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Il Covo dei Tessitori di Ombre => Racconti Lunghi => Racconti => Le fiamme del passato - Cronache dei TN Atto I => Topic aperto da: Sceiren - Febbraio 27, 2010, 02:28:38 am

Titolo: Le Fiamme del Passato (XV) - 17: Epilogo; 18: Appendice
Inserito da: Sceiren - Febbraio 27, 2010, 02:28:38 am
17
Epilogo

"Mia cara Gàia, mi conforta sapere che in questo momento oscuro possa avere una persona tanto fidata da lasciare nelle sue mani il mio unico figlio. Purtroppo la nostra folle impresa si è rivelata per quello che era fin dall'inizio, una follia.  Non riesco neppure a scriverlo, ma non potendo evitarlo, dovrò farmi forza e essere preciso, visto che questa missiva sarà ciò che il mondo saprà di me, almeno per un po'.  Antera è morta, proprio ad un passo dalla meta.  Non ha importanza come, ma solo che ora sono solo, solo al mondo.  Mi dirai, hai un figlio che ti aspetta ed hai ragione a ricordarmelo. Talvolta, nonostante la tua giovane età, sei più saggia di me.  Che grande druida diventerai!  Purtroppo però, stando a contatto con umani, tanto da innamorarmi di una di loro, forse ho dimenticato per sempre chi sono e la saggezza che invece leggo nei tuoi pensieri, anche se a distanza e le emozioni, il cuore, sconfiggono la ragione, la mente.  Non posso tornare, amica mia, non ora almeno, il mio viaggio dovrà durare ancora per qualche tempo. Quanto? Non so dirlo.  Vorrei abbracciare Illentar prima di partire, ma guardando i suoi occhi fanciulleschi ed ingenui, non potrei trattenere la verità... non potrei in effetti avvicinarmi a lui dopo quello che ho fatto, anzi, che non ho fatto nei confronti di quella che ha sempre chiamato sua nonna e che invece era sua madre.  Mi sento responsabile, Gàia, e il vuoto terribile che sento dentro mi impedisce di tornare alla mia vita di sempre.  Dopo aver visto miseramente fallire tutti i tentativi di Ilaria e degli altri curatori per tar tornare in vita mia moglie, con lei si è spenta parte di me e credo che lasciare questo mondo potrà aiutarmi a recupare parte di ciò che ho perduto.  Per questo, proprio ora che sto scrivendo, ho davanti lo spettacolo grandioso del Portale Oscuro, portale che mi accingerò ad attraversare dopo aver fatto partire questa missiva.  La vita non è giusta, non lo è mai in effetti, tuttavia per una volta avevo creduto di riuscire a ingannarla, ad ingannare la morte, e sono rimasto bruciato dalla mia stessa arroganza, dalle mie stesse illusioni. 
Ora non trovo corretto far attendere il messaggero messomi a disposizione dal reggente di Nethergarde, così concludo.  Dai un abbraccio al piccolo Illentar da parte mia ed abbi cura di lui, ancora per un po'.
Con eterna stima e gratitudine, Sceiren - Mago."


* * *

- Non posso credere che sia finita così.  Non è stata colpa di nessuno, Selune, non potevi farci niente.  I miracoli accadono raramente e di solito mai due volte nello stesso giorno.  La morte di Antera è stata una terribile fatalità, ma nulla di più, purtroppo. -
Erebus aveva ascoltato tutta la storia da Selune ed ora tirava le somme della spedizione appena conclusa.  L'evocatore si appoggiò al corrimano del suo balcone e lasciò vagare lo sguardo sulla Grande Forgia di Ironforge ed al via vai di nani ed avventurieri lungo il sentiero dell'anello interno della capitale dell'impero dei nani di Dun Murogh.
- La parte peggiore è stata raccogliere l'oro e gli altri oggetti dalla tana di Ebonroc per poi dividerli tra i partecipanti della spedizione, mentre Sceiren piangeva la morte della moglie.  Talvolta essere capi ha un peso insostenibile.  Ti avrei voluto lì per cederti questo "onore". -
Erebus fece spallucce e voltandosi tornò a guardare l'amico.
- Come l'ha presa Ilaria, voglio dire, deve essere stata durissima per lei non riuscire là dove Mamiya ha avuto successo. Era molto affenzionata ad Antera. -
- Che devo dirti Erebus, l'ha presa come molti di noi, ma come ha ribadito più volte proprio lei dopo l'ennesimo tentativo non sempre è possibile riportare indietro dalla morte e, per esperienza, posso confermare.  Se le ferite sono particolarmente gravi e, soprattutto, se la forza vitale del soggetto non è sufficiente, non c'è preghiera che possa compiere il miracolo... e poi, come hai detto tu, purtroppo avevamo già avuto il nostro miracolo. -
- Sembra quasi che ti dispiaccia. - lo punzecchiò Erebus sorridendo.
- Andiamo... nessuno merita di morire, non volevo dare l'impressione che mi dispiacesse.  Dico solo che avrei preferito che non si facesse colpire, forse, chissà, Antera avrebbe avuto una possibilità in più in questo modo. -
- Anche Mamiya ha tentato mi hai detto ed non ha avuto fortuna.  Selune, semplicemente così doveva andare. Non c'è altro da ricercare nei fatti che mi hai descritto. -
- Può darsi. - tagliò corto senza troppa convinzione il paladino.
- E' incredibile, comunque. -
- Cosa? - chiese interessato Erebus all'amico.
- E' incredibile come in così tanti siano accorsi alla richiesta d'aiuto di Sceiren.  Sai cosa credo?, penso che la tela che tu e Nadìr avete tessuto nell'ombra tempo fa ancora regge, nonostante il tempo e gli eventi che hanno portato al suo scoglimento. -
Erebus sorrise e si passò la mano lungo la mascella.
- Cosa stai cercando di dirmi esattamente, Selune? -
- Non so, è solo che pensavo: se per una richiesta d'aiuto ci siamo mobilitati in così tanti, magari, per qualcosa di ancora più ardito, forse potremmo riavvicinarci di nuovo. -
Erebus si stiracchiò e si avvicinò all'amico.
- Pensi che saremmo ancora in grado di gestire un progetto tanto ambizioso? -
- Sei stato tu a parlarmi di una certa idea, dei “Templari”, o sbaglio? -
- Sì, certo, ma non immaginavo mi stessi ascoltando quella sera.  Parevi più ubriaco che altro. -
- Ti ascoltavo invece. -
- Tutto iniziato con la morte e con la sconfitta del drago d'ebano... nero come l'ebano. Templari Neri. -
- Potrebbe essere un'idea. -
- Lasciamo passare un po' di tempo, ma non troppo, poi raggiungi i partecipanti e vediamo se ne esce qualcosa di buono. -
- La rinascita dalla morte, chissà... - e afferrato un calice di vino che Tillisha aveva adagiato sul tavolino del salotto, lo alzò verso il soffitto:
- Ai nostri amici andati e mai dimenticati... ed ai Templari Neri. -
- E sia. - fece eco l'amico, prima di tornare a fissare la Grande Forgia.

* * *

- Abbiamo fallito. -
- Lo sò, mia signora, mi sento responsabile.-
L'elfa dalla pelle azzurra si sollevò il cappuccio color miele sul capo ed estrasse la sua spada. La lama brillò di una luce abbagliante e dorata come il sole stesso. 
- Sono pronta a pagare per il mio errore con la mia stessa vita, mia signora. -
- Non essere stolta, mia cara Indormi, è proprio adesso che mi servi di più.  Se è vero che hai fallito una missione, non significa che la guerra sia persa prima ancora di cominciare a combatterla. -
Soridormi fissò la donna con penetranti occhi d'oro, senza pupilla, e sorrise.
- Le "Scaglie" avranno bisogno di ogni suo membro per poter fronteggiare la minaccia che ormai sicuramente si affaccerà sul nostro mondo, pertanto se vuoi rimediare, preparati al meglio. La guerra incombe. -
- Sì, mia signora. - disse la spia, abbassando gli occhi a terra.  Fissare un drago negli occhi, anche se in forma umana, non era mai la cosa migliore da fare, soprattutto dopo un errore.  Così, sempre fissando il terreno, Indormi si allontanò facendo ritorno ai suoi alloggi.  La "Signora" aveva ragione: la guerra era alle porte e non era pronta per partire, qualora fosse stata mandata in missione.  Così, chiusa la porta alle sua spalle, afferrò lo zaino con stizza e lo vuotò a terra.  Doveva prepararsi al più presto.

* * *

Il frinire di cicale, il cinguettio di mille uccelli, il fruscio delle fronde.  Un alto di vento carico di spore profumate raggiunse il viso dell'elfa adagiata sul manto erboso di un prato rigoglioso.  L'elfa aprì di colpo gli occhi e si mise seduta con un balzo. Il cuore le tamburellava nel petto e nelle tempie e i profumi e i suoi e i luoghi le parevano nuovi, tutto era nuovo. 
Si mise in piedi, ma si accorse che non riusciva a mantenere l'equilibrio così ricadde a sedere.  Il prato era in realtà una piccola radura tra due giganteschi alberi, tanto alti da perdersi nelle ombre.  L'elfa si rimise in piedi per la seconda volta e alzò lo sguardo verso il cielo... che non trovò.  Era come oscurato da una gigantesca cappella di un fungo, un fungo enorme, gigante, alto oltre una diecina di metri.  L'elfa fece un primo passo incerto, poi un secondo ed un terzo più sicuro prima di correre verso il gambo di quel singolare albero.  Raggiunta la sua meta si obbligò a calmarsi: il respiro le mancava e sentiva bruciare l'aria nei polmoni.  Chiuse gli occhi per un attimo e poi tornò a sbirciare dal gambo in direzione della radura dove si era svegliata.  Non ricordava nulla: come fosse arrivata lì, dove fosse il lì, e quale fosse il suo nome.  Un rumore alle sue spalle le mozzò il respiro. Si acquattò e a quattro zampe ragginse un cespuglio poco distante, nascondendocisi dietro.  Il fruscio proveniva poco distante, proprio davanti a sè.  Trattenne il respiro e rimase in attesa, ma non accadde nulla.  Un gioco della sua immaginazione, forse, ma non poteva esserne sicura.  Con un balzo scavalcò il cespuglio e si diresse verso un altro enorme gambo di fungo gigante che vedeva ad una trentina di metri dalla sua posizione.  Lo raggiunse correndo come se avesse i demoni alle spalle.  Raggiunto il gambo si accucciò di nuovo e si guardò indietro. Nulla.  Neppure un animale. Era sola.
Spalle al fungo, l'elfa riprese a respirare più lentamente.  Abbassò chi occhi mentre la mente le poneva mille domande.  Una pozzanghera d'acqua restituì il suo viso riflesso e per la prima volta, da quando aveva perso la memoria, si vide.  Un viso fine, delicato, dai tratti affilati, tipici degli elfi.  Non aveva ferite evidenti, nè orecchini.  Alcune linee ondulate erano tatuate ai lati del bel naso descrivendo una sorta di fiore, o almeno questo ci vide lei.  La sua pelle argentata pareva riflettere la luce della luna che faceva capolino tra le cappelle distanti di un paio di funghi giganti di quella insolita foresta.
L'elfa baciò con gli occhi la luna poi ritornò a fissare la sua immagine riflessa e la sua pelle argentata.
- Silvèerenel - che in elfico significava color della luna.  - Silvèr - fino a quando non avrebbe trovato il suo vero io, si sarebbe chiamata così, infondo, il nome altro non è che ciò che ti identifica e al momento, tutto quello che aveva era il suo corpo, la sua pelle... e un anello all'anulare sinistro, un bell'anello dalla pietra verde come il più profondo bosco che potesse immaginare.  Era tutto quello che aveva, per ora.
Silvèr immerse le mani nell'acqua, appropriandosi della sua nuova identità e bevve, poi avvertì un rumore alla sua sinistra. Non le piaceva quel posto. Doveva andare.  Come un daino, saltò un cespuglio, poi un secondo, e veloce come un fulmine, si perse nel bosco di funghi di Zangarmash, alla ricerca del suo vero io.


18
Appendice


L'imponente figura si fece strada fra le rigogliose fronte del sottobosco.  Il profumo dei fiori appena sbocciati gli ricordavano i boschi di Theldrassil, ricordi lontani, nel tempo e nello spazio.  In silenzio, senza mai spezzare alcuna fronda o filo d'erba,  raggiunse il centro del boschetto e un lago di acqua cristallina.  Con le mani dietro la schiena, l'elegante elfo lasciò il bosco e si fermò su una piatta roccia di granito che troneggiava sul piccolo lago e voltò ad esso le spalle.  Ogni tanto divagare era utile per non dimenticare le proprie radici.
La superficie del lago si increspò impercettibilmente, poi un vortice di luce sotto il pelo d'acqua cominciò a vorticare sempre più rapidamente fino a formare una sorta di tunnel verso il profondo, perdendosi nell'oscurità.
- Sei in ritardo. - disse l'elfo senza voltarsi.
In silenzio, fuoriuscendo dal portale aperto nel laghetto, una figura ben più imponente e minacciosa uscì lentamente.  Decine di serpenti animati di vita propria ondeggiavano dalla sua testa.  Il corpo umano era caratterizzato da due paia di braccia che termianavano con mani palmate. Il corpo, dalla vita in giù, si sfilava come quello di un serpente.
- Comincio a pensare che frequentando le femmine umane tu ne stia risentendo, acquisendo alcune delle loro più comuni caratteristiche, tipiche della loro specie. Mi sbaglio, Milady?-
- Non essssshhere ridicolo.  E poi shhhenti chi parla.  Non sei forse tu che ti sei ssssporcato le mani in prima persona? Kael? -
L'elfo dagli sfarzosi abiti color del rubino, si voltò verso la creatura fissandola con i suoi profondi occhi verdi.
- Non trovi ssssingolare che un Dio scenda sulla terra per sbrigare le faccende dei mortali? Bastavano un paio di tuoi ufficiali per quella missssione, non era necessario che scendessi tu. -
- Milady, che senso ha l'immortalità se non puoi divertirti di tanto in tanto. Lascia che ti dica una cosa: talvolta continui a commettere l'errore di fidarti troppo dei tuoi sottoposti, per non parlare poi di quando affidi missioni importanti a servi di altre specie.  Credimi, Milady, quel drago poco cresciuto di Razergore e quello stupido senza cervello del Signore della Nidiata non erano che divertimento.  Non potevo certo rendere le cose troppo difficili, non trovi? Cosa sarebbe accaduto se, ad esempio, le cavie fossero arrivate sfiancate da Ebonroc? Cosa se Ebonroc fosse sopravvissuto? Ci hai mai pensato per un istante? -
- Kael, è ovvio che non metto in dubbio l'efficacia della tua azione.  Ressssto sorpresa che tu abbia voluto scendere direttamente.  Senza contare, mio caro, che posssssho essere d'accordo con te sulla assoluta assenza di difficoltà contro quei due, ma cossssha pensi sarebbe successso se Nefarian avesssse percepito la tua presenza?  Con lui anche tu avresti potuto avere problemi. Lo sai quesssto?-
L'elfo scosse il capo rassegnato.
- Milady, la tua rete di informatori non vale più come una volta da quando non ti fidi più dei tuoi soli figli, ma deleghi altri.  Io, dal canto mio, mi fido solo dei miei fratelli, del resto, i risultati si vedono. -
- Cossssa vorresti dire? - e strisciando si avvicinò al suo interlocutore.
- Nel sangue risiede la lealtà, Milady, il tuo stesso sangue non ti tradirà mai, non verrà mai meno ai propri compiti e, qualora ti tradisse, non potrebbe mai celare la verità ai tuoi occhi.  Per questo non ho traditori tra le mie fila, ma solo validi servitori.  -
- Piantala con la morale! Non potevo mandare i miei figli nei Regni dell'Est! Vieni al punto, Kael! -
- I miei informatori mi hanno riferito che Nefarian non è a Blackwing Lair da un po'... curioso, neppure i suoi lo sanno. -
- Sì, curioso.  Tuttavia non mi interessa al momento dove sia andato... devo riconossscertelo, Kael, avevo dei dubbi sul tuo piano, ma ora non possssho che ammetterne la genialità. -
- Ti ringrazio Milady, ma ho solo seguito la profezia.  Del resto basta leggere. - Kael'thas infilò una mano in una delle numerose pieghe del suo abito riccamente ricamato ed estrasse un tomo.  Sulle due copertine la testa di un demone i cui canini affilati si serravano formando una macabra serratura.
- Nelle "Cronache dei Segreti Oscuri" quello che dovevamo fare era chiaro. Recita infatti "Quando infine il tempo diverrà senza fine, l’infinito nel tempo troverà la sua fine". -
- Ho ssempre odiato gli indovinelli. -
- Lo so, Milady, ma è semplice, se pensi dove ho trovato questo testo e se consideri che questo rappresenta l'ultimo elemento del rituale di evocazione.  Il tempo, mia cara, la chiave è il tempo. - e sorrise alla Naga poco distante - E' un paradosso apparentemente irrisolvibile, ma ogni regola ha la sua eccezione.  La mia, la nostra interpretazione è stata geniale: la vita di un umano, di un mortale, riposta nel corpo praticamente immortale di un elfo, ma così facendo abbiamo relegato l'anima immortale di un elfo nello spirito di un mortale, rinchiudendo l'infinitamente lungo in una vita ben più breve. Il tempo, quello di un mortale, è così senza fine nel corpo praticamente immortale di un elfo, ma, allo stesso modo, l’essenza immortale dell’elfo è stata compromessa con quella mortale dell’uomo… l’infinito nel tempo troverà la sua fine.-
- Ho sssssempre ammirato la tua intelligenza, Kael. -
- Ed io il tuo pragmatismo, Milady.  Non sarebbe stato facile, per me, trovare il modo di convincere un elfo a rinunciare al proprio legame spontaneamente, ma evidentemente parte della loro logica risiede ancora dentro di te. -
- Non si cancellano le proprie radici, Kael e tu, meglio di chiunque altr,o dovresti saperlo.-
- Vendetta!, geniale e scommetto che hai anche motivato i tuoi figli ad attaccare l'accampamento della nostra cavia senza troppi problemi. Immagino sia stato più difficile convincerli a lasciare un superstite che mandarli a combattere, o mi sbaglio?-
- I miei figli mi obbediscono ciecamente, Kael, almeno quanto i tuoi fratelli di sangue. -
- E comunque, anche la fortuna ci ha sorriso: non abbiamo neppure dovuto attendere che uscisse dalle montagne di Blackrock per ucciderla, ci ha pensato Ebonroc... lo dicevo io: nulla è più utile di un cagnolino ammaestrato bene. -
- Può darsi.  Certo, Kael, se il tuo "cagnolino" l'avesse uccisa prima che l'anello fosse stato infilato...-
- Ma non è successo. -
- Grazie a me! Non negare, ma le mie collaboratrici umane che tanto disssshprezzi hanno permesso che quesssto piano riuscchisse. Se la mia femmina non avesse convinto la maga sul potere della gemma, ora sssstaresti ancora pensando a come fare. -
- Vero. A proposito, il ricettacolo si è svegliato? -
- I miei figli l'hanno seguita per un po'.  E' a Zangarmashhhh, nel mio territorio, in quesssto modo la potrò tenere d'occhio mentre tu completerai il rituale. -
- Tutto è andato secondo i nostri piani. L'apertura del portale temporale avverrà come previsto. -
- Molto bene Kael.- il portale nel lago si riattivò e il vortice sotto il pelo d'acqua riprese a vorticare.
- Ci rivedremo per l'apertura del varco. -
- Come desideri, Milady, attenderò con ansia. - e dopo un inchino del capo, si voltò e si incamminò di nuovo nel bosco mentre Lady Vashj scomparve nel portale.
Il bosco lussureggiante si fece più fitto fino ad una sorta di barriera bluastra che Kael’Thas attraversò senza rallentare il suo passo.
Un fulmine allungò l'ombra dell'elfo del sangue verso l'enorme sfera di energia che proteggeva una delle ultime oasi rimaste in tutto Netherstorm. Il cielo scuro e burrascoso era scosso da una pioggia incessante di fulmini.  Le nubi violacee si accavallavano una sull'altra continuamente, coprendo la luce delle stelle. 
Kael’Thas contemplò per qualche istante la brulla distesa inospitale davanti a sè, poi puntò il dito nel vuoto ed un portale si aprì davanti a lui. 
Doveva recarsi all'"Occhio", il suo castello sospeso.  Non poteva più perdere tempo.  Doveva completare il rituale per aprire la Caverna del Tempo come da programma prima che il ricettacolo potesse essere compromesso.
Mai sfidare troppo la fortuna.
Titolo: Re: Le Fiamme del Passato (XV) - 17: Epilogo; 18: Appendice
Inserito da: Kimmolauz - Marzo 03, 2010, 05:07:39 pm
OH....silver... :bonk: