Autore Topic: Figli dell'Ultima Alba XLVI - Capitolo 37: L'ira del Re dei Lich  (Letto 964 volte)

Sceiren

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Figli dell'Ultima Alba XLVI - Capitolo 37: L'ira del Re dei Lich
« il: Dicembre 15, 2015, 01:39:48 pm »
Il Capitolo, come per i due già pubblicati in passato, si apre con un prologo scritto dal Davide "Shockwave/Smelly" e conclude il percorso di Arthas che lo ha condotto da principe di Lordaeron a sovrano dei morti.
Se non temete di essere travolti dalla sua Ira, vi auguro buona lettura in uno degli ultimi capitoli delle Cronache dei Templari Neri :D


37
L’Ira del Re dei Lich

La capitale dei Nani non aveva ricevuto una notizia così tragica da moltissimi anni a questa parte. Tutte le attività si svolgevano a rilento e senza il consueto spirito ed euforia. I volti di tutti erano cupi e tristi da ormai un mese. Tanto tempo era passato dall’arrivo di una missiva, con sigillo reale della casata di Menethil, spedita dal Principe Arthas direttamente al Re Magni.
Il messaggio riportava una triste notizia: durante la ricerca dell’arma che avrebbe consentito di porre fine alla minaccia dei non-morti una volta per tutte, il fratello mediano del Re Magni, Muradin, era rimasto vittima di un’imboscata di ghoul, scheletri ed altre creature del regno dei morti.
Magni e Brann, il più giovane dei tre fratelli, passarono i primi giorni senza rivolgere parola a nessuno, totalmente immersi nel dolore. Non appena la notizia si sparse, messaggi di cordoglio arrivarono dalle capitali di Lordaeron e Darnassus. I membri della Lega degli Esploratori che Muradin assieme ad altri aveva fondato, accesero i loro fuochi rituali per segnalare la grave perdita.
In tutta la capitale l’atmosfera era grave ed il passare del tempo non sembrava alleviare minimamente lo spirito degli abitanti.
Il compito del messaggero che, a passo deciso, si avvicinava alla sala del Re, non risultava quindi semplice. Le due guardie poste all’ingresso lo fissavano sin da quando era passato a fianco dell’incudine al centro della Grande Forgia. Al suo avvicinarsi, i due soldati si strinsero fra loro impedendo l’accesso alla sala.
- Fermo: a nessuno è permesso entrare. -
- Il nano mostrò una pergamena che teneva arrotolata nella mano sinistra – Devo passare. Ho un messaggio importante per il Re. –
- A nessuno è concesso l’ingresso fino a nuovo ordine. Non possiamo lasciarti passare, spiacente – la guardia aveva una foltissima barba scura che quasi mascherava completamente il movimento delle labbra.
- Capisco i vostri ordini e, credetemi, non insisterei tanto in una situazione normale, ma davvero devo portare questo messaggio al Re. La notizia non è classificata, è giunta tramite i normali canali d’informazione. Il principe Arthas Menethil sta facendo ritorno a Lordaeron. Forse potrebbe avere con se il corpo di Muradin. Il Re deve sapere! –
Al nome del fratello del Re, le guardie quasi indietreggiarono, come se il fantasma di Muradin fosse apparso alle spalle del messaggero e, dopo un rapido scambio di sguardi, lasciarono libero il passaggio – Scusaci messaggero, non potevamo sapere la gravità del tuo compito! –
Il nano oltrepassò i due nani di picchetto fino ad arrivare al cospetto del sovrano. La sala era oltremodo spoglia, non c'erano i soliti consiglieri del clan, le torce erano spente per la maggior parte e Re Magni sedeva sul suo trono. Imbracciava uno dei due martelli da guerra, mentre il secondo era a terra.
Il nano osservo la scena interdetto: mai le armi del Re erano lasciate in quello stato.
- Che il tuo spirito sia forte come la roccia di Khaz Modan - disse il messaggero inginocchiandosi e ripetendo il saluto rituale del Clan Barba di Bronzo.
Re Magni non rispose, come se non fosse stato cosciente della presenza del messaggero. Il nano inginocchiato non aveva il coraggio di alzare lo sguardo prima di aver ricevuto una risposta, quindi attese, sentendo copiose goccie di sudore scorrere sulle tempie.
Il signore di Ironforge infine parlò, con tono mesto e lentamente, rispose al saluto:
 - Ed altrettanto immutabile il tuo –
Il nano alzò allora lo sguardo verso il sovrano. La sua posizione non era cambiata.
- Mi...mio sire, abbiamo appena ricevuto un messaggio dai regni di Lordaeron. Sembra che il Principe Arthas abbia fatto ritorno e sia diretto verso la Capitale. –
 A quelle parole il Re dei nani si mosse e guardò il messaggero con maggiore interesse.
- Arthas? Dov'è?!? –
-  Il messaggio dice che due giorni fa si trovava nella provincia di Brill. –
- Dice altro il messaggio? Forse notizie di Muradin? Forse Arthas ha riportato il suo corpo?! - Magni era ora in piedi, entrambe le armi erano riverse a terra, si trovava ad un passo dal messaggero e tendeva la mano destra.
Il nano, tremante, porse la pergamena - Dice solo che il Principe sta viaggiando con altre due persone. Nessun altro. –
Il Re lesse velocemente lo scritto di fronte ai suoi occhi. Una volta terminato, lasciando cadere le braccia sui fianchi, ripetè ad alta voce - Nessun altro. –
Nessuno della legione partita con Arthas. Nessuno della Lega degli Esploratori.
Doveva andare e sentire di persona il racconto dalla voce del Principe.
- Due giorni fa a Brill – riflettè ad alta voce il Re - ora sarà a ridosso di Lordaeron. Non arriverò mai in tempo per potergli parlare prima che arrivi e sia sommerso dalla popolazione. - Magni cominciò a camminare in circolo di fronte la messaggero ancora in ginocchio.
- Devo comunque muovermi, raggiungere Lordaeron ed il Re Terenas...come ti chiami? - chiese infine al messaggero.
- Io...Glooim, mio Sire. –
- Glooim, alzati, devi svolgere un compito per me. –
Il messaggero si alzò in piedi osservando il Re in volto. Il torpore pareva essere stato spazzato via ed il raggiante e valoroso Magni era tornato.
- Corri al Quartiere della Guerra ed avverti la mia guardia personale affinchè si prepari alla partenza per Lordaeron domani all'alba. –
- Si, mio Sire - disse chinando il capo ed allontanandosi indietreggiando. Un attimo prima che il messaggerò voltasse a lui le spalle il Re lo chiamò di nuovo.
- Glooim? –
- Si, mio Sire? –
- Grazie. Dalla notizia di Muradin, a parte Brann, sei la prima persona con cui io abbia parlato -Glooim era spaesato - Mio... dovere, Signore. - e riprese il cammino verso il Quartiere della Guerra.
Tornando verso il trono, Magni raccolse i martelli da guerra, soffiò via un leggero strato di polvere e li ripose nelle rastrelliere forgiate appositamente ai lati della regale scranna.
- E' ora di accendere nuovamente le torce qui dentro! - disse ad alta voce prima di chiamare a sé le guardie.

* * *

La notizia aveva viaggiato veloce, come il vento del Nord: Arthas ed i suoi due capitani Falric e Marwyn stavano tornando da soli verso Lordaeron. Nessuna cavalcatura, nessun esercito. Solo loro, in cammino sulla strada che portava dalla provincia di Brill fino alla capitale.
La guardia cittadina era stata movimentata, soldati semplici ed alti ufficiali pronti in uniforme da parata. Correvano voci fra il popolo che il principe Arthas avesse intrapreso quella campagna andando contro il volere del Re, ma nessun editto ufficiale era mai stato varato. La voce era rimasta tale fino quasi a passare al pettegolezzo. Comunque poco importava, il ritorno del Principe sanciva la sconfitta delle creature non morte e la giusta vendetta per quanto avevano causato alla cittadina di Stratholme.
Gregoridas stava sistemando gli ultimi dettagli di mantello ed armatura quando una voce alle sue spalle lo raggiunse.
-  Uther non farà in tempo, vero? –
- No, disse il paladino sistemando la catenella d'argento che reggeva il mantello, le utlime notizie lo davano a Forte Nethergarde una settimana fa, dubito che abbia terminato il suo incarico. Tornerà qui a cose fatte. Ed io dovrò accogliere i nuovi arrivi nella sala del trono. Sai dove sono ora i nostri "eroi"? - proseguì sarcastico Gregoridas
- Non con esattezza, a meno di un'ora da qui comunque. - rispose il discepolo – Posso fare una domanda… poco consona? –
Gregordas lo guardò divertito.
- Ma certo. –
- Prima, quando vi siete rivolto a loro… come mai lo avete fatto con quel... tono? –
Gregoridas riflettè se fosse il caso di rispondere o meno, quindi si concentrò, quasi volesse afferrare un ricordo lontano.
- Rammento il giorno in cui Uther fece ritorno da Stratholme assieme a Lady Jaina e ricordo le parole rivolte verso il Principe, prima che tutto fosse messo a tacere, prima dell'incontro con il Re.–
- Ma non sono solo dicerie? – lo incalzò il discepolo sbigottito, aiutando il paladino ad imbracciare lo scudo a torre.
- Uther non ne ha mai parlato chiaramente, forse per giuramento fatto al Re, ma da quanto ho potuto carpire, le azioni intraprese dal principe Arthas sono molto discutibili. Anche se…, disse recuperando il martello da guerra, a quanto sembra gli hanno dato ragione alla fine. Preghiamo affinchè la Luce possa tornare a regnare su tutta Lordaeron. –
- Certamente signore. - rispose il discepolo chinando il capo.
- Ora andiamo, disse Gregoridas, accompagnami fino alla sala del trono. Voglio presentarmi in anticipo. –

