Autore Topic: Figli dell'Ultima Alba XXV - Capitolo 17: Passo dopo passo (seconda parte)  (Letto 883 volte)

Sceiren

  • GM Rising Dradis Echoes
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  • Chi sono dei due? :D
    • Mai dire di no al panda!
- Ridicolo! – disse saltando sul posto.   Seilune mosse le mani paffute descrivendo due archi discendenti e scomparve per ricomparire in piedi sopra il bancone.  Il commerciante, per nulla impressionato, spostò con educazione la merce lontana dalla gnoma e scosse il capo.
- Duemila è il prezzo adeguato per queste gemme, lo so io e sono certo che lo sappia anche tu. –
- Duemila è un semplice furto! –
- Una semplice, adeguata offerta. –
Seilune fissò con sguardo duro il suo interlocutore, dritto negli occhi, forte della sua posizione, poi sbofonciò qualcosa e slacciò dalla cintura il sacchetto di tela magica da lei stessa cucito mesi addietro e lo lasciò sul bancone.
Il commerciante lo afferrò, lo soppesò passandoselo tra le mani, quindi con delicatezza sciolse il laccio azzurro che lo sigillava e lasciò cadere le monete sul bancone, tutte le monete.  Quando la superficie utile, escludendo quella occupata dai piedi della gnoma, fu satura d’oro, iniziò con fare esperto a contare sotto i baffi, quindi spostò con la mano la stragrande maggioranza del denaro alla sua destra e le decine di monete rimaste le rimise il loro posto, quindi restituì la borsa col poco denaro residuo al su legittimo possessore.
- Millenovecentocinquanta. Direi che sono stato fin troppo generoso. - e, riprese le due gemme vermiglie dal cassetto.
Gli occhi di Seilune ebbero un fremito, poi afferrate le pietre fece un inchino e scomparve in un turbinio di polvere azzurra ricomparendo in mezzo al vicolo.   

La gnoma alzò gli occhi ai balconcini curati e ricchi di fiori variopinti e ne assaporò la vista.  L’aria era mite come in primavera e due timidi raggi di sole si allungavano sulle piatte rocce che componevano la via.  Il vocio tutt’altro che fastidioso di commercianti e acquirenti che trattavano sul prezzo di praticamente qualsiasi cosa l’allietava ed il via vai di cittadini e avventurieri le dava un pizzico di nostalgia: amava Dalaran, ma amava ancor di più le lande ghiacciate.
Così, col suo bottino in tasca, la maga ritornò sui suoi passi e superando piacevoli archi di marmo pregiato, scambiando due parole con i passanti, tornò al quartier generale dei Kirin Tor, il punto nevralgico della magia delle Northerend. 
Ai piedi dell’immensa scalinata che portava all’ingresso della struttura, Seilune descrisse l’ennesimo gesto con le mani e scomparve per riapparire una cinquantina di scalini più in alto.
Avrebbe voluto passare un po’ di tempo sul tetto di qualche palazzotto del centro, piuttosto che partecipare all’ennesima riunione, ma se la voglia di annoiarsi era praticamente assente, quella di vendicarsi le ardeva dentro e così, come il giorno prima e quello prima ancora, la maga errante prese posto poco distante dai grandi del vecchio mondo, pronta a sentire le stesse cose ed a riferire quanto già detto alle riunioni precedenti.

* * *

Quando la gnoma entrò nella raccolta sala in cima al pinnacolo più alto del palazzo dei Kirin Tor, la riunione era già iniziata.   Seilune prese posto su uno scanno dal morbido cuscino color rubino e osservò i grandi discutere e, perso interesso dopo poco, come sempre, spaziò cogliendo i dettagli più affascinanti di quella sala, come delle altre in cui era già stato.  Amava i ghiacci e la loro austerità, certo, ma i sontuosi e ricchi sfarzi di Dalaran, soprattutto le sale pulsanti di magia del palazzo dove si trovava, la affascinavano quasi in egual modo.  Il lampadario d’oro massiccio le cui otto braccia culminavano in otto candele che rilasciavano una intensa luce azzurra… candele evidentemente sotto l’effetto di un qualche sortilegio perché non si consumavano mai.   E amava i tappeti e il tema che li accumunava tutti quanti: uno occhio giallo in campo viola con tre lance d’orate che si allargavano verso il basso, simbolo della magia che lascia gli occhi dei maghi che la praticano.   
Stava osservano i pomelli della cassettiera sul lato opposto della sala, quando il tono della voce di Varian crebbe e la distrasse dai suoi pensieri.
- … a due settimane dalla partenza? Come è possibile saperlo solo adesso! -
- La magia non è rozza come una spada, né altrettanto semplice da utilizzare. – rispose pacato l’arcimago Alvareux, seduto alla destra del suo superiore.   Tamburellò sul tavolo di quercia e prese una delle numerose pergamene che aveva di fronte, quindi si alzò mostrando agli occhi avidi di Seilune il suo abito viola in tutto il suo splendore.
- Quanto riportato dall’arcimago Aran non sono istruzioni per costruire un fortino o governare una nave, sire Wrynn.   Controllare il libro di Mediev è qualcosa che va oltre la conoscenza della magia convenzionale e delle sue regole, ma si lega a volontà e motivazioni di chi lo impugna. –
- Se è come dici, perché tu? – scandì bene Thrall intrecciando le grosse dita e fissando coi suoi profondi occhi verdi il mago a capotavola.
- La scelta del mago che attiverà le reliquie non necessità spiegazione.  Abbiamo già parlato di questo e mi confonde che ora venga ripreso a questo tavolo, quando il tempo passa e le questioni da affrontare sono ben altre. – rispose al posto del suo sottoposto il capo dei Kirin Tor, alzandosi a sua volta dalla sedia.
- Tuttavia una domanda è lecita: sarà pronto? – la voce cristallina di Leryda tu tagliente come la lama di un pugnale.
- Sarò pronto, miei siri, mio signore, questo lo posso garantire! – disse deciso l’arcimago rimettendosi a sedere.
- Sono certo che mi comprenderai se sono dubbioso a meno di due settimane dalla partenza! – ribadì Varian beffardo, lanciando un’occhiata a Bolvar alle sue spalle. 
- Ne mancano quattro di settimane, precisò il corpulento mago a capotavola puntando l’indice sul tavolo., Quattro settimane, non due. Una bella differenza. –
- Arcimago Rhonin, vuoi dire forse che il tuo accolito continuerà lo studio durante il viaggio per le lande di Icecrown? – chiese Leryda sollevando un lungo sopracciglio e sorridendo.
- Naturalmente. – rispose Alvareux annuendo con decisione.
L’arcimago Rhonin fissò il mago alla sua destra inchiodandolo allo schienale della sua sedia.  Alvareux distolse lo sguardo e cominciò a riordinare nervosamente gli appunti che aveva di fronte, si accarezzò le folte sopracciglia scure, e si umettò più volte le labbra.
Bolvar, lentamente, si avvicinò a Varian seduto di fronte a sé e gli sussurrò all’orecchio:
- Se questo e l’uomo che ci salverà, la vedo dura… - ma Varian non raccolse questa volta, evidentemente più interessato a cosa Rhonin avrebbe detto.
- I Kirin Tor saranno pronti tra due settimane, come ho detto, e non ritengo di dover aggiungere null’altro.  Voglio mettere in chiaro la mia posizione in questa faccenda una volta per tutte.  Quale membro del Consiglio dei Sei e leader di questa confraternita, non prendo ordini né da noi né da nessuno, ma seguo le decisioni del concilio.  Voi siete qui miei ospiti in visita, benvoluti qui per i rapporti che legano le nostre città e la nostra storia e, soprattutto, per il fine comune che noi tutti abbiamo, ma la vostra influenza, il vostro… potere, non raggiunge le sale del Palazzo Viola!  Lavoreremo insieme, combatteremo insieme, ma nel reciproco rispetto di ruoli.   Una volta per tutte ribadisco che l’arcimago Alvareux porterà le tre reliquie e sarà in grado di usarle al momento opportuno.  Vi esorto, siri, invece di concentrare le vostre risorse all’ovvio di pianificare al meglio la missione.  Alla magia ci penseranno i maghi. –
Varian stava per ribadire quando le parole gli restarono in bocca, prive di forza.  Un profumo impercettibile ed indefinibile aleggiò per la sala, seguito dal calore di piacevole brace.  Seilune fu la prima a vederla e rimase interdetta.
Con passo fiero e deciso, puntando direttamente al tavolo, la figura dalle fattezze elfiche entrò nella sala portando il silenzio con sé.  Calzava alti stivali vermigli percorsi spessi rampicanti d’oro.  Dagli stivali si innestavano uno dentro l’altro gambali violacei percorsi dalla stessa fantasia dorata.  Le sue intimità erano celate da una succinta veste purpurea stretta sotto l’ombelico da una cintura d’oro.  La pancia era scoperta e sopra i suoi seni perfetti erano abbracciati da una veste di maglia degli stessi colori del resto dei suoi abiti. Indossava guanti di maglia, da battaglia e un medaglione con una grossa pietra vermiglia brillava poco sotto la gola.  Infine un mantello rubino si allungava fin quasi ai piedi, stretto da due spalline eleganti assicurate alle spalle da una leggera cinghia dorata. 
Fluenti capelli rossi scorrevano impetuosi su un viso senza tempo e i suoi occhi bianchi come il candore di una stella lontana, eterni, rilucevano di immortalità.  A destra e sinistra della fronte, si allungavano piegandosi due corna di drago.
- Come ho detto, bambini che giocano.  Ecco cosa vedo.  Infanti al tavolo degli avi. -
Rhonin come tutti gli altri presenti, superato il momento di esitazione dovuto alla sorpresa, si alzò in piedi.
- Custode della vita, Lady Alexstrasza, non sapevo della tua venuta qui. -
- Io sono ovunque, umano e ricordo che quanto discutete non rileva solo per gli uomini, ma per la vita stessa. –
L’immortale prese posto accanto al leader dei Kirin Tor che, in segno di rispetto, afferrato uno scranno identico a quello dove sedeva la gnoma, si accomodò accanto al suo accolito, evidentemente più a disagio che mai.
- E ora sentiamo: come attueremo il nostro progetto? -

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren