattenevano a stento una determinazione ed una vitalità travolgente, la forza di un uragano tenuto a freno da un esile lazzo, sempre pronto a scattare, a manifestarsi.  L'elfo era a petto nudo e mostrava una muscolatura perfetta e strutturata. Fandral Staghelm era del resto il capo dei druidi di Darnassus e la forza, per lui, era almeno la metà del suo addestramento secolare.  L'elfo prese posto dietro la regina e rimase in silenzio, come una statua, come una gargoyle. Di guardia. Vigile.
Dopo l'arrivo dell'alta sacerdotessa di Elune, Tyrande Sussurro nel Vento, altri elfi entrarono nella sala: Sylvanas, signora degli Abbandonati, i non-morti liberi di Azeroth, accompagnata dal fedele Faranell, lasciò il cunicolo e si diresse sorridente quasi come Tyrande al secondo posto dopo il signore di Thunderbluff, saltando un cilindro.  Il suo arrivo venne accolto dal silenzio nella sala e anche i suoi stessi alleati la fissarono con guardinga attenzione.  Quasi contemporaneamente, dal cunicolo successivo, un altro elfo, un elfo del sangue, con passo sicuro e postura regale entrò nella sala.  Il suo abito dalle tinte vermiglie e dai raffinati ricami d'oro lo avvolgeva leggero come la veste di un mago e il colletto, tutt'uno col bavero, copriva il suo viso fin sotto al naso.  I suoi occhi verdognoli brillavano di una luce sinistra così come lo smeraldo incastonato nell'abito all'altezza dello sterno.  Il signore di Silvermoon era seguito dal suo fedele ambasciatore Tristesole.  L'ambasciatore spaziò con i suoi lucenti occhi azzurri sulla tavola, passando i rassegna vecchi e nuovi alleati e quando il suo signore, il gran magister Rommath, si accomodò tra lady Sylvanas e l'alto sciamano Cairne Bloodhoof, si voltò verso la non-morta e la salutò chinando il capo.  Quindi prese posizione al suo posto, alle spalle del suo signore.
Infine, dal passaggio più basso, quasi perpendicolare a quello di re Varian, appoggiato al suo semplice bastone dall'estremità ricurva, nonostante l'età avanzata eretto come un fuso entrò il divino profeta di Naaru e signore di tutti i Draenei dei regni esterni, il profeta Velen.  La sua lunga barba bianca scendeva per quasi un metro coprendo metà dell'altezza del maestoso draeneo.  I suoi occhi candidi, stanchi, ma attenti, si posarono sul re degli uomini, poi sul signore dei nani, infine sulla splendida alta sacerdotessa.  Quindi, indurendo i lineamenti grinzosi del viso, salutò, a suo modo, anche i rappresentanti dell'Orda.  Prese posto in silenzio e, non appena seduto, lasciò il suo bastone al draeneo che lo accompagnava.  Farseer Nobundo, avvolto di leggeri abiti blu come il cielo notturno che amava contemplare per ore, accolse la staffa del maestro e cominciò ad accarezzarsi i tentacoli che ondeggiavano da sotto il mento assorto nei suoi pensieri.

* * *

Lo gnomo alle spalle di re Magni si stuzzicò per l'ennesima i curati baffi bianchi che, tutt'uno con le lunghe basette, gli davano un aspetto piuttosto buffo... tenuto conto che era calvo come una biglia.  Era parecchio tempo che stava osservando da dietro le sue lenti telescopiche i vari ospiti entrare e prendere posto.  Gelbin Mekkatorque non aveva mancato chiaramente di ingrandire i dettagli dei presenti che più attiravano la sua attenzione e in particolar modo aveva ingrandito, l'orecchio sinistro di Thrall leggermente più corto del destro, l'anello al naso di re Cairne che ondeggiava quasi ipnotizzandolo ad ogni parola del tauren, chiaramente il decoltè di Sylvanas che, anche se morta, aveva il dono di rinvigorirlo ogni volta che la vedeva... ma solo a distanza di distanza.  Ora, avendo esaurito l'interesse per i presenti, la sua attenzione si stava focalizzando sugli assenti perchè era evidente, dal sempre più imbarazzante silenzio, che qualcuno ancora mancava all'appello e le attese erano davvero inaccettabili per un ingegnere della sua portata e levatura.  Con la coda dell'occhio colse un movimento "sospetto" del mago calvo sulla sinistra così rapidamente portò la destra sul bulloncino di regolazione delle sue lenti e lo ruotò prima in senso orario, poi in senso antiorario, infine di nuovo in senso orario e mise a fuoco le mani del mago sul grosso tomo che aveva di fronte: da immobili sopra la copertina si erano spostate sui lati e stringevano il libro.  Senza variare il livello di ingrandimento, ruotò dalla parte opposta, storcendo bocca e naso all'altezza di orchi e tauren e umettandosi le labbra all'altezza dell'elfa non-morta e finalmente vide quello che aspettava. Gli ultimi ospiti.
- Pensare che avrei scommesso che tra tutti noi loro di certo non avrebbero fatto tardi... - brontolò a bassa voce re Magni per farsi udire solo da Varian il quale, a sua volta, seguì le sei figure entrare dal cunicolo sud, opposto a quello dal quale erano giunti i rappresentanti dell'Occhio Viola.
Apriva il piccolo corteo una figura eterea e magnifica, un'elfa, di una bellezza tanto etera quanto travolgente.  I suoi capelli ramati scendevano in dolci boccoli su di un viso perfetto e occhi azzurri di una intensità non comune.  Un corpetto cucito con fili d'oro e rifinito con ricami color cobalto cingeva un corpo dalle forme attraenti, senza eguali.  All'altezza dello sterno, tra i seni, una sottile catena d'oro univa il corpetto dell'abito alla cintola che sorreggeva una gonna color del miele che scendeva fino alle caviglie e aprendosi ai lati, rivelando ad ogni passo le slanciate gambe della donna, lasciando poco all’immaginazione.  Due bracciali finemente lavorati richiamavano l'oro della sua veste e il rame dei suoi capelli in intrecci fini e delicati.  Ogni spalla, infine, era coperta da spalline simili a fiori appena sbocciati i cui petali si allungavano verso l'alto, circondandole capo come un'aura protettiva.
Dietro di lei vi era un'altra elfa, con lo stesso abito, ma privo di spalline.  Bella, attraente, non come la precedente, ma tuttavia in grado di ottenebrare i sensi di praticamente qualunque uomo.  I suoi capelli, lisci e lunghi, castani chiaro, quasi biondi, erano fermati sul capo da un cerchietto di pelle di daino.  I suoi occhi azzurri come il ghiaccio, come quelli dell'altra elfa, emanavano una luce propria.  Seguivano quattro alti elfi dalle vesti leggere, ciascuno recante una candela accesa dalla fiamma di diverso colore: bianco, il primo, poi rosso, blu e giallo.
La prima donna concesse un sorriso caldo come il sole prima a Varian, quindi a Thrall ed infine a Cedric, poi si sedette con grazia proprio di fronte all'arcimago.  Dietro di lei l'altra elfa.  I quattro elfi che le seguivano, invece, fecero quadrato alla destra dell'elfa seduta, tra lei e Sylvanas, posero le candele a terra e formularono un incantesimo.  Le candele si sollevarono e iniziarono tutte a bruciare emanando una luce rossa.  La cera cominciò a colare e cadendo al suolo iniziò a descrivere, evidentemente mossa dalla magia, un quadrato, prima, rune magiche al suo interno poi.  La complessa figura geometrica, simmetrica da qualunque punto visuale, assunse le vermiglie tonalità delle fiamme delle candele, quindi uno sbuffo di fumo rosso fuoco esplose dal centro, senza tuttavia emettere alcun suono.  Il fumo cominciò a montare come nubi prima di un temporale, gonfiandosi, spostandosi, espandendosi e riconcentrandosi al centro, le fiamme cambiarono colore, ardendo di luce gialla.  Il fumo, dapprima vermiglio, assunse le tonalità del sole, sempre venato di rubino, quindi sfumò sul blu, ancora percorso da lingue infuocate ed infine, bianco, come la neve.  I riflessi vermigli parvero per un attimo assumere le sembianze di un volto prima di essere scosse da un movimento del fumo.  I maghi si concentrarono e due occhi vermigli si fecero strada tra le nebbie biancastre, poi un naso affusolato ed infine due labbra carnose.
Il fascio di luce che dal soffitto finiva al centro della tavola brillò di luce bianca, quindi tutti i presenti ebbero un brivido.  Anche la nube di fumo tremolò pericolosamente e i contorni appena evocati si confusero con i moti della nebbia.  Una voce calda, ancestrale, atona, raggiunse ogni convocato direttamente nella mente e gli parlò nel proprio dialetto di nascita.
- Benvenuti. -

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren

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Re: Stelle Cadenti XXI - 17: La tavola del destino (seconda parte)
« Risposta #1 il: Novembre 11, 2010, 11:18:40 pm »
Bello, anzi, BELLISSIMO !!

Questo è quello che NON avrei scritto se lo avessi letto :RNR:



Qualunque cosa t