I tre marciavano in formazione con andatura costante. Arthas in testa, Falric e Marwyn un passo dietro di lui. Nonostante la giornata fosse accompagnata da un forte sole che regalava una piacevole temperatura primaverile, i tre indossavano pesanti mantelli e cappucci, guanti e tutti quanto necessario per resitere alle fredde lande del nord.
Già dall'esterno delle mura della capitale era possibile sentire le campane, gli applausi e le grida di festa provenire dall'interno. Il rumore del ponte levatoio che veniva abbassato per consentire loro l'ingresso quasi risultava sovrastato dal clamore degli abitanti. Il principe ed i due capitani attesero che il ponte fosse del tutto disceso, prima di riprendere la loro marcia.
Le mura interne della città e i bastioni erano gremiti di persone che gridavano urla di gioia, applaudivano e lanciavano petali di rosa ai loro salvatori. Arthas pareva non curarsi di tutto ciò: procedeva nel suo cammino. Soltanto prima dell'ingresso alla sala del trono, fermò la propria avanzata. Prontamente Falric e Marwyn fecero altrettanto, come se avessero intuito le intenzioni del loro comandante. Arthas si guardò attorno: centinaia di petali di rosa lo sfioravano; alzando il braccio sinistro, aprì il palmo della mano fino a quando uno di questi non si posò. Sfregandolo tra pollice ed indice pareva volerne assaporare la sensazione tattile, ma il pesante guanto che indossava non lo consentiva. Con un gesto di disinteresse, Arthas strinse in pugno il petalo prima di gettarlo a terra. Quindi volse il suo sguardo verso l'alto delle mura, guardando le persone che erano accalcate. Il boato di applausi si fece ancora più intenso ed il principe approfittò di quel momento per riprendere la marcia.
All'interno della sala del trono suo padre, Re Terenas II, sedeva sl suo posto, mentre le guardie i consiglieri e Gregoridas erano in piedi lungo la circonferenza della sala stessa. Il paladino si rivolse al consigliere per l'economia - Credo stiano per arrivare –
- Già - concordò l'anziano uomo giusto un istante prima che le pesanti porte venissero spalancate.
- Arthas ed i due capitani procedevano a passo deciso verso il centro della sala, dove il rosone centrale presentava i simboli di Lordaeron e dei casati che in essa avevano regnato negli anni.
Gregoridas osservava la scena ed uno strano sentore lo attanagliava. Arthas ed i due capitani avevano qualcosa nel loro comportamento che risultava estraneo. Il paladino li aveva incontrati molte volte negli anni precedenti ed aveva servito con i due capitani in alcune missioni. Probabilmente portavano con loro il residuo dell'oscuro mantello dell'ultima campagna nel nord.
Al centro del rosone, Arthas si inginocchiò con Frostmourne davanti a sé. La lama e le rune in essa incise sprigionavano energia. I due capitani, restarono in piedi, dietro al Principe in posizione di copertura.
Re Terenas si alzò in piedi molto lentamente, sotto il peso degli anni che, dal giorno in cui Uther e Jaina gli avevano riportato gli eventi successi a Stratholme, avevano preso a galoppare, anticipandogli la vecchiaia.
Con una voce stanca, ma allo stesso tempo evidentemente felice e sollevata, Terenas si rivolse ad Arthas.
-  Ah, figlio mio... - il Re si avvicinò di un passo al figlio - Le notizie che mi sono giunte di quanto successo a Stratholme hanno davvero... -
Le parole del Re non furono ascoltate da figlio, però. Al contrario la sua attenzione era rivolta alla voce che dentro la sua mente gli sussurrava:
 - Torni dopo una gloriosa campagna e non ha altre parole che sul passato. Non hai più bisogno di sacrificarti per la tua gente. Non hai più bisogno di sopportare il peso della corona. Ho pensato io a tutto. Ora... completa il tuo destino! -
In quel preciso istante Gregoridas percepì un brivido lungo la schiena e fu in grado di percepire chiaramente la malvagità che sprigionavano Arthas, i due capitani e, soprattutto, la spada.
- Quindi, figlio mio, racconta, cosa è successo a Northrend? -
Il silenzio scese nella sala ma Gregoridas sentiva crescere il male in Arthas, era quasi palpabile ora.
Il Principe si alzò in piedi e, con la mano sinistra si tolse il cappuccio che gli aveva coperto il volto fino ad allora. I suoi capelli non erano più del colore biondo che Gregoridas e tutti gli altri ricordavano, di un bianco quasi cinereo. Come anche il suo volto. La sola permanenza per poco più di due mesi nelle lande del nord non poteva averlo cambiato così tanto. Doveva essere successo qualcosa di diverso, di più profondo.
- Arthas... cosa c'è che non va? - proseguì Terenas avvicinandosi ulteriormente a lui.
Con un gesto fulmineo Arthas si avvicinò al Re brandendo Frostmourne con la mano destra ed afferrnado il padre con l'altra.
- Allerta!!! - gridò Gregoridas assestando il peso sulle gambe leggermente divaricate e scagliando il proprio martello da guerra in direzione di Arthas. Falric, fulmineo, si frappose fra il martello ed il suo bersaglio, alzò la sua spada a due mani e lo deviò a terra.
Marwyn nel contempo stava caricando le guardie sul lato destro della sala.
- Ma che succede Arthas? Che stai facendo?!? - chiese Terenas sgomento.
Arthas rispose, ed anche la sua voce non era più la stessa. Era molto più profonda, spettrale, ad un ascoltatore attento sarebbe sembrata la sovrapposizione di due voci.
- Salgo al trono, padre! –
Frostmourne passò da parte a parte il Re che immediatamente si accasciò sulla lama. La sua corona cadde a terra, perdendo alcuni degli ornamenti preziosi. Arthas puntò il piede sinistro sulla spalla del Re e liberò Frostmourne dal suo regale fardello.
- Nooo!! - gridarono le guardie ed il paladino. Tutti avevano messo mani alle armi, Marwyn stava avendo la meglio senza alcun problema sulle guardie del lato destro della sala.
Gregoridas invece, recuperato il martello, stava dando filo da torcere a Falric, il quale era completamente concentrato su di lui come se le guardie non ponessero un vero problema. Il paladino ed il capitano combattevano alla pari: per ogni colpo che si infrangeva sullo scudo di Gregoridas, Falric parava il contrattacco del paladino. Nella foga della battaglia, l'attenzione del paladino fu catturata per un istante da Marwyn che, abbattua l'ultima guardia, lanciò un incantesimo. La sala fu permeata da un'aura maledetta ed i corpi delle guardie appena cadute si rialzarono, brandendo le loro armi e caricando i viventi ancora intenti a combattere.
- Santo Creatore: sono non-morti!! -
Sul viso di Falric si disegnò un meschino ghigno quando i non-morti arrivarono ad infoltire le fila.
Gregoridas trovò la forza per invocare il potere della fede e consacrare il terreno sotto i suoi piedi. Le creature non-morte, compreso Falric, si spostarono dalla zona consacrata lasciando al paladino la possibilità di raggiungere Arthas che, immobile, contemplava la scena.
- Assassino!! - gridò Gregoridas mentre caricava Arthas e scagliava verso di lui il suo scudo irradiante l'energia della Luce.
Il principe non si scompose più di tanto, con un semplice gesto spostò Frostmourne, deviando lo scudo contro una parete. Frattanto, Falric aveva spostato la sua attenzione verso un nuovo gruppo di guardie che stava entrando dall'ingresso, mentre Marwyn rievocava i caduti come nuovi non-morti.
Brandendo il martello da guerra con entrambe le mani, Gregoridas si abbattè su Arthas.
- Come hai potuto!? Capisci cosa hai fatto? - gli attacchi, per quanto veementi del paladino non preoccupavano minimamente il principe che, con fluide finte, parate e schivate, eludeva qualsiasi attacco.
- Certo che lo so, paladino. Sto dando inizio ad una nuova era... e, per farlo, ho bisogno di un esercito e nuovi ufficiali che lo comandino! - con uno scarto laterale Arthas si spostò e, nel girarsi, Gregoridas si trovò esattamente dove il principe lo voleva: scoperto per un attacco frontale. Ancora una volta Frostmourne partì all'attacco ed oltrepassò l'armatura di piastre del paladino come se non fosse esistita.
Gregoridas lasciò cadere il martello da guerra ed afferrò la lama con entrambe le mani, senza però riuscire a smuoverla. Sentiva la propria energia vitale scivolargli addosso, ebbe l'idea di lanciare su di sé una preghiera di cura, ma era come se il suo spirito non fosse più lì per farlo. Era come se Frostmourne stesse imprigionando la sua anima. E così era.
Arthas fissava il paladino che spirava di fronte a sé, quindi con un sorriso sprezzante e soddisfatto sentenziò:
 - Ora alzati, cavaliere della morte, il tuo nuovo incarico ti aspetta. - disse sfilando Frostmourne dal petto del paladino. Il corpo non cadde, anzi si misse andando a recuperare il proprio martello da guerra e spostandosi poi nell'ormai folto gruppo di non-morti che si schierava di fronte ad Arthas.
Il principe salì i gradini di fronte al trono e si girò verso le creature - Questo regno cadrà e dalle sue ceneri nascerà un nuovo ordine che scuoterà le fondamenta di Azeroth! –
Arthas sollevò Frostmourne di fronte a sé, puntandola verso l'ingresso della sala del trono.
- Ora andate, conquistate la città e formate un esercito con ogni caduto!! – Falric, Marwyn e Gregoridas, a capo delle guardie non-morte caricarono verso l'esterno portando morte e distruzione nella capitale in festa.
Arthas si ritrovò da solo nella sala e per un momento gli tornarono alla mente le parole che suo Padre gli aveva rivolto quattro anni dopo la sua investitura a paladino della Mano d'Argento.

Figlio mio...il giorno della tua nascita, il tuo nome è stato sussurrato da tutte le foreste di Lordaeron...Arthas.
Mio diletto...con orgoglio ti ho osservato crescere e diventare un arma di rettitudine.
Ricorda, il nostro casato ha sempre regnato con saggezza e forza, io so che tu dimostrerai moderazione esercitando il tuo grande potere.
Ma la vera vittoria, figlio mio, è infiammare i cuori del tuo popolo.
Ti dico questo, poichè quando i miei giorni saranno giunti al termine, tu sarai Re.

E prese posto sul trono, mentre i suoni di festa divenirono ruomori di battaglia.

* * *

Lord Fordring avanzò verso la scalinata. I suoi occhi erano fissi sulla imponente figura in cima che, nonostante la loro presenza, non aveva mosso un muscolo; ma se il comandante dei crociati d’argento era concentrato sul Signore dei Lich, Erebus e Selune lanciavano invece occhiate a destra e sinistra, verso l’esterno della piattaforma.  Nessuna traccia della Passasogni e neppure, in effetti, di Sindragosa.  Forse i due draghi si erano incontrati più in basso oppure il drago scheletrico era impegnato contro l’esercito per salire fino alla torre di Arthas, ma se così fosse stato: dov’era Valrithia?
- Arthas! – gridò Lord Tirion Fordring sollevando la leggendaria Ashbringer.
Roredrix si assicurò lo scudo all’avambraccio sinistro e sollevò Thrunderfury di fronte al viso.  Piegò il capo a destra e sinistra, facendo scricchiolare le ossa del collo. Accanto a lui Wintate e Selune si prepararono a loro volta allo scontro, oramai imminente.
Sui fianchi, Lòre, da un lato e Dyanor, dall’altra, attendevano la carica con i pugnali già fuori dai loro foderi e abbondantemente bagnati di un veleno sperimentale che, secondo Tirion, avrebbe avuto un’ottima resa sui non-morti.   Al centro tutti gli altri.  Chiudevana il gruppo il gruppo dei cacciatori.
La staticità di Arthas era innaturale.  Roredrix si sentì il sudore imperlargli la fronte, poi, come tutti gli altri, sentì l’aria tutto intorno raffreddarsi, mossa da un alito di vento contrario a quello che, fin dal loro arrivo, aveva spirato loro contro.
Erebus deglutì e Selune chiuse gli occhi rassegnato.
- Che succede? – chiese Bryger guardandosi a destra e sinistra.
- Succede che ora è tutto nelle vostre mani. – rispose mesto Selune, prima di voltarsi, seguito da Wintate, Sceiren e tutti gli altri combattenti che avrebbero dovuto fare guadagnare il tempo necessario per la vittoria finale.

* * *

Emerse sul lato sinistro della piattaforma, sbattendo pigramente le ampie ali scheletriche e prendendo quota ad ogni battito.  Fissava coi suoi occhi azzurri lucenti, tipici della non-morte data dal Re che seguiva, il gruppo di intrusi che punteggiava la piattaforma del suo signore. 
La carcassa del drago che era, laddove avrebbe dovuto avere le proprie interiora, era pervasa da un rincorrersi di scariche azzurre come quelle che emanavano le orbite dei suoi occhi e la coda, una lunga serie di anelli d’osso culminanti ad ogni vertebra con un aculeo affilato, ondeggiava a destra e sinistra, producendo ad ogni passaggio un sibilo sinistro.
Il drago avanzò verso la piattaforma proprio mentre Wintate le si parava di fronte.  Il guerriero afferrò una pozione dallo zaino e ne mandò giù il contenuto, prima di gettare a terra l’ampolla vuota, poi digrignò i denti e lasciò che il calore dell’ira si spandesse in tutto il proprio corpo.  Quel giorno sarebbe morto con onore.   Sceiren mosse le mani e l’aria intorno al suo corpo sfricolò, sciogliendo la neve sotto i suoi piedi.  Accanto a lui Selune strinse la sua arma prediletta e pregò mentalmente il Creatore proprio come Clarisian che era pronta per proteggere Wintate dal primo assalto che avrebbe subito.  Erebus, puntata la bacchetta contro la gigantesca creatura, aveva dato ordine al demonietto che aveva evocato di prepararsi a fare letteralmente fuoco e infine Zigho, incoccate due frecce esplosive, non aspettava altro che il via per lasciare la corda del suo Rock’Delar.  Il resto del gruppo continuava ad avvicinarsi alla scalinta, seguendo un sempre più preoccupato Tirion.
E’ sempre silenzio prima che tutto cominci, ma talvolta, l’assenza del suono, viene sostituita da voci e suoni inattesi.  Una serie di esplosioni tempestarolo letteralmente la schiena del drago che con un fischio acuto e prolungato, sorpreso da quell’attacco almeno quanto i Templari Neri, cadde sulla piattaforma.  Wintate e gli altri arretrarono, evitando di essere schiacciati mentre anche Roredrix e Tirion si voltarono per capire cosa stesse succedendo.  Un’altra salva di colpi di cannone lasciò la zeppelin ordalica centrando, poi la Martelfato prese le distanze dal drago che, voltatosi verso il vordo della piattaforma, saltò nel vuoto e prese il volo. 
- Giù! – urlò Whitescar appaittendosi al suolo, proteggendosi con le mani il viso, seguita da tutti gli altri quando la coda di Sindragosa saettò sopra le loro teste.  Infine il drago spiccò il volo puntando la nave da guerra volante di Orgrimmar.  L’impatto fu terribile: gli artigli del drago squarciarono una fiancata della nave per poi lasciarla precipitare in avvitamente verso il campo di battaglia… decine di metri più in basso.  Liberatasi della distrazione ed evidentemente senza pià voglia di tergiversare oltre, SIndragosa planò di lato acquistando distanza dalla piattaforma, prima di volare a punto fisso e piegare all’indietro il lungo collo.
- Soffio! – gridò Roredrix prendendo posto di fronte al drago e riparandosi dietro allo scudo.  Tutti coloro che ne ebbero la possibilità, si protessero e protessero coloro che avevano vicino con le loro arti: scudi magici o protezioni di altro genere vennero lanciate.  Non c’era modo di evitare quel soffio, non vi era luogo dove nascondersi. Erano esposti ed avrebbero subito l’assalto del drago.
Sindragosa inspirò, quindi liberò il suo soffio gongelante, impattando però sulla fiancata della Spacciacielo.  Il peso sbilanciò l’assetto della nave che si piegò pericolosamente su un fianco, perdendo quota.  Quindi una pioggia di palle di fuoco lasciò il ponte e incendiò la testa e parte del collo della creatura che, però, incurante dell’assalto subito, sbattè con forza le ali, creando una raffica di vento che travolte la nave alleata che urtò rovinosamente il bordo della piattaforma. 
Zigho e Silvèr scoccarono contro il drago ed anche Sceiren, Zaltar e Seilune lanciarono i propri incantesimi, ma Sindragosa era troppo veloce: descrisse un arco intorno alla torre del suo signore, prendendo velocità e quota, quindi piegò le ali sul dorso e puntò la Spaccacieli che a stento teneva l’aria e che, troppo lentamente, cercava di allontanarsi.
- Non ce la faranno mai… - sussurrò con orrore, portandosi una mano alla bocca, lo gnomo nero, poi un’ombra di una figura alata li superò dalla parte opposta.
Il drago verde che Arthas teneva in ostaggio evidentemente era stato destato dal suo sonno e aveva compreso bene quale dovesse essere il suo scopo in quello scontro: aperte le fauci si avventò su Sindragosa, intercettandone la carica e trascinandola giù, verso il basso, in una spirale infernale.
- Ora a voi! – urlò il comandante Barrett salutando Fordring con la mano, prima di scomparire sotto la coltre di nubi che circondava la torre.
Arthas, infine, si mosse.  Allungò la mano destra verso la spada piantata nel suolo serrandola sull’elsa, quindi estrasse Frostmourne e si alzò in piedi.

* * *

- Infine… la giustizia della luce così tanto decantata è finalmente arrivata. Dovrei gettare a terra Frostmourne e rimettermi alla tua misericordia, Fordring? –  la profonda voce del Re dei Lich si sovrapponeva alla voce di quello che era un tempo Arthas Menethil, in una cacofonia rimbombante e sinistra che echeggiò nella sala del trono ghiacciato.
- Ti daremo una morte rapida, Arthas, molto più di quanto si possa dire tu abbia fatto per le migliaia di vittime che hai torturato e massacrato. –  Tirion Fordring puntò Ashbringer in direzione del suo avversario.
- Oh, non temere: imparerete tutto questo in prima persona.  Quando il mio lavoro sarà completato, mi pregherete di avere pietà ed io ve la negherò.  Le vostre grida colme d’angoscia saranno il testamento del mio potere inarrestabile. –
Fordring strinse l’impugnatura della sua arma.
- E così sia. Miei campioni: attacchiamo! – le parole però gli morirono in gola.
La pelle di Lord Tirion Fordring sbiancò, poi divenne violacea.  I suoi movimenti, come le parole poco prima, si arrestarono bruscamente e il cavaliere assunse una stasi innaturale, bloccato sull’iniziare una carica.  Persino il suo mantello si era come bloccato, sospeso a mezz’aria ed aveva perso il colore.  Quindi, tutto intorno a lui, crepitando e spandendosi rapidamente, l’aria congelò, avvolgendo in un blocco di ghiaccio trasparente il comandante dei cavalieri d’argento, ad un passo da quella scalinata che lo separava dal nemico di sempre.
- Ti terrò in vita affinchè tu assista alla fine, Fordring.  Non vorrei mai che il più grande campione della Luce si perda come rimodellerò questo miserabile mondo a mia immagine. Ora, fatevi avanti… “campioni” e fatemi sentire la vostra ira! – e spada alla mano, caricò il guerriero che, urlando la sua ira a sua volta, fece altrettanto.

* * *

Uno scudo protettivo circondò Roredrix un attimo prima che la sua spada incontrasse quella del suo avversario.  Una pioggia di scintille culminanti in archi elettrici esplosero quando le due lame leggendarie si scontrarono.  Roredrix grugnì e si sbilanciò in avanti per reggere la carica di Arthas il quale, dal canto suo, continuava ad avanzare, passo dopo passo, spingendo all'indietro il guerriero che si oppose con tutte le sue forze fino a quando, sicuro del risultato, senza preavviso balzò all'indietro, sperando di sbilanciare il Re dei Lich.  Arthas, però, non cadde nell'inganno e non appena Roredrix prese distanza da lui, sollevò la mano sinistra verso l'alto e, alle spalle del guerriero, emersero dal terreno due giganteschi umanoidi non-morti.  Wintate fu su di loro, mentre una pioggia di frecce li centrò, mentre ancora uscivano dal terreno.  Il guerriero in un turbine di colpi centrò entrambe le gigantesche presenze, recidendo un braccio alla prima e aprendo un vistoso squarcio sul petto della seconda.  I maghi si allinearono e all'unisono lanciarono i propri incantesimi: Zaltar, impose il suo bastone magico verso il non-morto mutilato e una moltitudine di sfere violacee lasciarono l'arma per colpirlo in più punti.  Seilune lanciò un dardo gongelante al secondo, rallentandone i movimenti e permettendo a Bryger di raggiungerlo in carica ed abbattere sulla sua gamba la "Mano di Ragnaros".  Il non-morto si piegò e fu allora le vesti iniziarono a accartocciarsi, scurirsi, prima di prendere fuoco.  Sceiren abbassò il pugnale e lingue vermiglie sempre più accese crebbero avvolgendo la creatura.
- Vigliacco! Vieni da me! - ruggì Roredrix accortosi di cosa il suo fallito diversivo aveva invece scatenato.
Arthas puntò la spada, quindi ruotò su se stesso, con due passi azzerò la distanza con Roredrix e, con un fulmineo arco, centrò lo scudo del suo avversario, tagliandolo in due, come se fosse di cartone.
Roredrix urlò, più per anticipare il dolore che immaginava avrebbe provato se la lama lo avesse colpito, ma fortunatamente riuscì a inclinare lo scudo quel tanto che bastò per evitare che Frostmourne gli mozzasse il braccio.  Nello sforzo disordinato, si sbilanciò, e cadde all'indietro.  Arthas fu su di lui e gli puntò la lama al petto.
- Mio. - tuonò, ma Dyanor e Lòre furono su di lui, raggiungendolo il primo sulla destra e il secondo sinistra. Dyanor affondò i pugnali tra spalla e collo, mentre Lòre all'altezza dei reni, uno, due, tre colpi rapidissimi, prima di balzare indietro, entrambi, per evitare la rappresaglia di Arthas.  Il Re dei Lich si voltò verso Dyanor, quindi puntò la lama al suolo e, come poco prima, quattro creature emersero squarciando il terreno.   Erano bipedi, umanoidi di un qualche tipo, ma si muovevano a quattro zampe, in una posizione orrenda e raccapricciante.  Dyanor, con una capriola evitò che i primi due lo raggiungessero, calò i pugnali sul terzo, mentre una palla di fuoco di Scieren centrò il quarto scaravantandolo fuori dalla piattaforma, prima di scoppiare, facendolo a brandelli.
Roredrix, frattanto, si era rimesso in piedi e, con una serie di finte, tentò di cogliere di sopresa il suo avversario, prima di calare Thunderfury con entrambe le mani, ma Arthas scartò di fianco e guadagnò una posizione di vantaggio.
- Dannazione. - impregò Roredrix, ma quando il pugno del non-morto lo centrò in pieno viso, lo scudo di Clarisian impedì il peggio, attutendo l'impatto e permettendogli di arretrare, invece che cadere.
- Inutile. – tuonò il signore di Icecrown e calò nuovamente Frostmourne che, nuovamente, si scontrò con Thunderfury.

* * *

I giganteschi non-morti fronteggiavano a mani nude Wintate, ma i loro artigli erano affilati quanto bastava per fare a brandelli la carne dell'incauto che li avesse sottovalutati e Wintate di certo non lo era.  Parò con lo scudo l'affondo del mutilato: le spesse unghie avevano perforato la lamina passando la protezione da parte a parte.  Il guerriero imprecò, prima di strattonare a se lo scudo, distendendo il braccio dell'aboninio, quindi grugnendo calò la spada, mozzando anche il secondo braccio del mostro.  Il secondo intanto ardeva, ma non si curava di questo e cercò di circondare il guerriero con entrambe le braccia.   Ilaria, visto il pericolo, si afferrò la destra con la sinistra e chiese al Creatore la forza, quindi sollevò le braccia in alto e Wintate venne letteralmente strappato via all'abbraccio del non-morto, prima che le fiamme lo avvolgessero.  Il guerriero gridò non sapendo cosa fosse successo e ruzzolò al suolo poco distante da Ilaria.
Lo spostamento di Wintate aveva avuto anche un secondo effetto: il non-morto che aveva provato ad afferrarlo era stato per un po' trascinato a sua volta verso il gruppo dalla preghiera della sacerdotessa e questo lo aveva spostato molto, troppo vicino alla creatura senza braccia che, a sua volta, avanzava.  Sceiren non si lasciò sfuggire quella opportunità e mentre una freccia esplosiva scoccata da Zigho si piantava nel petto del primo ed una freccia nera di Silvèr nel petto del secondo, il mago formulò un secondo incatesimo, fendendo l'aria col pugnale.  Le fiamme della prima creatura scivolarono anche sulla seconda, quindi una sfera piroclastica lasciò le mani dell'esperto di magia centrando i due non-morti ed esplodendo all'impatto.

* * *

Altri quattro non-morti, rapidi come felini, emersero dal terreno dalla parte opposta dei combattenti e si lanciarono contro Lùce e Ilaria.  Di fronte a loro, però, luce ed ombra attendevano: Selune e Colèra erano pronti ad accoglierli e, alle loro spalle, Whitescar pregava il Creatore affinchè le desse la forza di proteggerli.  Il primo paladino, invocando il potere della luce, scagliò il proprio scudo avvolto in un’aura dorata contro le bestie.  L’arma, normalmente difensiva, roteando e lasciando una scia d’oro e d’argento, impattò contro il primo ghoul, decapitandolo, rimbalzò sul secondo tagliandolo a metà all’altezza del busto e tornò infine indietro tra le mani del suo custode.  Gli altri due non-morti, continuarono la loro corsa, sbavando e gracchiando, poi il primo venne avvolto da un’aura scura e in una vampata di fumo mefitico, venne attratto in corpo a corpo dal cavaliere della morte che, pronto al suo arrivo, calò lo spadone a due mani da sopra la sua testa fino a terra, tagliandolo letteralmente in due metà praticamente specilari, quindi le rune verdognole della sua spada lampeggiarono, trasferendo alla lama il loro potere e conferendo all’arma assunse tonalità di un verde pulsante e quando la calò sull’ultimo non-morto, l’impatto lo devastò completamente, corrodendolo fino alle ossa.
Colèra sorrise a Selune, il quale però puntava Arthas.  Anche il cavaliere della morte si voltò verso il Re dei Lich e fu allora che si sentì venir meno.  Non provava quella sensazione di mancamento da quando era ancora un vivente, una vita prima di quella.  I suoi piedi erano come pietrificati al suolo e le braccia pesanti. Murate al resto del corpo.  Fissava con gli occhi vitrei il suo avversario, ma non riusciva neppure a pensare di avvicinarsi. Era come impantanato in un mare di fango che, col passare del tempo, si solidificava, tutto intorno a lui ed ai suoi sensi ottenebrati.
Voltò con uno sforzo immane il capo ed incrociò gli occhi di Whitescar.  La paladina comprese che qualcosa non andava e senza chiedere o attendere oltre, pregò il Creatore di guarirlo da qualunque male lo stesse colpendo. Colèra si portò lasciò cadere la spada e si portò le mani alle orecchie quando le cure della paladina lo raggiunsero: si sentiva i timpani esplodere.  Si sentiva

vivo

in uno stato confusionale che non riusciva a comprendere, quindi il benessere, un caldo benessere lo circondò e senza rendermene neppure conto, era piegato sulle ginocchia ed aveva afferrato la sua spada.  Sorrise.  Si voltò verso la paladina sfregiata e annuì consapevole di non essere solo in quella battaglia e che, ogni istante che passava, la presa del Re dei Lich su di lui si allentava.  Avrebbe affrontato la minaccia faccia a faccia e una volta per tutto si sarebbe strappato le catene della schiavitù di dosso, ma quando scelse la via da seguire, questa si congelò completamente.

* * *

Lòre, Roredrix e  Dyanor vennero letteralmente scagliati ai bordi della piattoforma e se non fosse stato per l’esperienza del guerriero e l’agilità dei suoi compagni, sarebbero tutti e tre finiti di sotto, come accadde invece per i ghoul che stavano affrontando: Arthas, negli ultimi minuti di combattimento, aveva portato i duellanti verso il centro della piattaforma, quindi, senza alcun preavviso, subendo peraltro un fendente di Thunderfury, aveva sollevato la spada verso il cielo e una vampata di energia glaciale era esplosa dal suo corpo, irradiando in tutte le direzioni.  Roredrix si era protetto con quello che restava del suo scudo, ma non aveva ottenuto molto ed esattamente come Lòre e Dyanor, era rotolato verso il precipizio, praticamente stordito.  Più istintivamente che non sapendo esattamente dove la stesse piantando, aveva puntato la sua fedele arma verso il basso e aggrappandosi ad essa aveva evitato il peggio.  Lòre, dal canto suo, essendo più distante del guerriero, aveva avuto il tempo di voltarsi quando l’onda d’urto gli congelò mantello e schiena, sfruttò la spinta ricevuta per fare una capriola in aria e piombare con i due pugnali verso il basso al momento opportuno. Dyanor, invece, si era salvato nel modo più originale dei tre.  Impegnato a combattere coi due ghoul rimasti, quando l’ondata gelida si scatenò, invece di scappare si lanciò contro il primo dei due non-morti e lo usò come uno scudo.  Sbilanciando il proprio baricentro in avanti per contrastare la spinta, si lasciò trascinare, mentre il peso del non-morto aumentava, di pari passo al congelamento delle sue carni putride.  Quando la spinta ricevuta terminò, tra le mani aveva solo un blocco di ghiaccio che, al contatto col suolo, esplose in mille pezzi.
Non solo i tre in corpo a corpo, comunque, si erano allontanati dal centro e da Arthas: tutti i Templari Neri, anche se ancora impagnati in combattimento con gli ennesimi energumeni non-morti emersi dal suolo, si erano dovuti avvicinare al bordi della piattaforma circolare perché, alla prima ondata, ne era seguita una seconda ed una terza, una dopo l’altra.
Lùce rimarginò una brutta ferita sul braccio di Bryger che, sicuro delle attenzioni della sacerdotessa, non smise di attaccare quando i due ghoul che aveva di fronte lo avevano azzannato: calò la Mano di Ragnaros sulla testa del primo e allontanò il secondo con una gomitata tra i denti, frantumandone diversi.  Concluse l’opera Shira che calò la sua spada lunga sulla testa della creatura, incenerendola grazie al potere della fede.  Un dardo incantato sibilò sopra Colèra congelando sul posto il non-morto più alto dei due giganti emersi poco prima poco prima che il cavaliere della morte infilasse fino all’elsa la sua spada lunga, avvampata del verde delle sue rune nel petto del non-morto. Decine di pustole si gonfiarono dal petto della creatura, per espandersi tutto intorno, salendo verso il collo e dilagando su gambe e braccia.  Il non-morto ebbe uno spasmo e incrociò per un attimo le pupulle candide della sua carnefice. Albina, con un sorriso folle e più terrificante che mai, lasciò che le maledizioni facessero il loro corso.  Sapeva di aver vinto, così, senza attendere oltre, estratto il suo pugnale sacrificale, si avventò contro uno dei ghoul che stava affrontando Zigho.  Il cacciatore, infatti, non avendo lo spazio per maneggiare il suo arco, aveva chiesto a Rock’Delar di assumere le forme di un’asta da combattimento e, armato della forza imperiosa della natura, teneva a bada come poteva il non-morto.  Non era il suo stile né la sua specialità il corpo a corpo.  Fortunatamente, Albina non si faceva problemi a inventarsi altri modi per essere mortale e lanciando grida stridule e raccapriccianti, calò come una forsennata il pugnale sulla schiena della creatura, fracassandole la spina dorsale.  Una sfera di fuoco lanciata da Erebus completò il massacro.
- Attenzione! Guardate là! – gridò Wintate, pulendosi col braccio uno schizzo di sangue scuro appartenente all’ultima vittima rispedita alla lapide.  La neve, che fino a quel momento era stata scagliata verso di loro durante le ondate pulsanti, aveva preso a addensarsi in una sfera sempre più grande, a mezzo metro dal Re dei Lich, quindi, pigramente, smossa dalle varie ondate, si stava avvinando.
- Non mi piace per niente. – disse Clarisian e lanciò una serie di scudi protettivi ai compagni più vicini. 
Anche a Seilune non piaceva quella sfera, in generale la gnoma non amava le sorprese e, in particolare, non prediligeva qualunque cosa non conoscesse perché ciò che si conosce si può sconfiggere o, nella maggior parte dei casi, evitare.  Senza attendere un attimo, iniziò a bersagliare la sfera con lance di ghiaccio, rallentandone l’avanzata e incrinandola ad ogni colpo.  Silvèr, poco più in là, vedendo un bersaglio non a pochi centimetri da lei, sorrise e riposte rapidamente le asce alla cintura, afferrò l’arco lungo e iniziò a centrare con le sue frecce la minaccia sconosciuta che, infine, esplose in una pioggia di neve e ghiaccio che li travolse, ma senza produrre alcun danno.

* * *

Il Re dei Lich osservava lo scontro con interesse: ad eccezione delle scariche di energia che lasciava fluire dalla sua spada nel suo corpo, irradiando l’area intorno a sé, non faceva altro che fissare i suoi avversari con attenzione.  Quando l’ultimo ghoul cadde  sotto i colpi del martello da guerra del paladino che chiamavano Shockwave, calò Frostmourne e la puntò verso il gruppo.  Dalla spada esplosero scariche di elettricità nere come la pece che trafissero i suoi nemici.  Quando le loro grida divennero un sinitro coro di dolore, risollevò la spada e permise ai curatori di porre rimedio alle ferite inflitte e sorrise, prima di calare la spada al suolo, cessare l’emanazione genelida e di tuonare in un dittongo di voci terrificante:
- Osservate il vostro mondo andare in pezzi! –
Il terreno sotto i piedi dei Templari Neri temò, prima che una lunga crepa si allungò zigzagando tutto intorno alla piattaforma, ma un metro, un metro e mezzo verso il centro.
Roredrix si sentì il sudore colargli lungo il collo ed ebbe conferma dei suoi timori quando i tre maghi, portando con loro il compagno più vicino, scomparvero per ricomparire più verso il centro e vicini al loro nemico e il terreno sotto i suoi piedi iniziò a franare nel vuoto.

* * *

Wintate corse verso Arthas: avrebbe sfruttato quel momento per caricarlo, anche perché Roredrix era a terra: il guerriero, infatti, si era letteralmente tuffato in avanti per evitare di cadere di sotto, assieme a ciò che restava di quella parte di piattaforma, sbriciolata dall’ennesima dimostrazione di forza di Arthas.  Così urlando la sua rabbia, si era avventato sul Re dei Lich, incontrando per la prima volta Frostmourne.  La spada leggendaria impattò con la sua arma e le vibrazioni dovute all’impatto lo stordirono.  Riuscì ad evitare con un colpo di reni un’affondo del proprio avversario, ma non potè far nulla per la carica successiva e così, gridando di dolore, sentì il freddo della lama del signore della morte centrarlo al costato.  Venne poi travolto da Colèra che, con una spallata,  prese il suo posto, scaraventandolo al suolo sulla sinistra. 
Ilaria e Lùce furono su di lui e si occuparono delle sue ferite più profonde.
Quindi entrambe si voltarono quando venenro raggiunte da quella disperata richiesta d’aiuto.

* * *

Whitescar gridava con tutto il fiato che aveva in gola: non reggeva più.  Affacciata nello strapiombo, teneva la mano dello gnomo nero che, sospeso nel vuoto, la fissava con gli occhi terrorizzati.
- Aiutatemi! – urlava al paladina.
Selune si voltò rapidamente intorno: Roredrix si stava rimettendo impiedi e Arthas era impegnato in combattimento con Colèra.  Aveva tempo.  Lasciò cadere spada e scudo e si gettò sulla paladina, afferrandola per le gambe un attimo prima che scivolasse nel baratro anche lei.
- Presto! – urlò Selune paonazzo per lo sforzo.
Shira corse verso i paladini e, piantata la spada nel suolo, la usò come appiglio, prima di afferrare per la cintura Selune e tirarlo verso di sé.   Sceiren, intanto, si affacciò e afferrò una piuma dalla sua sacca dei reagenti. Si sdraiò e cercò di toccare lo gnomo, non riuscendoci.
- Avanti! – urlò Selune.
- Lasciatemi! Siete esposti! – ripeteva lo gnomo, ma Whitescar non ci sentiva da quell’orecchio.
- Piantala ed aiutami! – rispose quindi, sentendosi tirare verso la terra ferma da Selune e Shira, strinse i denti e fece forza contutta se stessa urlando di dolore quando finalmente sollevò lo gnomo quanto bastò affinchè Sceiren lo potè toccare.  Il mago formulò l’incantesimo e il peso dello gnomo diminuì drasticamente e tirato dalla paladina, si ritrovò dal vuoto sotto i piedi, il vuoto sotto la testa quando, a capo all’ingiù, descrisse un arco e ritrovò il terreno.

* * *

Roredrix aveva intanto raggiunto nuovamente il suo avversario e all’impatto delle due armi, l’ennesima pioggia di scintille li travolse.  Il guerriero evitò un fendente, quindi calò la sua spada, ma non trovò altro che il terreno, si voltò acquistando velotità e centrò con lo scudo il volto del non-morto che arretrò.  Quindi, accompagnando la spinta, descrisse un arco e cercò di centrare al ventre Arthas che, però, calò Frostmourne. 
- Va da lui, Ilaria! Va da lui! – disse Lùce fissando Roredrix che, ora in difficoltà, arretrava. La sacerdotessa lanciò un’occhiata a Wintate che si stava riprendendo.  – Ci penso io a lui, vai! – disse Lùce, mentre dalle sue mani continuava ad emanare una calda luce ristoratrice.
Ilaria annuì e rimessa in piedi prese posto accanto a Clarisian alle spalle di Roredrix che, proprio in quel momento, commise un errore.  Dimenticando nella foga del combattimento quanto accaduto ad inizio dellos tesso, pensò di deviare Frostmourne con lo scudo per sfruttare l’apertura nella difesa nel nemico e ottenere un vantaggio su di lui, magari avrebbe potuto disarmarlo!  Quando Arthas si fece avanti, arretrò di un passo calando il sinistro, ma la spada del Re dei Lich non temeva alcuna armatura, qualunque fosse la lega con cui era stata forgiata e così, quando incontrò lo scudo di Roredrix, semplicemente andò oltre.  Roredrix urlò di dolore quando la lama lo ferì.  Istintivamente balzò all’indietro fissando il sangue che colava sempre più abbondante dal braccio. Si sentiva bruciare, ardere dentro.  Si strappò quel che restava dello scudo di dosso e inciampò candendo all’indietro.
Poi iniziò a dimenarsi in preda a convulsioni. 
Arthas puntò la spada su Roredrix.
- La fine e giunta. –
Una palla di fuoco lo centrò in pieno petto, non ottenendo altro che il farlo arretrare di un passo.  Venne poi colpito da una sfera d’ombra lanciata da Albina, quindi da una pioggia di sfere arcane di Zaltar.  Il Re dei Lich sollevò l’elmo verso gli esperti di magia e il riflesso azzurro emanato dai suoi occhi descrisse sinistre forme accompagnando il movimento del capo; quindi, senza alcun preavviso, puntò la sua spada sulla sacerdotessa che, china sul guerriero ferito, pregava il Creatore di darle la forza di salvarlo.
- Sazierai Froustmoune, donna. – Ilaria strabuzzò gli occhi quando la lama maledetta del Re dei Lich penetrò nel suo petto.

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren