Autore Topic: Le fiamme del passato (II) - 2: ordine e caos  (Letto 1717 volte)

Sceiren

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Le fiamme del passato (II) - 2: ordine e caos
« il: Settembre 11, 2009, 06:41:42 pm »
2
Ordine e caos


Lo zaino è qualcosa di estremamente legato alla persona che lo indossa. Uno zaino rappresenta in piccolo quello che una persona è, sa fare, può diventare, la strada che ha percorso e quella che percorrerà.  Parte delle battaglie che ha affrontato, le ferite subite, i giorni passati nella polvere, i giorni passati nella gloria.
Lo zaino di Antera, nonostante gli anni, era sempre lo stesso, certo, rattoppato qua e là, ricucito su un lato e magicamente riparato laddove nessun sarto, per quanto bravo, avrebbe potuto essere d'aiuto.  Ma come la maga, era lì, inossidabile, inattaccabile dal tempo, sempre pronto ad una nuova sfida, alla prossima battaglia.
Antera aveva disposto sul letto tutto il necessario per il suo viaggio che, a dispetto di quanto sussurrato dagli altri membri della compagnia, amici di una vita come conoscenti di questi ultimi, non sarebbe stato l'ultimo, certo che no! Antera aveva percorso quasi una intera vita... e ne avrebbe avuta un'altra davanti. Non per lei o, per non essere ipocriti, non certo solo per lei, ma soprattutto per Illentar, il suo Illentar, il figlio che da sempre la chiamava nonna, e per Sceiren, l'elfo che avrebbe pianto sulla sua lapide per altri cento anni, se non avesse fatto qualcosa.
E qualcosa da fare c'era.
Afferrò con stizza una camicia e la scagliò sul letto mentre il cuore le accelerava nel petto per l'agitazione di iniziare un cammino che avrebbe potuto portarla alla fine, prematuramente alla fine, ma che, tra l'altro, avrebbe potuto essere fatale anche per gli altri membri della spedizione, amici di una vita, suoi, di Sceiren, avventurieri fuori dal giro da anni e che per lei avevano ripreso le armi, ripreso a studiare incantesimi, a chiedere favori agli Dei. Insomma, da lì a poco non solo una maga alla fine del suo tempo e suo marito avrebbero affrontato le insidie di Blackwing Lair, ma anche la vecchia come la nuova generazione di avventurieri che, legati da vincoli di onore diretti, i primi, o ereditati dai propri padri e dalle proprie madri, i secondi, avrebbe rischiato la vita.
Sceiren entrò nella stanza in silenzio, cosa che di rado gli riusciva visto che a dispetto della sua specie, era piuttosto goffo, e osservò tutta la scena.
- Non vengono certo solo per te, Antera, nè tantomeno solo per me. Certo, non renderei loro giustizia se dicessi che scenderanno con noi nella tana dei draghi solo per il bottino, insomma, in effetti forse qualcuno la pensa così,ma..., il mago fissò la moglie che aveva smesso di preparare i bagagli per fissarlo, Ok, ho perso il filo. -
- So perfettamente chi verrà con noi, Scè, e tra questi c'è gente che non combatte sul serio da anni e che viene solo per me e per te. Poi che c'entra, ci sono alcuni che non vedono l'ora di aggiungere qualche testa alla loro collezione come altri che vengono solo per l'oro. Ma mi preoccupo per tutti, Sceiren, perchè qualunque sia la loro motivazione siamo noi a organizzare la cosa e siamo noi, in un modo o nell'altro, i responsabili. -
Il mago si grattò la testa ed annuì.
- Non darti cruccio per le decisioni altrui. Noi possiamo anche essere responsabili dell'idea, nata dal problema che ci affligge, ma siamo burattini delle esistenze dei nostri amici o dei figli di essi. La vita procede per vie semplici, Antera, non complicare ciò che è semplice. Se crei una diga di fronte ad un fiume sei responsabile dell'acqua che si accumulerà dietro di essa, ma non potrai impedire alla stessa di defluire se si aprirà una falla. A parte questo il viaggio che ci aspetta necessita di persone libere da vincoli di timore e il temere per la vita altrui, il rimproverarsi di qualcosa porta a non muoversi liberamente, a non predere decisioni. E tu devi essere pronta e reattiva per arrivare da Lui. E' questo che vuoi, vero? -
- E' questo che voglio - sussurrò la donna senza troppa convinzione, fissando il suo bastone del mago adagiato come un bastone qualsiasi alla parete.
Sceiren baciò la sua amata e la lasciò con i suoi bagagli e i suoi pensieri. Doveva prepararsi anche lui.

Si inginocchiò lentamente di fronte all'altare.  I suoi fluenti abiti bianchi, bordati d'oro, si adattarono immediatamente alle curve sinuose del suo corpo che, nonostante l'età, ancora mantenevano inalterate le fattezze travolgenti.  La sua treccia non aveva perso nulla della sua consistenza, del suo colore, ed ora, di riflesso alle tremolanti fiammelle delle candele, rifletteva il biondo oro che l'avevano caratterizzata da giovane.  Al collo, il suo medaglione sacro, il simbolo del suo Dio, il Creatore che aveva messo ciascuno dei viventi al suo posto che guidava la sua mano per impedire che la Morte strappasse da questo mondo i suoi compagni. Ora come allora Ilaria sapeva che avrebbe dovuto avere una fede incrollabile per riportare indietro i suoi amici di sempre, il suo gruppo, i suoi fratelli tutti. 
La sacerdotessa iniziò a intonare una nenia di apertura, il rito che precedeva ogni notte prima della partenza le sue preghiere.  Aveva preparato le sue cose la mattina e il pomeriggio aveva riposato.  Sapeva che la notte sarebbe stata dedicata a Lui, non le apparteneva.  Così aspettando le primi luci dell'alba, Ilaria pregò il Creatore che il viaggio che stava per intraprendere si concludesse secondo il suo volere, possibilmente, nella direzione da lei desiderata.

Si specchiò e come sempre rimase ammaliata.  Un sorriso beffardo si disegnò sul suo volto, mutevole espressione di amore e follia a secondo se le fiamme delle torce piazzate in ogni dove nella sua cella restituissero luce o ombra, mosse dal vento che dalla sola finestra entrava sibilando, nonostante i battenti fossero sbarrati.
La pelle color del latte della donna erano l'immagine stessa della bellezza e della corruzione, per molti versi, e i suoi occhi gialli avevano destato il terrore in più di un avversario. Era unica. In tutto Azeroth, forse neppure a Kalimdor vi erano ragazze come lei.  Gli anni non avevano scalfito la sua determinazione nè la sua bellezza, tutto era inalterato, congelato in quel soprannome che ormai la connotava agli occhi del mondo intero: Albina.
Un'ultima occhiata allo specchio ricavato da una miriade di schegge di vetro per dedicarsi ai preparativi. Aveva bisogno di sapere che i suoi fedeli "amici" non si erano dimenticati della loro padrona. Così, lasciata la cella attraversò un lungo corridoio fino a imbattersi in una massiccia porta di legno e ferro marchiato da innumerevoli simboli arcani, alcuni tratteggiati col sangue e scuritisi col tempo.
La figura afferrò una chiave risultante dalla lavorazione folle di una spina dorsale di una creatura di qualche tipo ed entrò.  Immediatamente le torce all'interno della sala si accesero mostrando agli occhi quasi trasparenti della padrona una sala circolare con al centro una runa iscritta in un cerchio.  Poco distante una sorta di rozzo tavolaccio con sopra un laboratorio di alchimia con alambicchi, provette, recipienti di ogni tipo pieni di strane sostanze senza nome.
Albina si sistemò con grazia implacabile al centro della runa e senza indugio iniziò a salmodiare una serie di nenie per poi esplodere con un nome impronunciabile per qualsiasi mortale.
Una fiammata esplose poco lontano dal cerchio e mentre il demonietto ringhiando e ghignando contrariato per l'evocazione cominciò a saltellare ed a riempire la sala dell'acre puzza di zolfo, la demonologa sorrise sicura che i preparativi per il viaggio erano ancora lungi dall'essere completati: la sua famigliola ancora non era completamente su questo mondo.

Roredrix fece un balzo e con un grido degno di un leone si scagliò contro Waycraper il quale, accortosi del balzo del guerriero di fronte a lui riuscì ad evitare il colpo che tuttavia fu tale da creare un piccolo cratere nel terreno. Roredrix digrignò i denti, afferrò con maggiore forza la sua spada lunga e attingendo alla rabbia che provava in quel momento, azzerò la distanza dal suo avversario. Wayscraper tuttavia fu pronto ad intercettare il colpo e pose lo scudo tra lui e il guerriero. Una pioggia di scintille investì i duellanti.
- Questa volta non riuscirai a farlo! - gridò Wayscraper all'avversario che incurante delle parole dell'altro si allontanò, fece una finta per poi ruotare e menare un fendente che Way evitò per un soffio.  La sua veste si tranciò e un rivolo di sangue cominciò a bagnargli il fianco.
- Sei impazzito!? - gridò con quanto fiato aveva in gola, ma Roredrix pareva non avere udito, nè pietà.  Urlò ancora e ancora fu addosso al suo avversario ma non commise ancora l'errore di essere bloccato dal suo scudo: all'ultimo momento scartò a destra, Way provò ad intercettarlo e a quel punto gridando come una furia si lasciò cadere in ginocchio e dal basso verso l'alto lo centrò col con un pugno allo stomaco facendolo letteralmente volare da terra e cadere un metro più in là.  Lo scudo rotolò poco distante così come poco distante finì la spada che Wayscraper aveva fino a quel momento impugnato.  Roredrix ansimando si avvicinò con due falcate al suo avversario e gli puntò la spada alla gola:
- Sei mio, ora. -
Wayscraper scosse il capo e sputò sangue e polvere a terra. Non si aspettava che Roredrix fosse così in forma dopo tutti quegli anni come non si aspettava che l'avrebbe attaccato quando gli aveva detto che Lùce aveva deciso di venire con loro.
- Rore, ascolta... -
- Sta zitto! Non puoi dirmi proprio nulla! Non devi dire nulla dopo ciò che hai appena soltanto pensato! Ma come puoi venire qui, dopo tutti questi anni, e pretendere che ti stia anche ad appoggiare! -
- Vuoi uccidermi, Rore? -
Roredrix ci pensò un attimo, poi scosse il capo e scagliò la spada per terra così come lo scudo, poi fece un passo indietro. Infine scuotendo il capo con rassegnazione mista a rabbia porse la mano al vecchio amico e lo aiutò ad alzarsi.
- Come l'hai saputo? - chiese a Way.
- Ho ricevuto un messaggio da parte di Bryger.  Dice che Lùce si sta preparando da settimane e che vuole tornare con noi. Rore stava per balzare alla gola dell'amico. Poi qualcosa lo trattenne.
- Rore, ascoltami, io capisco come ti senti in questo momento, ma nessuno potrà fermarla e tu lo sai bene. E' cocciuta, è testarda, e non desisterà. Se la blocchi da qualche parte ce la ritroveremo nella Searing Gorge comunque, in un modo o nell'altro.-
Rore voltò le spalle al vecchio compagno d'armi e fissò il cielo coperto dalle nubi. Tutto intorno la neve copriva ogni cosa e i pini punteggiavano la valle che si apriva ai piedi di Ironforge.
Nelle profondità della terra. Erano diretti lì, in quella che era stata per molti una lapide per altri una maledizione... per lei... quasi la morte. Lùce era cambiata per sempre dopo il loro ingresso anni prima. 
Rore aveva lottato contro di lei, contro la lei di adesso, contro se stesso per portarla indietro, ma una volta che si cade nel pozzo ciò che ne esce non può che essere l'io di prima inzuppato delle esperienze patite, come uno splendido abito intriso di fango che mai più potrà essere lavato.
- Cosa ne pensa Nadìr, ci hai parlato? -
- No, ho parlato solo con Bryger. Mi ha assicurato che nonostante... insomma, nonostante quello che è adesso, non c'è nulla da temere. Lùce è Lùce, al di là delle preghiere che possa fare.-
- STRONZATE! Non si cambia solo con le preghiere di Bryger o di Ilaria e tu lo sai! Ammesso che queste settimane non abbiano turbato di nuovo Lùce così tanto da farla tornare nel baratro, mettere di nuovo piede là non potrà che ridestare in lei quei ricordi, Way! E tu lo sai! E scommetto che WHitescar la pensa esattamente come me! -
Wayscraper espirò rumorosamente poi si umettò la lingua.
- Ho bisogno di bere. -
- Anche io. Convenne Roredrix. E lasciando a terra le armi, fece dietro front verso la gigantesca Capitale dei Nani, direttamente scavata nelle montagne di Dun Murog.

Il profumo dell'erba dopo un temporale era inebriante.  A passi corti e rapidi una figura praticamente invisibile nel profondo della foresta schizzava lungo un sentiero che solo lui riusciva a seguire, senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio.  L'elfo si fermò di scatto, nascosto dietro una betulla.  Il petto si alzava e si abbassava ritmicamente mentre al ritmo del suo respiro nuvolette di condensa nascevano, si spandevano e morivano in quella fredda mattina nella Valle della Cenere.  La creatura dei boschi si inginocchiò guardinga: non era proprio come casa sua quel posto, doveva stare in guardia. Estrasse un piccolo coltellino e con delicatezza cominciò a scavare.  I loti purpurei erano estremamente rari in quella stagione.  Ne avrebbe ricavato un discreto gruzzoletto.  Scostò con cura le lunghe foglie violacee della pianta, si assicurò di aver reciso bene il fusto, lasciando le punte delle radici nel terreno. Si guardò intorno con attenzione mentre riponeva nella borsa appesa alla cintura e appositamente cucita da un suo vecchio amico il loto.  Memorizzò la posizione e mentalmente fece due calcoli per quando il loto sarebbe rinato.  Infine inspirò e col petto gonfio del profumo del bosco che tanto amava riprese la sua corsa verso il villaggio di Astranaar: Shaday non voleva certo che il loto arrivasse compromesso. Il suo valore ne sarebbe stato ridotto e dopo ore di ricerca l'idea di guadagnare la metà era inconcepibile.  Così, con un balzo afferrò un ramo, si issò e sfruttando la spinta si lanciò dal ramo verso il sottobosco, si concentrò e mentre il cuore accelerava il proprio ritmo oltre qualsiasi elfica capacità, il suo corpo ebbe un impercettibile sussulto e in una nube azzurra imperniata della magia della natura, prese le sembianze di una maestosa pantera che, ruggendo, scomparve verso la sua prossima meta.

L'arco si flesse in una mezzaluna letale. La freccia era incoccata.  Zigho era pronto a freddare la sentinella in cima alla torre.  Quell'orco non avrebbe visto il sorgere della nuova luna.  Lore, frattanto, coperto dalle ombre, lentamente stava entrando in posizione. Come sempre, pensava il mezz'elfo, a lui i compiti più scomodi!  Prese posizione dietro un angolo, poco lontano dalla massiccia porta rinforzata che avrebbe dovuto scassinare.  Se non fosse stato per Zaltar non si sarebbe fatto di certo coinvolgere in quella ridicola caccia al trofeo. 
- Ma quando iniziano i giochi? -
- Con calma. - rispose Selune all'impaziente Zaltar le cui mani già brillavano di glaciali riflessi azzurrini.
E mentre da dietro un albero July scuotendo il capo iniziava ad intonare una nenia protettiva per l'altro paladino, Selune, consapevole che Zaltar, come al suo solito, non avrebbe di certo atteso il segnale di Lore per attaccare, caricò inneggiando agli dei della luce e, con la furia della fede, dette il via alla battaglia.


« Ultima modifica: Settembre 08, 2010, 09:25:33 am da sceiren »

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren