Autore Topic: Figli dell'Ultima Alba XLIV - Capitolo 35: Figli della prima alba  (Letto 1124 volte)

Sceiren

  • GM Rising Dradis Echoes
  • Epico
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  • Chi sono dei due? :D
    • Mai dire di no al panda!
Dedico questo capitolo ai nostri amici entrati a far parte del nostro gruppo mesi orsono.  Siamo tutti parte di un qualcosa di grande e sono certo che anche grazie a voi, questa nostra "creatura", continuerà a prosperare, permettendoci di godere dei contenuti che mamma blizzard continuerà a sfornare per noi, in un clima di amicizia e collaborazione!  Buona lettura :D

35
Figli della prima alba

Il ritorno di Silvèr fu una vera panacea per il mago che, grazie anche alle cure di Ilaria, seppure non completamente in forma, in un giorno recuperò quasi completamente le forze.  Così, la mattina successiva, fu il primo a vedere i due soldati con lo stendardo del consiglio prendere posto poco distanti dalla tenda dove riposava.  Fece notare la cosa all’elfa che giocava col cucciolo ed entrambi uscirtono curiosi come altri attirati nello stesso modo.
Quello che né Sceiren né Sìlver potevano sapere era che in tutto il campo decine e decine di coppie come quella si stavano preparando allo stesso modo.
Come attendendo un segnale, i due attendevano: il primo passandosi tra le mani una pergamena arrotolata, il secondo, mano alla spada, si guardava intorno con fare circospetto.
- E questi? Chi sarebbero?! – chiese Bryger grattandosi la testa.
- Non ne ho idea. Sono lì da una decina di minuti. – rispose Sìlver facendo spallucce.
- Beh, potremmo scoprirlo subito, se volete io… - continuò il nano avanzando, subito fermato da Erebus. 
- Era ora! – disse il nano saltellando. Non l’aveva visto arrivare e non lo vedeva dal giorno prima, così come non vedeva Selune e Nadìr.
- Lasciatelo lì dov’è. – disse cupo l’evocatore.  Era assorto.
- Tutto bene? – si intromise Sceiren, ma Erebus non raccolse e, a braccia conserte, fissò a sua volta i due.  Quindi, senza preavviso, il secondo estrasse una pergamena dalla tasca e la lesse e il primo prese a levitare.  Raggiunto mezzo metro d’altezza, srotolò la pergamena e iniziò a leggere.
- A nome del Consiglio che per voce del comandante in capo delle operazioni, Generale Masters, degli Ufficiali del comando di guerra Luther, Devin, Brazgul e Fondrin, si comunica quanto segue.
Miei soldati, fratelli d’armi e alleati fedeli.  Avrei voluto, come in passato, essere personalente presente per dirvi queste poche parole, ma la logistica impone praticità ed efficacia e così, questa volta, ho ritenuto di agire in questo modo. In questo preciso istante, le mie parole, riportate da ciascuno dei miei fidati messaggeri, vengono riportate in ogni angolo del campo in modo che tutti, nessuno escluso, possa essere partecipe di quanto sto per dire.  Quando re Varian Wrynn e gli altri regnanti del Consiglio mi designarono come comandante delle forze di terra che avrebbero attaccato la fortezza sospesa di Naxxramas, non potevo neppure lontanamente immaginare di quanta strada avremmo fatto realmente, di dove mi sarei spinto al vostro fianco ed oggi, invece di aver atteso esito dell’azione di altri, sono al comando della forza che estirperà la minaccia direttamente!  Oggi, al fianco dei valorosi rappresentanti dei popoli liberi di Azeroth, sto per marciare sulla fortezza di Icecrown! Sì, fratelli miei: oggi è il giorno! – come sapendo cosa avrebbe scatenato quel proclama, il messaggero si fermò, danto modo alla piccola folla via via radunatasi, di esultare e gridare il proprio entusiasmo.  Poi riprese. – In queste ultime dure settimane, al freddo, forzati all’attesa, in diverse occasioni ho scambiato parole con alcuni di voi.  Non guardando al suo grado, non guardando al suo ruolo, talvolta presentandomi, talvolta in incognito, altre volte chiedendo ad altri di riferire quanto appreso ed se molti di voi non dubitano sul risultato, altri invece lo fanno.  Ho visto crescere, alimentata dallo sconforto di dover attendere passivi in questa landa ghiacciata, in alcuni di voi il timore di un esito incerto.  Ebbene mentirei se vi dicessi che vinceremo senza fatica, senza sangue e senza perdite, ma al contempo mentirei a ciascuno di voi ed a me stesso, se dicessi che non lasceremo queste terre con onore! Noi quest’oggi scriveremo la storia e la scriveremo da vincitori! – nuove urla di incitamento scossero il campo. – Quest’oggi non sarà l’ultimo giorno che vedremo, ma di certo ieri si è conclusa un’era.  L’era della paura. L’era del dolore. Con oggi, invece, si aprirà l’era della rivincita. L’era dell’orgoglio. L’era dell’appartenenza e, permettetemi di dirlo senza false ipocrisie: l’era della vendetta! Quest’oggi tutti noi siamo figli di un nuovo mondo e come tali oggi è il primo giorno di un nuovo calendario che ci vedrà tutti, nessuno escluso, eroi! Oggi, fratelli miei, quando marceremo contro gli abomini al seguito del Re Traditore, se è vero che fino a ieri siamo stati figli di genitori diversi, ricordate bene queste parole: da oggi in poi, noi tutti saremo fratelli, partoriti dalla prima alba del nuovo corso, forgiati dalla risolutezza dei nostri intenti, temprati dall’orgoglio dei nostri avi comuni e implacabili come la fiamma della vendetta! In nome del Consiglio di Azeroth, io, Generale Jonathan Masters, ordino agli ufficiali sotto il mio comando, di dare seguito all’attacco secondo la strategia a loro nota! Nessuna pietà per il nemico! Che non resti in piedi un solo seguace di Arthas e che il Re Traditore rimpianga la sua vile azione contro di noi! Che l’attacco abbia inizio! –

* * *

Sceiren afferrò tutto quanto non era già nello zaino e lo gettò dentro, senza troppi complimenti.  Sull’altro giaciglio, Sìlver, rapida e precisa, faceva lo stesso, ma tutto in rigoroso ordine.
- Senti, dimmi una cosa: te la senti? –
La domanda era arrivata senza preavviso.  Non aveva neppure smesso le sue attività, cosa che invece il mago aveva immediatamente smesso di fare.
- Cosa vuoi dire? – chiese fissando l’indaffarata elfa.
- Voglio dire: ti ho trovato messo male. Così semplicemente mi chiedevo… - anche Sìlver sospirando si fermò e si morse il labbro.  Sceiren sapeva cosa significava quel gesto.
- Sto bene. –
- Certo, lo so, ma guardiamoci in faccia per favore: stiamo per scendere sul campo contro le armate di Arthas e solo il Creatore sa cosa ci trovederemo a dover affrontare.  Sceiren… non sarebbe sbagliato se scegliessi di… - rallentò le parole come temendone l’effetto.
- Scegliere di restare indietro?  - concluse calmo Sceiren.
Sìlver gli si avvicò annuendo.
- Ascolta: hai… abbiamo un figlio al di là del mare e, voglio dire, già sarebbe complicato spiegargli cosa e chi io sia con te al fianco, come pensi potrei da sola? E poi, se proprio dovesse cadere uno di noi, per lui, credi che preferirebbe praticamente un’estranea a te? –
Sceiren si sentiva bruciare, ma ricacciò tutto dentro di sé e prese le mani fredde dell’elfa tra le sue.
- Tutto qui? –
Sìlver si morse nuovamente il labbro e sfilò le mani da quelle del compagno. 
Un boato dietro l’altro.  L’avanzata era iniziata.
- Senti: dico solo che se non te la senti non dovresti mettere a repentaglio la tua vita solo per salvare la mia. So badare a me stessa, se è questo che ti preoccupa. – e riprese i preparativi.
Sceiren annuì e si accarezzò le sopracciglia così singolari.
- Ho smesso da tempo di preoccuparmi per te in quel senso. Al massimo… mi chiedo se potrai guardarmi le spalle una volta usciti da questa tenda.  Dovremo farlo a vicenda.  No, Sìlver, non rimarrò indietro e sai perché? Perché devo esserci.  Se non mi ritenessi in grado o se pensassi di poter rallentare la nostra avanzata stai certa che mi farei da parte, ma non è così. –
Sìlver sorrise e rispecchiò nei suoi occhi immortali quelli lucenti dell’altro elfo.
- Non farmi pentire di non averti sedato… - disse schiarendosi la gola.
- Fammi indovinare: Zaltar? – rise il mago.
- No, Lòre. –
- Avevo la metà delle possibilità. –

* * *

I due elfi lasciarono la tenda e raggiunsero il resto dei compagni già schierati di fronte a Erebus, Selune e Nadìr. Davanti ai tre, gli altri ufficiali: Roredrix, Dyanor e Ilaria, raggiunti da Sceiren, quindi tutti gli altri in tenuta da combattimento.  Alcuni soldati dell’esercito del consiglio gestivano le cavalcature e, a seguito di ordine di Whitescar, avevano iniziato a caricare gli zaini sulle cavalcature dei rispettivi padroni e mentre colonne di fumo all’orizzonte si alzarono confondendosi con le nubi, tutti i Templari Neri raggiunsero il luogo d’incontro.  Selune ne valutò presenza, numero ed equipaggiamento, quindi si voltò verso Erebus ed annuì.
L’evocatore prese aria come se dovesse tuffarsi e la cosa non sfuggì ai Templari in prima fila.  Lùce scosse il capo, mentre Bryger piazzò la sua arma con la testa verso il suolo e si appoggiò all’impugnatura concentrato.
L’evocatore lanciò un’occhiata a sua moglie la quale non comprendeva quel comportamento che, peraltro, teneva da quasi due giorni. 
- Come sapete e come sentite l’attacco finale alla fortezza di Icecrown è iniziato subito dopo l’annuncio del generale Masters.  In questo momento l’artiglieria pesante nanica e non-morta sta bersagliando le prime linee per creare una breccia.  Tra poco, la fanteria e le confraternite di punta attaccheranno le truppe di terra di Arthas, coperte dalla Spaccacielo. –  Si fermò, guardò un attimo Selune quindi si afferrò le mani dietro la schiena e iniziò ad avvicinarsi alle prime file, come meditando sulle prossime parole da dire.
- Vi starete a questo punto chiedendo che cosa stiamo facendo noi qui, quando la maggior parte delle forze alleate sta già muovendo contro Icecrown.  Una domanda lecita.  La risposta è semplice: i nostri ordini sono diversi. – 
- Quali ordini? – chiese July.
- Ordini di chi? – gli fece eco Bryger.
- I miei ordini. – I nani trasalirono, un po’ come tutti gli altri: dal sentiero alle spalle della formazione, un paladino leggendario che non aveva bisogno di presentazioni avanzava a passo di carica seguito da una gigantesca figura incappucciata che difficilmente, in tempi normali, avrebbe potuto anche solo condividere la via con un servo del Creatore come Tirion Fordrin.  Dietro di loro, una mezza dozzina di figure dall’aspetto tutt’altro che rassicurante tra cui spiccava un orco avanti con gli anni, ma non per questo meno pericoloso.  Tutti, ad eccezione del paladino, erano non-morti.
- Templari Neri, per chi non mi conoscesse ancora, sono l’alto comandante Tirion Fordrin, comandante in capo dei crociati d’argento e, per questa specifica missione, anche della vostra forza.  Comandante Erebus, Comandante Selune, rilevo la vostra unità per come ordinatomi dal generale Masters. –
- Benvenuto lord Tirion. – rispose Selune, mentre Erebus e Nadìr facevano un passo indietro.
Un brusio carico di disapprovazione serpeggiò tra le fila della confraternita.
- Silenzio! – ordinò Whitescar voltandosi.
Tirion calmò la paladina e cercò di tranquillizzare i combattenti di fronte a sé allargando le mani in un abbraccio e sorridendo.
- Prima di mettervi al corrente della missione ritengo indispensabile spendere due parole sulla mia presenza qui e su quella dei miei accompagnatori.  Non sono qui per sostituirmi ai vostri comandanti o ai vostri ufficiali, ma non sono neppure qui per pregare semplicemente per loro e per voi.  Il motivo per cui mi hanno mandato qui è direttamente collegato alla missione, come immaginerete, alcuni dei dettagli della quale sono noti soltanto a me per motivi che vi saranno ben chiari tra breve.  Durante la nostra avanzata, non mi intrometterò nelle vostre strategie e schemi di combattimento.  Se siete stati scelti è perché mi fido e ci fidiamo di voi come gruppo, non come singole schegge impazzite, quindi non temete: la mia presenza tra voi non sarà volta a inficiare o alterare i vostri equilibri tattici.  Detto questo e dopo essermi presentato, vi presento il nostro nuovo compagno di viaggio.  Colèra. –
Il cavaliere della morte raggiunse Lord Fordrin e si abbassò il cappuccio.  Dyanor ebbe un sussulto.
- Colèra ci accompagnerà ed è fondamentale che rimanga… stavo per dire vivo, ma evidentemente avrei commesso un errore in buona fede! – e scoppiò a ridere seguito da sorrisi sforzati e poco altro dalla platea di fronte. – Colèra deve restare incolume. Combatterà al nostro fianco, ma in ruoli coprimari.  Inoltre, e di voltò verso Selune, richiedo che un curatore sia fisso su di lui, non si sa mai.-
Selune annuì gravemente.
- Molto bene.  Adesso che la squadra è pronta, occorre l’obiettivo da raggiungere insieme e quell’obiettivo ha un nome: Arthas Menethil, il Re traditore.  Sì: noi saremo la luce divina che porrà fine alla minaccia del Re dei Lich su Azeroth. – sembrò che la temperatura scese improvvisamente. In diversi ebbero un brivido lungo la schiena.
- I vostri comandanti conoscono i dettagli, ma voglio illustrare rapidamente le linee guida della missione personalmente: muoveremo su Icecrown insieme scortati dai Cavalieri della Lama d’Ebano al seguito di Crok.   Raggiunta la fortezza, entreremo e una volta dentro ci divideremo.  Un gruppo punterà alla sala della Passasogni con l’obiettivo di destarla e convincerla a combattere al nostro fianco, mentre il secondo gruppo marcerà su Arthas.  Nulla di più semplice. – e sorrise. Domande?
- Come hai detto che entreremo? – disse la paffuta gnoma dapprima al centro dell’attenzione di tutti i suoi compagni, prima che l’attenzione passasse sul maestoso paladino.
- Sinceramente, amici miei, non ne ho la più pallida idea. – rispose serio Fordrin prima di dare una pacca sulla spalla di Colèra e sciogliere le righe.

* * *

Arrotolò la mappa adagiata sul ripiano e fissò il campo di battaglia: era lontano… troppo.
Shepherdneo si accarezzò il pizzo accuratamente modellato e scambiò un’occhiata con il suo ufficiale.
- Non dirmi che ti piace questa situazione ridicola! – sbottò il nano schiaffando un pugno sulle tavole disposte sul carro che usavano a mo’ di centro operativo. – E’ ridicolo ed offensivo!: laggiù si consuma la battaglia più importante di tutti i tempi e noi siamo qui a.. a fare cosa mi chiedo… - e indicò con la mano tremante di rabbia le mura della cittadella.  Il suo sguardo spaziò dai carri nanici che non avevano smesso di far fuoco neppure per un istante dall’inizio dell’attacco, ai numerosi campi di battaglia, alle fiammate di magia, alle urla che, portate dal vento, attutite arrivavano fino alla loro posizione defilata, nelle retrovie.
Il guerriero fissò il nano dai singolari occhi azzurri, quindi sorrise sicuro di sé e rispose:
- Lo sai bene, Wuulfgard: non conta il tuo ruolo nella storia, ma farne parte e, soprattutto, essere dalla… -
- …sì dalla parte giusta, lo so, Shep. – tagliò corto il nano sbuffando e dando una bella ciucciata alla fiaschetta da cui non si separava mai.  Un’ultima occhiata al fronte così vicino eppure irraggiungibile e si allontanò, prima di lasciarsi cadere seduto, dando le spalle al suo comandante.
Non appena di nuovo “solo”, se così si poteva definire, il comandante Shepherdneo fissò a sua volta con un misto di nostalgia e rabbia il campo da battaglia e, tra le quattro mura del proprio cuore, non potè non condividere il pensiero del suo ufficiale. “Visti i vostri numeri, ma consapevoli del vostro valore, abbiamo un incarico di vitale importanza. La scorta dei viveri.  Senza di voi, nessuno tornerà a casa.”.  Il Tenente Balzolungo non era famoso per il suo senso dell’umorismo, ciò nondimeno quando gli aveva notificato gli ordini, non aveva saputo trattenere un sorriso davvero orribile… orribile quanto l’essere gestiti da uno come lui, essendo appunto sotto i suoi ordini; ma Shepherdneo dei Cavalieri dell’Alba aveva sempre seguito le direttive.  Per lui, più di ogni altra cosa, contava il fine più alto, l’obiettivo finale, il movimento della macchina, anziché la singola ruota dentata.  Così, seppure a denti stretti, aveva accettato sorridendo l’incarico.  Uno dei suoi sorrisi era più di quanto quel vecchio elfo rinsecchito avrebbe mai potuto avere in altri mille anni di storia…
Nonostante i suoi incarichi ufficiali, comunque, Shep non lasciava mai nulla al caso e così, senza dare importanza alla cosa, almeno non apertamente, aveva ordinato al suo mago di tenere d’occhio il teatro della battaglia.  Era sempre meglio sapere dalle proprie fonti le informazioni più importanti rispetto al filtro più o meno voluto dei superiori e fu infatti dall’alto che arrivò quel fischio che conosceva così bene, che i suoi sapevano riconoscere tra mille, ma che, per tutti gli altri, sembrava in tutto e per tutto il richiamo di un’aquila.
Il guerriero alzò gli occhi e focalizzò la posizione del mago oltre la coltre di nubi a bassa quota, quindi, disinvolto, si allontanò dal loro supervisore e, raggiunto il luogo d’incontro, ricambiò con un fischio quasi identico.
Qualche metro più in alto, una voce profonda e familiare gli intimò di allontanarsi. Shepherdneo non attese oltre e balzò su un lato, poco prima di veder scendere, fluttuando come una foglia, un gigantesco draneo di due metri seguito da un’altrettanto gigantesca figura informe.
- Hai portato l’elementale lassù? Ma sei impazzito?! E se avesse attirato un fulmine? Ci hai pensato almeno? – disse cercando di apparire autoritario, ma non potendo nascondere di essere in realtà divertito dalla singolare situazione.
Il mago, raggiunto il terreno, lo fissò coi suoi lucenti occhi eterei, quindi facendo spallucce, sorrise al suo elementale:
- Lo sai che non vado da nessuna parte senza di lui. –
Shep rise di gusto. Non c’era verso di convincerlo.
- Allora Utanathor, di che si tratta? –
Il draeneo iniziò a scodinzolare e il guerriero comprese che, forse, la giornata stava per volgere al meglio.

* * *

- Ma cosa state facendo? Se ci vedesse l’elfallegro o la sua luogotenente? Questa volta altro che retrovie, ci manderebbero a spalare il letame delle cavalcature…-  disse Selta sistemandosi il cappuccio finemente lavorato sul capo.  Con stizza, si afferrò l’orecchio destro con indice e pollice e lo indirizzò verso l’asola che aveva cucito per permettere a quest’ultimo di allungarsi verso l’esterno senza piegarsi. Odiava quando capitava e con quei cappucci capitava sempre più spesso, soprattutto considerato le sue orecchie… più lunghe della media elfica e quindi egualmente più fastidiose.
- …o peggio! – fece eco all’elfa della luna il nano, scuotendo mestamente il capo.
- Peggio di questo nulla mi sovviene, Balu… - rabbrividì l’elfa.
- Ho sentito che i non-morti pattugliano le retrovie in cerca di cadaveri… ecco cosa intendo per peggio. – Il falchetto abbarbicato sul braccio del cacciatore si stiracchiò contrariato, evidentemente non gradendo l’immagine che il compagno aveva focalizzato nella mente e che, quindi, implicitamente, gli aveva fatto vedere a sua volta.
- D’accordo che mangeresti di tutto, ma ora non esageriamo! Io dico di andare. – Solseit si portò le mani alla bocca e soffiò per riscaldarsele.
- Assolutamente d’accordo.  Preferisco fracassare qualche cranio che congelarmi le parti basse in attesa che altri lo facciano. – fece eco alla draenea Wulfgaard incrociando gli occhi vigili di Shepherdneo .
- Come dire di no alla nostra Sol ed al nostro comandante. Anche per me va bene. – il mago sfiorò il suo elementale prima di sorridere all’altra draenea.
- Selta? O tutti o nessuno, ma devi decidere adesso.  Il tempo è un lusso che non hanno laggiù. – la voce autoritaria del comandante non lasciava spazio a tentennamenti ulteriori.
- Se vieni anche tu? – chiese timidamente l’elfa al gigantesco paladino che la fissava intensamente.
- Se vieni tu, vengo io, come sempre del resto. – e sorrise gioviale.
- Molto bene è deciso. Si va.  Prendete le vostre cose e seguitemi. –
- Non per fare il guastafeste, Shep, ma come la mettiamo con l’elfo e la draenea lì dietro? – disse cupo Balu trattenendo un’imprecazione.
- A loro ci penserò io. – rispose più cupo di lui il guerriero, afferrando lo scudo e avvicinandosi al secco elfo.
Il Tenente Balzolungo era intento a sorseggiare una bevanda verdastra preparata dalla sua collaboratrice e non apprezzò l’ombra del guerriero, quando questa lo coprì, togliendogli la poca luce che c’era.
- Mi dica, capitano. – disse senza voltarsi.  La draenea rimase in silenzio.
- Potrebbe degnarsi di guardarmi in faccia, quantomeno? –
L’elfo smise di sorseggiare l’infuso e si alzò con due occhi stretti in due fessure lucenti.
- Come prego? Le devo ricordare il suo inquadramento e il suo incarico… capitano? –
Shepherdneo sollevò un sopracciglio ed incrociò le braccia dopo aver appoggiato lo scudo sulla coscia.
- Tenente, la sua guida è stata straordinaria e ho… ho fatto tesoro di questa illuminante esperienza, tuttavia ho deciso di concludere qui la nostra, come definirla, collaborazione? –
L’elfo spalancò gli occhi.
- Evidentemente qualcosa nella parola “ordini” non ti è chiaro, capitano. Non stai collaborando, sei sotto il mio comando. –
- Chiedo allora formalmente di lasciare la posizione e dirigermi sul fronte. –
- Risposta formale: no. Il tuo incarico è proteggere questi viveri. –
- No, tenente: il nostro incarico è sconfiggere la minaccia, non oziare per ore.  Così ritengo di non andare contro gli ordini del generale se darò manforte con la mia unità alle forze sul campo. –
L’elfo fece cenno alla draenea alle sue spalle di avvicinarsi.
- Prendi appunti, Sevex.  I Cavalieri dell’Alba sono sul punto di disertare. –
- Non credo proprio: se disertassi scapperei, invece voglio combattere al fianco degli altri. Non credo proprio si configuri come disertare.  Che ne dici Sevex? –
- Effettivamente non penso che… -
- Non rispondere a questo disertore! – quasi gridò l’elfo stringendo i pugni. – Stilerò un attento rapporto su tutto questo. – disse fissando duramente il guerriero.
Shepherdneo sorrise.
- Lo spero proprio. – quindi si voltò indirizzandosi verso il resto del gruppo.
La draenea seguì con lo sguardo il guerriero allontanarsi, quindi si voltò verso il suo superiore.
- Forse ha ragione. – azzardò.
- Forse dovresti ubbidire agli ordini e far silenzio, draenea. – rispose l’elfo.
La viaggiatrice strinse i denti e sentì formicolare i tentacoli.  Da quando Naxxramas era caduto, l’ufficiale in comando l’aveva assegnata a quell’incarico a dir poco umiliante ed ora anche il razzismo verso i suoi natali da un elfo che non aveva mai sopportato. Era troppo.
Appoggiò con cura pennino e pergamena sul carro ed afferrò le sue cose.
- Non dirmi che anche tu vuoi disertare? – disse incredulo l’elfo.
La draenea sorrise scodinzolando: - Tutt’altro.  Se volessi disertare, non andrei verso il fronte! – e senza attendere una risposta, saltò in sella di un montone da guerra e lo spronò all’inseguimento del piccolo gruppo già lontano.

* * *

Tirion consacrò il terreno e bastò questo per incenerire alcuni scheletri con cui stava combattendo, quindi ringhiando decapitò con la sua spada leggendaria un Vyrkul che si stava avventando su Roredrix il quale, a sua volta, aveva avvolto in mulinelli una dozzina di non-morti, paralizzandoli.  Dopo il colpo del paladino, fu la volta della magia di Seilune e di Zaltar che congelarono le creature bloccate da Thunderfury, prima che quest’ultima impattasse sui loro corpi ghiacciati, mandandoli letteralmente in pezzi.  Dalla parte opposta, Wintate e Voa, sotto copertura delle frecce dei cacciatori, tenevano a  bada le schiere del nemico, protetti dagli scudi Clarisian e Gaius. Verso Nord, invece, i cavalieri d’ebano al seguito di Crok rappresentavano una barriera insuperabile per qualunque ostile tentassi di avvicinarsi.
- Quanto ci vuole? – chiese Sceiren a Lòre che, insieme a Colèra e Dyanor, stavano armeggiando con una porzione di mura della fortezza alla ricerca del passaggio.
- Non lo so! – rispose il mezz’elfo tornando a tastare palmo a palmo la parete.
- Mograine ha detto che dobbiamo trovare il mattone smosso prima di poter avere accesso al passaggio. – ringhiò il cavaliere della morte piantando un pugno contro il muro.
- Potremmo sempre demolirlo, se continuerai così, non vedo il problema! – gli rispose Lòre senza smettere di cercare.
I non-morti continuavano ad arrivare e seppure erano stati tenuti a bada senza troppi problemi, fino a quel momento, la sensazione che questo stesse per cambiare iniziava a essere palese.
- Non abbiamo molto tempo. – disse Selune prima di fracassare il cranio di uno scheletro armato di picca con la sua mazza incantata.
Poi il terreno prese a tremare.  Tonfi sempre più vicini e cadenzati.
Sìlvèr si chinò e valutò le vibrazioni concentrata.
- Sono due. Grandi.  Molto grandi. E si avvicinano. – disse rimettendosi in piedi ed incoccando una freccia nera.
- Sarà meglio prepararci allora. – disse Erebus.
Poco dopo la minaccia fu fin troppo palese: due giganteschi e raccapriccianti giganti di carne, scalciando via i non-morti che trovavano di fronte, puntavano proprio nella loro direzione. 
- Dolce creatore… - si lasciò sfuggire Shira alzando gli occhi il volto deforme di uno dei due. 
In groppa all’energumeno di sinistra, un vecchio dai capelli spiritati e uno strano paio di occhiali da ingegnere.
- Bene, bene, bene.  Figli miei, abbiamo del lavoro da fare! – disse, poi il secondo gigante inspirò, prima di vomitare senza preavviso sul gruppo uno spruzzo di acido verdastro.

* * *

Balu era in balia del suo montone: aveva lasciato le briglie da qualche minuti e non vedeva dove questo stesse correndo.  Si fidava tuttavia del suo istinto e degli ordini impartiti alla bestia prima di staccarsi mentalmente dal suo corpo per approdare negli occhi del suo fedele falchetto.  Non sarebbero arrivati in tempo, non del tutto. Doveva riferire al Shepherdneo .  Interrotto così il legame col compagno, tornò in sé e, recuperate le briglie, spronò il montone per raggiungere il comandante del piccolo gruppo. Doveva sapere.
Il guerriero, dal canto suo, spada nella destra, briglie nella sinistra, apriva letteralmente la fila, falciando i nemici che, sempre più numerosi, gli si paravano di fronte.  Quando il nano lo raggiunse, capì subito che qualcosa non andava.
- Balu? –
- Shep, arriviamo tardi.  I due sono già sul bersaglio. –
- E il loro capo? Quello che mi hai detto li seguiva? –
- Lui è stato trattenuto e, fino a poco fa, stava ingaggiando con alcuni soldati.  Dobbiamo puntare direttamente su di lui! – gridò, poco prima che il suo montone schiacciasse le ossa di un paio di scheletri guerrieri.
- Fa strada! – ordinò il guerrieri, indirizzando il cavallo per seguire il compagno, imitato da tutti gli altri.

* * *

Era letteralmente il caos: le pozze di acido si allargavano continuamente e i due mostruosi giganti erano difficili da tenere a bada. In tutto questo, la difficoltà maggiore, era quella di tenerli lontani da Colèra e da coloro che cercavano la chiave di volta del passaggio. 
Roredrix fece una capriola, passando sotto le gambe del gigante senza cavaliere, quindi calò Thunderfury dietro la gamba, sperando di recidere quanto più possibile e costringerlo ad abbassarsi per avere la meglio su di lui, ma non ebbe fortuna e, invece, ricevette un calcio in pieno petto che lo fece finire a terra.
Sputò e si rimise in piedi, poi un’ombra enorme coprì il campo da battaglia e un frullio continuo e fastidioso ne coprì i suoni.
I Templari Neri e non solo si voltarono ed alzarono gli occhi in aria, poi la Spaccacielo fece fuoco.
Clarisian e Chesterum protessero la prima Roredrix e gli altri compagni a lui vicino, il secondo il cavaliere della morte e le spie intente nelle ricerche con scudi protettivi.  Poi i colpi raggiunsero il bersaglio scagliandolo contro le mura della cittadella. 
- Noooo! – urlò il secondo gigante stringendo l’occhio rigonfio quasi al centro della fronte, quindi, senza alcun preavviso, afferrò il vecchio sulla schiena e messo sotto braccio, si voltò, per scappare a rotta di collo dalla direzione in cui era arrivato.

* * *

Il guerriero fissava negli occhi l’avversario e sapeva che presto lo avrebbe affrontato.  Aveva ucciso molti valorosi soldati prima di fermarsi di fronte a loro e non vedeva l’ora di vendicarli.  Al suo fianco un furente Wulfgaard non aspettava che l’ordine dell’amico per caricare a sua volta.
- Avete commesso un grave errore e mettervi sul mio passo. – ringhiò il non-morto fissando Shepherdneo con i suoi intensi occhi rilucenti.
- Lo vedremo! Sarai tu a pagare per… -
- Attenti!! – urlò Utanathor prima di toccare Solseit e teleportarsi fuori dalla carica forsennata del gigante di carne che, continuandosi a guardare alle spalle, non si era neppure accordo di puntare direttamente contro il proprio comandante.
Il comandante dei Cavalieri dell’Alba balzò sulla destra, mentre il nano, consapevole dei propri limiti in termini di salti in lungo, preferì accucciarsi. Si afferrò le ginocchia e si preparò allo schianto, ma fortunatamente per lui, il gigante semplicemente lo superò, scavalcandolo.
- Ridicolo.  Ecco cosa accade quando mandi un bambino a fare il lavoro dei grandi. – biascicò il generale non-morto, prima di saltare a sua volta contro l’energumeno ed affondando nel suo petto la sua ascia bipenne.
Il gigante di carne, letteralmente tagliato in due, cadde a terra. 
- Cosa hai fatto! – urlò il vecchio divincolandosi dal braccio ancora stretto a sé della creatura. – Il padrone non la prenderà bene e se la prenderà con te! – disse additandolo.
Il massiccio guerriero teneva sotto controllo gli assalitori ed ignorò la minaccia.
- Torna a giocare con i tuoi alambicchi e provette, professore, qui ho da fare. –
- Il tuo lessico migliora ogni giorno che passa. – lo schernì, quindi, finalmente libero, scappò via.
- Spero tu abbia imparato la parola sconfitta, perché è quella che stai per subire, mostro! – ruggì Shepherdneo .
- Per il Re dei Lich! – rispose e caricò.

* * *

Aveva appreso la notizia direttamente dal Signore della Guerra, personalmente, e in quel preciso istante aveva compreso che era stato tradito, tutti loro erano stati traditi da un’alleanza che non doveva esistere.
Aveva del resto combattuto tre guerre e le regole, per quanto cambiassero gli scenari, erano sempre le stesse: l’onore contro la codardia, la forza contro la debolezza, l’Orda contro l’Alleanza.  Non vi era modo di alterare l’ordine naturale delle cose e il Progetto altro non era che un modo per far finta di non sapere la realtà dei fatti… e quella lettera, quel rapporto, ne era la prova.
Si era congedato da Thrall con la compostezza che aveva imparato ad esibire quando non voleva che la sua rabbia prendesse il sopravvento… ma aveva solo rimandato perché quella stessa sera avrebbe trasgredito per la prima volta un ordine diretto.
Thrall gli aveva chiesto di avere pazienza e di aspettare qualche giorno perché, gli aveva detto, qualcosa non era chiaro in quanto accaduto all’Iracancello ed occorreva protezione del la loro città e la loro gente, ma se lo sentiva, non lo ascoltava.  Già meditava sul da farsi.  Così, annuendo, aveva ricacciato il dolore dietro l’acciaio della sua armatura vermiglia ed aveva lasciato Ogrimmar attraverso il portale che aveva attraversato un paio d’ore prima nella direzione opposta, per tornare al quartier generale delle operazioni che, da decenni, coordinava e conduceva sempre in prima persona.
Lì, nei suoi alloggi, aveva dato sfogo alla sua ira distruggendo ogni mobile, ogni oggetto, qualunque cosa gli capitasse a tiro e solo dopo che la sua rabbia irrazionale si era scaricata su quegli inutili oggetti, decise di dare seguito al suo piano, consapevole che non sarebbe mai più tornato.
Non gli importava.
Aveva mandato a chiamare i suoi primi  ufficiali, orchi che credevano in lui e che non lo avrebbero deluso, ed aveva illustrato loro il suo piano.  Un piano volto solamente ad un obiettivo.  Personale. Semplice.  Senza alcun mandato.
Come si aspettava nessuno aveva messo in discussione i suoi ordini.  Per loro la fedeltà e la lealtà erano sopra ogni altra cosa, persino sopra l’onore.
Non lo avrebbe dimenticato.
Quindi aveva consultato con l’ufficiale alle rotte le mappe sul Maelstrom e sui venti gemelli.  Si poteva fare. Si doveva fare.  La sua nave non avrebbe fallito. Lui non avrebbe fallito.
Nel cuore di quella notte, la Orgim Martelfato, sciolti gli ormeggi, prese l’aria ed aveva impostato una rotta per molti ritenuta una rotta suicida.  Le Northerend.
Nessuna zeppelin orchesca avrebbe potuto sfidare i venti gemelli né le correnti generate dal Maelstrom, ma la Orgim non era una zeppelin normale. Era unica. Era il fiore all’occhiello dell’aviazione di Orgrimmar.  Ciò nonostante, il viaggio non fu breve né semplice.  Aveva impiegato quasi un mese a rivedere la terra e poi un’altra settimana per raggiungere il luogo dove suo figlio aveva combattuto.  Le ricerche del suo corpo, però, non avevano dato alcun risultato e questo fu la conferma di quanto sapeva bene: suo figlio doveva essere ancora vivo! I rapporti si sbagliavano!
Consapevole del valore e del coraggio di Dranosh Saurfang, detto il giovane, suo padre Varok non ebbe dubbi sulla destinazione e puntò direttamente alla cittadella: avrebbe combattuto con Dranosh fianco a fianco, padre e figlio, nella battaglia finale.
Così, quando raggiunse il campo da battaglia proprio durante l’attacco delle forze del Consiglio, altro non vece che cercarlo e quando lo vide, non ebbe dubbi sul da farsi.
Dette l’ordine e le armi della sua nave vennero puntate.

* * *

Wulfgaard incrociò con la propria ascia quella del suo avversario. Le scintille lo inondarono, mentre la spinta del suo avversario superava la propria, obbligandolo ad arretrare.
Shepherdneo , rialzandosi dopo l’ultimo, tremendo, colpo subito, grazie alle preghiere rinfrancanti di Solseit, si preparò ad una nuova carica.  Il loro avversario combatteva con una maestria fuori dal comune.  Con un balzo raggiunse l’avversario e gridando calò la spada su di lui, proteggendosi con lo scudo.  Il nemico, strinse i denti, quindi arretrò improvvisamente, sbilanciando il nano che cadde in avanti, intercettando la carica aerea del guerriero.
- Nooo! – gridò Shepherdneo , ritraendo la spada all’ultimo istante, ma impattando con lo scudo sulla schiena del nano a terra.
- Ridicolo. – ghignò il nemico, poi una serie di esplosioni raggiunsero i Cavalieri dell’alba.
Selta urlò di dolore quando venne scaraventata a terra dal primo colpo di artiglieria, Solseit fu subito su di lei e questo la salvò perché, un attimo dopo, la sua posizione venne letteralmente centrata da due colpi di cannone in rapida successione.
- Ma che diavolo succede! Per tutti i demoni della fossa! – imprecò Balu alzando gli occhi alla gigantesca nave volante ordalica appena arrivata.
- Oh, no… - disse Utanathor, mentre come a rallentatore, vide una palla di cannone avvicinarsi sempre di più.  Avrebbe potuto teleportarsi lontano, ma il terrore gli fece dimenticare la formula. Non avrebbe fatto in tempo. Si sentiva paralizzato.  Con il sudore che gli imperlava la fronte e gli scivolava in rigagnoli lungo il bel viso immortale, il draeneo chiuse gli occhi, sicuro della propria fine, prima dell’impatto.
L’esplosione fu fragorosa e si ritrovò a terra, sbalzato all’indietro, ma il dolore non era quello che si sarebbe aspettato.  Sgranò gli occhi quando comprese il perché… il perché fosse ancora vivo.
Davanti a lui, di spalle, Ossex si era frapposto tra lui e la palla di cannone, deviandola col suo scudo.  Il paladino ansimava e il suo scudo fumava per l’esplosione.  Quindi si voltò sorridendo:
- Tutto bene? –

* * *

Shockwave sbriciolò con un preciso colpo del suo spadone il nemico congelato dalla gnoma al suo fianco, quindi la benedì, rimarginando una ferita superficiale, prima di tornare in posizione difensiva. I non-morti continuavano ad arrivare.
Lanciò un’occhiata preoccupata dietro di sé e vide che i tre continuavano a tastare il muro palmo a palmo.
Tornò alla sua posizione di copertura, pronto a reagire e rimase interdetto.  Inclinò il capo e strabuzzò gli occhi per mettere per quanto possibile a fuoco bel marasma della battaglia una figura che non poteva essere lì e, soprattutto, non poteva essere lì sulle proprie gambe.
- Santo Creatore… - si lasciò sfuggire.
- Spero ti ascolti. –
- Dico sul serio, piccola amica, un sortilegio oscuro e malvagio è all’opera o lo è stato. Quella… cosa che si sta avvicinando era Saurfang il giovane, ma ora… - e scosse il capo disgustato.  Sapeva che avrebbe dovuto affrontarlo, sentiva, percepiva l’aura di malvagità che lo circondava; poi la carica del mostro venne deviata da un gruppo di combattenti che non conosceva.

* * *

Qualcosa scattò tra le dita di Dyanor.
- Venite, presto! Qui! – disse senza togliere il dito dalla posizione in cui si trovava.
Colèra si fece largo e osservò il punto in cui il dito della spia si era fermato.
- Ho sentito scattare qualcosa, in profondità, come un meccanismo. – continuò.
- E’ possibile. – rispose il cavaliere della morte, quindi afferrò un pugnale dalla cintura e lo fece forza sul punto indicato. Il pugnale entrò, fino a quando a scattare fu un altro meccanismo.  Una sezione della parete rientrò.
Colèra fece allontanare Lòre e Dyanor, quindi dette una spallata e fece forza grugnendo.  La parete sprofondò verso l’interno, quindi scivolò sulla destra, aprendo un angusto e buio corridoio.
- Trovato. – sibilò, quindi dette il segnale e coperto dai cavalieri della lama d’ebano, il piccolo gruppo entrò nella cittadella senza essere visto.
Come da istruzioni di Mograine, Crok attese che tutti fossero dentro, attese qualche minuti, quindi entrò e, individuata la leva nascosta, la tirò, prima di uscire a sua volta.  L’ingresso si chiuse.
“Nessuno sarebbe uscito di lì, non senza la vittoria e nessuno avrebbe trovato il passaggio, non senza che lui lo volesse.”  Questi i suoi ordini, ordini riservati di cui Colèra ignorava l’esistenza.

* * *

Il capitano Jackson aveva annuito con soddisfazione quando aveva appreso la notizia e aveva subito riferito comandante della Spaccacielo dei rinforzi inaspettati appena raggiunti.
- Mi chiedevo dove fosse Vorik. – aveva commentato il comandante Barlett valutando distanza e velocità di avvicinamento.
- In effetti era singolare la sua assenza, comandante. – confermò Jackson.
- Saranno a portata a momenti, questo ci darà un notevole margine e potremo puntare alla torre senza alcun impedimento, peraltro sotto una copertura davvero formidabile. –
- Sì, comandante, veramente provvidenziale l’arrivo della Martelfato. –
- Jackson, stabilisci un contatto con la Martelfato. Voglio parlare con Vorik. –
- Sissignore.  Ufficiale alle comunicazioni! Inviare messaggio alla Martelfato! Verifichi il canale! – ordinò il capitano.
- Sissignore! – rispose lo gnomo dall’altra parte della plancia.  Quindi, sceso dallo sgabello con una lettera in mano, raggiunse una cassetta della posta incassata in uno strano marchingegno.  Infilò il messaggio e arrivò lo strumento.  Attese con le braccia conserte.  Nulla.  Aprì la cassetta e il messaggio era sparito.  Una rapida occhiata alle spie luminose della macchina. Tutto in ordine. Nessuna avaria di sorta.
Lo gnomo raggiunse i due alti ufficiali e timidamente si avvicinò al capitano Jackson.
- Signore. –
L’ufficiale lo sovrastò con tutti i suoi due metri di stazza e lo fissò duramente.
- Ufficiale. Ebbene? –
- Il messaggio è stato consegnato con successo. Pare. –
- Pare!? – era visibilmente contrariato.  Il capitano Jackson aveva molte qualità, riconosciute dal suo equipaggio, ma la pazienza non era certo tra queste.
- Sì. Il messaggio risulta recapitato, ma nessuna ricevuta di accettazione o risposta, signore. –
- Mandane un secondo. Forse la tua macchina è in panne. Ancora. – sibilò trattenendo la rabbia.
- Subito, sissignore. – e corse alla propria postazione, afferrò un secondo messaggio di prova, lo ripose nella cassetta e lanciò la procedura.  Messaggio sparito. Spie sul verde.  Nessuna avaria. Nessuna risposta o conferma.
Nuovamente si avvicinò ai due.
- Signore. –
- Allora? –
- Nulla. –
- Sei sicuro di aver operato correttamente? E’ impossibile che non l’abbiamo ricevuta! Sono praticamente accanto a noi!! –
- Comandante Barlett, rapporto dalla vedetta. – un giovane marinaio dalla pelle butterata e dagli occhi vigili aveva lasciato la propria postazione e si era a sua volta avvicinato. Tutto molto irregolare.
- Insomma! Disciplina! Che significa! – ruggì il capitano Jackson rosso in viso.
Justin Barrett si voltò verso il ragazzo.  Era preoccupato.  Aveva ascoltato senza voltarsi i problemi alle comunicazioni e valutata la velocità di avvicinamento della Martelfato, qualcosa non quadrava.
- Marinaio. – disse serio.
Il capitano Jackson fulminò il ragazzo con gli occhi, ma incrociò le braccia e rimase in silenzio.
- Signore, la Martelfato sta attaccando le forze a terra.  Signore, le nostre forze di terra. –
Il comandante Barrett annuì, quindi irrigidendosi dette l’ordine:
- Ai posti di combattimento! -
 
* * *

Il montone da guerra di Sevex, a dispetto dell’addestramento che credeva avesse avuto, ai primi segni di battaglia si imbizzarrì, disarcionandola.  Rimessa in piedi, non si curò della bestia in fuga, ma delle numerose esplosioni che si susseguivano una dopo l’altra, laddove sapeva c’era il gruppo che voleva raggiungere. Sopra di loro, una gigantesca zeppelin ordalica che non aveva mai visto. Di certo non una delle loro.
Afferrato lo zaino ed liberate le asce dalla cintura, iniziò a correre, sperando di arrivare in tempo per dare una mano.

* * *

Wuulfgard evitò i frammenti di un masso mandato in frantumi dall’ennesimo colpo di artiglieria per puro caso e la barba, peraltro, lo protesse dalle schegge comunque arrivate in seguito all’esplosione. Da un po’ si era accorto che sia lui che Shepherdneo erano soli: non ricevevano supporto dai curatori, non ricevevano supporto né dal mago né dal cacciatore.  Se la sarebbero dovuta cavare senza supporto e la cosa non gli piaceva, ancor più perché oltre all’orco non-morto, dovevano evitare i colpi sempre più precisi della nave sopra di loro.
Con una capriola riguadagnò terreno per poi spiccare un balzo contro il suo nemico.  L’orco, dal canto suo, era in una posizione completamente differente. Resosi conto di cosa stava succedendo e compreso a chi dovesse quel vantaggio inatteso, attaccava senza curarsi come all’inizio di coprirsi. Qualcun altro lo faceva per lui del resto.  Invece, sfruttava i bombardamenti a proprio favore: dopo un assalto, spesso si spostava di qualche metro, costringendo i suoi avversari a seguirlo e ad esporsi ad una nuova salva di colpi che, puntualmente, arrivava, disorientandoli, interrompendo le loro strategie. E lui ne approfittava. Sempre, fino a quando le esplosioni a cui si era abituato, invece che coprirlo centrando il suolo sulla posizione del suo nemico, lo raggiunsero come eco lontane, esplodendo in aria.  Saufang alzò gli occhi e comprese che il suo vantaggio si era infine esaurito.

* * *

La Spaccacielo si era affiancata alla Martelfato e aveva puntato arpioni e cannoni contro di questa.  Dalla sala di comando, il comandante Barrett aveva dato ordine di inviare nuovamente dei messaggi al suo pari grado dell’altra nave, ma non aveva ottenuto risposta.  Decise di dare un’ultima possibilità alla Martlefato, prima di attaccare.  E così, quando dette l’ordine, un soldato con bandiera bianca ed uno turbo zaino sulla schiena, saltò dalla sua nave approdando nell’altra, pronto a tornare indietro qualora le cose si fossero messe al peggio.
Sperava che il messaggero riuscisse a comunicare con Varok e, soprattutto, a comprenderne le intenzioni. Non accadde: pochi attimi dopo, accompagnato da una pioggia di frecce, come era saltato, così era tornato, miracolosamente incolume.
Non attese neppure il suo rapporto: era fin troppo evidente.  Dette ordine di fare fuoco con le baliste puntarpione.  Non avrebbe mai creduto di doverle usare contro un alleato.  I cannoni fecero fuoco e i giganteschi dardi d’acciaio fecero breccia nella fiancata della Martelfato.
- Prendere quota! Presto! – ordinò, ma il timoniere non aveva neppure atteso l’ordine: la manovra era ben conosciuta.
Poi una serie di esplosioni fecero tremare lo scafo e alte fiamme si alzarono dalla fiancata esposta: la Martelfato aveva ricambiato il favore, ma con colpi di artiglieria.

* * *

Shepherdneo si rimise in piedi. Il braccio sinistro sanguinava vistosamente e a stento riusciva a tenere lo scudo.  Aveva del resto assorbito fin troppi colpi dall’alto come dal basso, tuttavia fissò con un sorriso di sfida l’orco di fronte a sé e lo minacciò puntandogli la spada, salda nella destra:
- Non hai più i tuoi amici ora. –
Saurfang sorrise malvagio: - Come se ne avessi bisogno… - si passò l’ascia dalla destra alla sinistra, quindi di nuovo sulla destra e facendola roteare caricò, ma una freccia lo raggiunse sulla coscia, piantandosi in profondità.  L’orco, più per sorpresa che per dolore, perse l’equilibrio e cadde in avanti, si rialzò, ma venne centrato da due lance di ghiaccio scagliate in rapida successione da Utanathor e dal suo elementale.  Ringhiò.  Si rimise in piedi giusto in tempo per deviare goffamente un affondo di Shepherdneo , mostrando il fianco, varco nella sua difesa subito sfruttato dal nano che non aspettava altro per calare la sua ascia.  Gridò.  Si preparò per reagire quando avvertì l’ennesima minaccia. Si protesse col braccio e due asce si piantarono nella sua armatura, affondando in esse.  La draenea fissò truce il nemico, prima di strappare le due asce e prendere posizione accanto ai due guerrieri.
- Era ora che arrivassi, scherzò il nano, iniziavo a temere di essermi sbagliato sul tuo conto! – disse.
La draenea piantò un bastone che teneva nello zaino per terra e formulato uno strano incantesimo, lo osservò sorridendo assumere le sembianze di un colorato totem pulsante.  Turbini d’aria scaturivano dalla base, avvolgendo prima lei e poi i due nuovi compagni.
- Odio preparare bevande… - rispose.
Saurfang, frattanto, si accovacciò e spiccò un balzo all’indietro, guadagnando terreno. 
- Io sono Morte! – gridò.  Quindi i corpi dei soldati che aveva massacrato poco prima si gonfiarono improvvisamente, prima di esplodere letteralmente e dalle loro carcasse emersero quattro figure informe.  Quattro tentacoli, privi di ventose si allungavano da un corpo allungato e gelatinoso che si allungava in una sorta di testa serpentiforme, quasi elementale, priva di occhi.  Le quattro creature gorgogliarono avvicinandosi al loro evocatore, lasciando, dietro di loro, una scia di sangue scuro.
- Banchettate, miei servi! – ghignò.  Le creature, scivolando sul suolo, si allargarono puntando il gruppo: le prime due i tre combattenti in corpo a corpo, la altre due, le più esterne, il resto dei Cavalieri dell’Alba.
Poi l’orco aprì il palmo della mano sinistra verso la nuova arrivata, prima di stringerlo in un pugno.  A Sevex mancò l’aria nei polmoni: si sentì ardere il sangue nelle vene.  Cercò di trattenersi, ma il bruciore gli strappò un urlo dalla gola, prima di costringerla in ginocchio.
- Abominio! Prenditela con me! – gridò Shepherdneo attingendo a tutta la sua ira.
- Come vuoi. – rispose inaspettatamente Saurfang, prima di sollevare il pugno in aria, come tendesse una corda.  Il guerriero si sentì la vita stretta in un laccio invisibile, abbassò gli occhi, mentre la pressione aumentava, quindi venne strattonato in avanti, sollevato da terra e attratta verso l’orco.
Shepherdneo si protesse con lo scudo, ma quando ritoccò terra, con una manata, Saurfang glielo strappò di mano, facendolo roteare distante.  Quindi lo afferrò per il collo.
- Non ho bisogno dei miei amici, mortale. – ruggì e lo sollevò di una ventina di centimetri dal suolo.
« Ultima modifica: Dicembre 01, 2015, 05:35:08 pm da sceiren »

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Sevex

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLIV - Capitolo 35: Figli della prima alba
« Risposta #1 il: Dicembre 01, 2015, 06:07:16 pm »
Figata!

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Fabiola

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLIV - Capitolo 35: Figli della prima alba
« Risposta #2 il: Dicembre 01, 2015, 06:43:37 pm »
Bellissimo!!!!!! Che emozione, quanta gente nuova e quanta carne al fuoco!
Certo che quella Solseit è abbastanza inutile... [emoji12]


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Che bello comunicar, comunicar, comunicar!

Utanathor

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLIV - Capitolo 35: Figli della prima alba
« Risposta #3 il: Dicembre 01, 2015, 09:15:43 pm »
ok, ok, ok. Pietro devi contattare un editore il prima possibile, ne voglio un pallet!!!!!! Bellissimo, come al solito ricchissimo di passione e anima! Mi hai fatto emozionare di brutto! :'( :bow: :bow: :bow:
« Ecco là io vedo mio padre, ecco là io vedo mia madre e le mie sorelle e i miei fratelli, ecco là io vedo tutti i miei parenti defunti, dal principio alla fine. Ecco, ora chiamano me, mi invitano a prendere posto in mezzo a loro nella sala del Valhalla, dove l'impavido può vivere per sempre. »

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLIV - Capitolo 35: Figli della prima alba
« Risposta #4 il: Dicembre 01, 2015, 09:51:39 pm »
Grazie a tutti :))) la storia continua... E continua grazie a tutti noi! Infondo.., è la NOSTRA storia!


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Shockwave

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Re:Figli dell'Ultima Alba XLIV - Capitolo 35: Figli della prima alba
« Risposta #5 il: Dicembre 02, 2015, 10:29:01 am »
Bello bello bello!! Bravo Pietro!!  :RNR: