Autore Topic: Figli dell'Ultima Alba XXVI - Capitolo 18: Pieghe inattese  (Letto 946 volte)

Sceiren

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Figli dell'Ultima Alba XXVI - Capitolo 18: Pieghe inattese
« il: Marzo 12, 2013, 04:58:28 pm »
18
Pieghe inattese


Erebus e Selune erano rimasti soli nella tenda fatta allestire per gli ufficiali da Whitescar.  In silenzio contemplavano liste, ruoli, mappe, strategie.  Mancavano meno di quindici giorni all’arrivo a Dracombra e, quindi, all’attacco alla fortezza di Naxxramas, un attacco che non lasciava spazio ad errori, considerate le forze in campo.
Dalla resistenza arrivavano dispacci continui che però il comando centrale delle forze Alleate non divulgava, non nella loro interezza e, tuttavia, quello che Erebus respirava nelle periodiche riunioni con i generali e i reggenti di confraternite e corpi in marcia, era un pacato ottimismo, evidentemente basato proprio su informazioni provenienti dal fronte.
- Considerato che le truppe di elite seguiranno Borked, United, Inquisitor e Oni al seguito dei sovrani, è presumibile pensare che saremo tra coloro che faranno la differenza… odio simili pressioni quando sono chiamato a condurre un attacco su un territorio che disconosco. – Selune incrociò le braccia e fissò per l’ennesima volta la mappa del terreno di scontro fornita loro dal generale Masters.
- Ce la caveremo grazie alla tua guida, come in passato.  Dobbiamo vedere questo attacco come un occasione. –
- O un esame che non ammette recuperi. –
Erebus prese un calice di vino e lo piazzò proprio al centro della mappa che osservava l’amico.
- Ma cosa stai facendo! – disse Selune indicando il calice.
- Basta per oggi. –
- Erebus mi stai prendendo in giro? Non abbiamo ancora risolto il problema dei rifornimenti, né pianificato la ritirata qualora le cose dovessero precipitare! –
L’evocatore annuì grevemente, quindi a sua volta indicò il calice di vino.
- E’ notte fonda, siamo stanchi e domani ci aspetta un’altra giornata di marcia.  LA temperatura sta scendendo e presto rimpiangeremo l’aria pungente ma simile a quella di casa nostra di queste parti, quindi manda giù quel vino, metti via queste carte e ricominciamo domani. -
Il paladino si portò le mani sui fianchi e accennò un sorriso.
- Ecco! Un po’ di ottimismo! Ora va bene! – disse il comandante dei Templari Neri battendo un paio di volte le mani.
- Ora manda giù e una bella passeggiata! Alle mappe ci penso io, ti raggiungo tra qualche minuto. –
Selune fece come suggerito dall’amico, quindi senza aggiungere altro lasciò la tenda.
Erebus afferrò un paio di mappe e le ripose al loro posto, quindi, mentre iniziava a raccogliere una larga mappa di Forte Guardinverno si sentì chiamare da fuori la tenda.
- Comandante! – Erebus riconobbe la voce dell’apprendista di Araton.  Era parecchio che non lo vedeva, anche se ricordava di aver letto il suo nome tra i componenti della squadra che aveva lasciato la Torre di Karazhan al suo seguito.
- Vieni avanti Azazhiel. –
Il giovane evocatore sollevò un drappo della tenda e raggiunto il suo comandante si mise sull’attenti.  Erebus trovò buffo lo gnomo, ma non disse niente.
- Cosa posso fare per te? – disse riprendendo ad arrotolare la mappa.
- Comandante, porto un messaggio da un fratello evocatore che richiede di interloquire direttamente con te. –
Erebus fissò lo gnomo con un pizzico di curiosità, frenata dalla stanchezza.
- Fratello evocatore? -
- Sì, uno gnomo che sostiene di conoscerti e visto che conosce le ombre come noi, non ho potuto non portarlo qui. –
Il comandante appoggiò la mappa sul tavolo, quindi si lasciò sedere su uno sgabello ed appoggiatosi coi gomiti accanto alla mappa arrotolata continuò:
- Quindi non mi stai chiedendo di parlarci perché lo hai già portato qui senza chiedere nulla ai tuoi superiori.  O sbaglio? -
Lo gnomo sostenne lo sguardo dell’evocatore, anche se dal basso verso l’alto, con un che di minaccioso.
- Possiamo dire così. -
Erebus voleva raggiungere Selune fuori dalla tenda, voleva fare due passi prima, un bel riposo dopo, così valutò se portare avanti ancora la discussione col cocciuto gnomo o risolvere la questione in un secondo momento ed ascoltare l’altro gnomo che attendeva fuori dalla tenda.
- E va bene, va bene, fallo entrare… poi avverti Araton che voglio parlarci… domani mattina. -
- Sarà fatto. – e con un inchino uscì.
Una manina avvolta in un paio di guanti violacei spostò il drappo della tenda che copriva l’ingresso, quindi uno gnomo dalla pelle scura entrò titubante.   
- Lo gnomo nero? – si lasciò sfuggire Erebus sorpreso.
- Io. –
- Tu, insomma, cosa ci fai qui? Non dovresti essere dalla parte opposta con gli Inquisitor? –
Lo gnomo sospirò guardandosi le scarpe.
- Una lunga storia… se però hai un po’ di tempo di racconto come ho salutato Grimbald. -
- Vale la pena? – chiese beffardo Erebus indicando uno sgabello alla sua destra.
Lo gnomo annuì mestamente e saltato sullo sgabello indicato, iniziò il suo racconto.

* * *

Il sole ancora non aveva bucato la coltre di nubi infuocate dell’alba quella mattina.  Era il momento migliore per prendere il mare e puntare ad una pesca virtuosa.  Un debole vento accarezzava il suo viso e increspava appena la superficie piatta del canale.  Arnold Renald, impettito sul porticciolo di legno, annusò l’aria come solo un lupo di mare faceva e ne valutò gli aromi: profumo di erba e fiori, proveniente dal boschetto fuori la capitale.  Il vento spirava come doveva e lo avrebbe accompagnato a largo senza fatica.  Si voltò verso l’orizzonte e si mise la mano sulla fronte per ripararsi dalla poca luce che filtrava in un paio di raggi dal cielo: non viera spuma lontano, ma l’acqua era scura, fredda, molto fredda.   Avrebbe dovuto fare attenzione, ma se non altro sapeva che da li a mezzdì il vento avrebbe cambiato direzione così se lo avrebbe aiutato a raggiungere la secca in mare aperto, al contempo da lì a qualche ora lo avrebbe riaccompagnato a riva.   Era un maestro nella pesca e nessuno meglio di lui a Stormwind sapeva leggere il mare, il vento, il cielo e tutti i segnali che facevano la differenza tra una pesca mediocre, una grande pesca ed una barca completamente vuota.
Si sedette sulla tavola al centro della sua leggera barchetta di legno e liberata la cima, accompagnato dalla piacevole brezza di sud-est, lasciò il canale. 
Mano a mano che la città si allontanava davanti alle sue spalle, il primo massiccio delle montagne settentrionali di Elwynn si stagliava imponente alla sua destra.  Era uno scoglio pericoloso per la navigazione e pertanto era fuori dalle rotte che dal porto della capitale portavano praticamente ovunque e, di recente, anche nelle fredde terre del Nord.   
Uno stormo di gabbiani volteggiava poco distante dallo scoglio garrendo e volteggiando.  Il pescatore tirò sul col naso e strizzò gli occhi per mettere bene a fuoco lo stormo di uccelli: nessuno si tuffava.
- Pesca magra a quanto pare! – e rise di gusto sistemandosi il cappello di paglia a tesa larga sul capo per ripararsi dal sole.
Continuò a remare quando l’attenzione fu catturata alla sua destra: qualcosa aveva urtato la barca.   Piantò i remi in acqua, quindi si sbilanciò sul fianco e dette un’occhiata.   La luce del sole, spezzettata in una miriade di frammenti luminescenti, circondava il piccolo scafo.  Il pescatore si passò una mano sul mento affilato e si rimise al suo posto e riprese a remare. 
Lo scoglio ora era molto vicino e spiccava nella sua maestosa bellezza con i colori che amava contemplare alle prime luce dell’alba: il verde delle alghe, il bianco del granito, il rosso delle venature che lo percorrevano e il mobile guizzo dei gabbiani che normalmente lo infestavano prima di librarsi in aria… Arnold era così abituato a quello spettacolo che per un attimo non fece caso all’assenza dei volatili, tutti in aria e nessuno posato.
Piazzò di nuovo i remi in acqua e rimase in silenzio a fissare l’inusuale spettacolo di fronte a sé, per poi abbassare gli occhi ad un paio di aste di legno che pigramente galleggiavano, si allontanavano di qualche metro per poi riurtare il massiccio cavalcando le onde.
Fu in quel momento, quando Arnold si rese conto che non si trattava di qualche tavola portata al vento, quando tra le alghe e la vegetazione individuò un brandello di vela e quella che doveva essere una scialuppa che il pescatore più famoso di Stormwind vide l’eccidio: decine, centinaia di pesci giacevano sulla superficie e riflettevano la luce del sole confondendosi con le increspature normali delle onde.
Rimase con la bocca spalancata per la sorpresa e per l’orrore.
Con le mani tremanti afferrò i remi e rimase immobile: non sapeva come comportarsi.  Avrebbe dovuto riferire alla guarnigione cittadina di quanto aveva visto, ma in effetti aveva bisogno di ulteriori dettagli.  Così trattenne il respiro quando decise di procedere nella direzione originale ed improvvisarsi investigatore.
Lo scoglio si avvicinava ad ogni remata così come la portata del fenomeno si rivelava più chiaramente ad ogni metro che percorreva.  Arnold era abile coi numeri ed era in grado di valutar e il numero dei pesci intrappolati in una rete dal peso, dal movimento, da come la luce veniva riflessa, da piccoli elementi, eppure, la distesa morta che aveva di fronte, non aveva eguali nella sua esperienza.  Sembravano infiniti.
Superato il capo dove di solito ormeggiava per la terza volta dovette piantare i remi e fermarsi: i resti di un vascello evidentemente da guerra erano disseminati sulla praticamente tutto intorno allo scoglio e, più in là, anche sulla riva.   Arnonld Renald strizzò gli occhi e individuò il brillio tipico del ferro poco lontano, sulla riva orientale.  Evidentemente la corrente aveva trascinato via parte dello scafo.   Si mise in piedi sulla tavola che usava per sedersi, tra i due remi, per avere una visione d’insieme più ampia: l’albero maestro era semi-abissato e quella che doveva essere l’insegna giaceva distesa sulla superficie del mare, in cima ad esso.   Una bandiera nera, ma non riusciva a individuarne l’effige.
Più in là cime e scale di corda, alcune ingarbugliate, altre ancora in buono stato.  Barili galleggiavano qua e là circondati da una sostanza verde che galleggiava sull’acqua.   
Il cuore del pescatore perse un colpo: disteso in modo del tutto innaturale sulla schiena evidentemente spezzata dall’impatto, vide uno dei marinai che avevano condotto il vascello alla sua rovina.
I suoi occhi corsero ai barili, ai pesci morti disseminati ovunque, all’orribile e terribile scoperta appena fatta e realizzò.
Fece un passo indietro, gemendo, la barca ondeggiò per il cambio di peso e nonostante fosse un marinaio esperto inciampò e cadde. 
Gridò per lo spavento: ci contorse come non aveva mai fatto, senza grazia o logica per evitare di cadere in acqua, afferrando tutto quello che era a portata.  Le sue amate canne, lo zaino con acqua e cibo, reti tutto gli passò davanti mentre, avendo messo il piede in fallo, cadeva all’indietro.  Urtò rovinosamente con la spalla, urlò di dolore, ma fortunatamente rimase a bordo.   Con occhi spiritati fissò la poltiglia verde che mossa dal via vai delle onde lo stava per raggiungere e una puzza di morte mista a qualsiasi altra sostanza tossica disciolta nell’acqua gli punse le narici. 
Trattenne il fiato, afferrò i remi, e come un pazzo iniziò a girare la barca in direzione di Stormwind.
Il Re doveva sapere, tutti dovevano sapere che la città era sotto attacco.

* * *

I suoi passi pesanti echeggiavano per il corridoio mentre l’imponente figura avanzava più correndo che camminando.  I denti digrignati, la presa stretta alla sacca che portava con sè.  Dietro di lui, a un paio di passi, guardingo e pronto a tutto, un Bolvar bianco in viso, irriconoscibile, teso, evidentemente preparato al peggio.
Varian raggiunse la porta che avrebbe voluto abbattere e si arrestò di fronte ad essa ansimando non per la fatica quanto per la rabbia sempre meno contenuta.
Si passò il sacco dalla destra alla sinistra e stretto il pugno colpì ripetutamente la porta facendo scricchiolare le assi che la componevano.
- Thrall! – gridò.
Altri passi, dalla parte opposta, quindi Saurfang il giovane spalancò aprì di scatto la sala alla presenza furente del re di Stormwind.   Varian, non appena vide l’orco, non perse tempo e fece per entrare: lo avrebbe travolto se non si fosse spostato.  Bolvar, comprese le intenzioni del sovrano e consapevole delle conseguenze di un gesto del genere, più agile di quanto credesse, scivolò di fianco da dietro Varian frapponendosi tra lui e Saurfang.  Quindi, nel medesimo movimento, piazzò la mano ben distesa sul petto dell’orco e fissandolo negli occhi lo allontanò.   Saurfang avrebbe probabilmente mozzato la mano a chiunque avesse soltanto provato a toccarlo in quel modo, quasi sfidandolo, soprattutto se umano, ma conosceva piuttosto bene Bolvar e volle dargli una possibilità, così fece un passo indietro, accompagnando la spinta del guerriero e lasciò entrare Varian Wrynn.
- Finalmente scopriamo le carte! – gridò il re degli uomini troneggiando su un Thrall ancora seduto e stranamente immobile, avvolto in semplici vesti prive delle consuete protezioni e pezzi di armatura.  I suoi occhi verdi però erano vivi e letali e fissavano il suo interlocutore da quando era entrato.
- Carte? –
- Smettila di prendermi in giro! – ruggì il leone dei Wrynn.
Thrall lentamente, sempre fissando il suo storico avversario, si alzò e ribadì.
- Gli orchi non giocano. -
Varian stava per rispondere quindi si umettò le labbra, dirò come una fiera impazzita per la stanza e si passò la mano libera tra i capelli liberandoli, quindi si voltò tornando a fissare Thrall ed annuì ad un pensiero che gli doveva essere sovvenuto.
Senza preavviso allentò la presa facendo scivolare il sacco quindi serrata la presa ne liberò il contenuto scaraventandolo sul tavolo.  Brocche andarono in frantumi, vino si riversò sul pavimento, ed un braccio scheletrico rotolò sul tavolo.
Varian indicò il tavolo:
- Avrei dovuto immaginare che era tutto un vostro piano! Le truppe, la marcia, la traversata, persino il Progetto è stato parte del vostro… gioco!, poi avvicinandosi pericolosamente all’orco, Sai dove i miei hanno trovato questo ricordino, orco?: a meno di un giorno dalla mia città! Su una nave battente bandiere non-morte!  Come legge, il signore della guerra, un simile ritrovamento? Come un incidente di percorso, magari una nave che avrebbe dovuto raggiungerci e che si è persa oppure di una forza tenuta nascosta alle forze dell’Alleanza e che ora muove contro una Stormwind priva di re ed esercito ed in mano ad un ragazzino? -
L’orco sostenne lo sguardo aggressivo del sovrano dei Wrynn, quindi fissò l’arto con attenzione.
- Siamo venuto in queste lande dimenticate dal Creatore de dagli uomini al vostro fianco perché ho voluto credere che per una volta il bene comune avrebbe pesato più della sete di sangue e potere che da sempre vi contraddistingue ed il risultato è che mi trovo una flotta di quella puttana alle porte di Stormwind senza la forza per poterla respingere.  E’ evidente, caro… Alleato, che non posso lasciare migliaia di uomini alla mercé tua e dei tuoi compagni, ciò nondimeno non resterò impotente mentre la mia città cadrà. Affonderò le ventuno navi che ci stanno per attaccare una ad una e una volta ridotto in cenere le forze della non-morta saremo solo tu ed io per chiudere questa faccenda. – e senza aspettare una risposta lasciò la stanza, seguito da un pallido Bolvar e, seppur solo con gli occhi, da un incredulo Saurfang.

* * *

Il portale si increspò a malapena quando Varian Wrynn, seguito dal messaggero che aveva consegnato i resti del non morto, lo attraversò per ricomparire nella sua Capitale.   Bolvar, a braccia incrociate, aveva seguito il suo sovrano con lo sguardo ed ora era consapevole che sarebbe toccato a lui condurre a compimento il progetto.  Sapeva che i suoi alleati avrebbero guardato a lui, mentre Varian era impegnato nella guerra nel Vecchio Mondo… e come in passato, ancora una volta, si sentiva terribilmente inadeguato e schiacciato dal peso delle responsabilità. 
Non appena il portale tornò la superficie opaca immobile che era stato poco prima l’ingresso del sovrano, Bolvar fece cenno all’arcimago Alvareux col capo e il mago chiuse il portale.
- Ed ora? – chiese timidamente.
- Ed ora non cambia proprio niente.  Partiremo per l’Iracancello come da programma. Continua i preparativi per il rituale.  Il Progetto resta più importante di me, di te o dello stesso re di Stormwind. Per questo sono ancora qui. –
L’arcimago annuì e si allontanò verso i suoi alloggiamenti.
- Magari fosse così facile… ed ora, mi chiedo… che si fa? – sussurrò tra i baffi il guerriero.  Stava per voltarsi quando un pensiero lo colse e lo congelò sul posto obbligandolo a riflettere sulla piega che gli eventi avevano preso.  Era stato troppo preso dai rapporti, dall’organizzazione e dalla frenetica vita di campo di tutti i giorni, e poi dalla pianificazione della marcia e dagli incontri e da ogni altra maledettissima incombenza per realizzare che il vero motivo per cui si trovava nelle Northerend era stato quello di allontanare il Re dalla battaglia… ed ora il Re era a combattere altrove, centinaia di miglia da dove non lo voleva.  Bolvar sorrise, sempre più marcatamente, quindi scoppiò in una fragorosa risata, una fragorosa, incontrollata risata e se da un lato la domanda dell’arcimago continuava ad echeggiargli nella testa, dall’altro l’aver allontanato la sua visione lo rincuorava profondamente.

* * *

- Sarai tu, valoroso Saurfang, colui che condurrà alla vittoria i nostri fratelli.  Guarderanno tutti a te, una volta che avrò superato quel portale.  Sarai tu, e nessun altro, a parlare per mio conto ed a rappresentare Thrall e tutti gli orchi d’ora in poi.  Tu condurrai le truppe al Cancello e tu ti assicurerai che il mago faccia quanto dovrà.
- Lo farò, Signore della Guerra, però ti chiedo di ripensarci.  Tu sei il nostro capo e sarai sempre avanti a me! –
Thrall si avvolse nel mantello e voltate le spalle al fedele Saufang fissò il portale che lo avrebbe trasportato ad Orgimmar.
- Qui c’è bisogno di un condottiero, è vero, ma dall’altra parte di quel portale c’è bisogno di me.  Qualcosa si muove a casa, Saufang, ed è qualcosa che non comprendo.  -
- Ti comunicherò la nostra vittoria e festeggerai tra la nostra gente! Sotto le nostre stelle! –
- Attenderò con ansia tue notizie. Forza e Onore!! – gridò.
- Forza e Onore! Per te, per Ogrimar e per gli orchi di ogni clan io vincerò!
E mentre Saurfang ripeteva il suo giuramento, il signore della guerra scomparve nel portale.

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren

Shockwave

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Re:Figli dell'Ultima Alba XXVI - Capitolo 18: Pieghe inattese
« Risposta #1 il: Marzo 12, 2013, 05:04:51 pm »
Yay!!  O0