Autore Topic: stelle cadenti XVIII - 15: La prima regola (seconda parte)  (Letto 895 volte)

Sceiren

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stelle cadenti XVIII - 15: La prima regola (seconda parte)
« il: Settembre 07, 2010, 10:25:17 am »

Roredrix si rimise in piedi e attingendo alle sue ultime forze, colpì la creatura accanto alla libreria. Bryger puntò quella alla sinistra della porta.  Albina e Yukina si voltarono verso quella alle loro spalle, mentre Shockwave, afferrata la sua mazza e consapevole ora dle pericolo, si scagliò a difendere Ilaria, seguito da Erebus. 
Lùce si sentì ardere dentro: aveva i mezzi per essere d'aiuto, sentiva che le sue cure non avrebbero fatto la differenza, sentiva che avrebbe potuto sconfiggere la minaccia e sapeva di averne il potere.  L˘ce sentiva le ombre premere nel suo cuore e ottenebrare la debole luce che Ilaria aveva infuso di nuovo dentro di lei.  Si guardò attorno: Roredrix a stento si teneva in piedi eppure contrastava l'elementale che aveva di fronte; Bryger sanguinava a tal punto che le cure di Ilaria e le sue non avevano più effetto; Yukina aveva messo via l'arco e messo mano alle asce e goffamente teneva a bada la minaccia e persino Shockwave combatteva... e lei era lì, sola, a fissare quel mago che rideva di loro, dei suoi amici, che cadevano sotto i suoi colpi.
La mano tremante scivolò verso il pugnale che teneva legato alla cintola, lo estrasse.  Gli occhi le bruciavano.  Stava per piangere.  Un grido, Ilaria, la scosse.  Aran l'aveva centrata con un altro dardo congelante ed ora la fissava dandole le spalle.
L˘ce digrignò i denti, serrò la presa e corse verso il mago: non avrebbe ceduto, non sarebbe tornata nell'ombra, ma non avrebbe permesso a quello spettro di colpire ancora la sua mentore.  Lo raggiunse e affondò il pugnale tra le scapole, prima di strapparlo via.
Aran ebbe un tremito quindi si voltò consapevole dell'ennesima ferita su un corpo già martoriato.
- Non finirà mai, vero, questo tormento, figlio mio? - chiese fissando il vuoto negli occhi di Lùce, poi gli occhi della sacerdotessa si allontanarono dai suoi e Lùce urtò la porta della biblioteca, scagliata via da un colpo di teleceninesi.
Aran vacillò per un istante, portandosi una mano sul volto contratto da una smorfia di dolore.  Unod egli elementari sfumò dall’azzurro al rosso rubino prima di esplodere in una pioggia di acqua vermiglia diffondendosi in tutta la sala.
- Non ridi più adesso eh! – esultò Bryger colpendo la creatura che aveva di fronte abbattendola.  L’elementale collassò tornando ad essere semplice ed inerte acqua.
- Non sono ancora sconfitto, non mi avrai. Non continuerai a farmi questo! -
Albina scagliò una sfera d'ombra contro l'elementale tenuto a bada da Yukina, quindi fissò di nuovo il mago: aveva il corpo pieno di ferite, non tutte provocate da loro... e parlava sempre al singolare.
Capì.
L'evocatrice che conosceva le vie dell'oblio meglio dei suoi compagni sapeva bene cosa doveva fare, ma sapeva anche di avere poco tempo, nulla di quello che aveva fatto Aran fino a quel momento era stato casuale, dietro ogni colpo di mano e dietro anche ogni errore vi era sempre stato un piano. L’esplosione del primo elementale, non provocata da loro, era singolare così come tutta una serie di maldestri comportamenti del mago, un mago tutt’altro che sprovveduto.
Nessun combattente durante uno scontro mostrerebbe mai una simile debolezza accentuandone così tanto gli effetti e nessuno ne verrebbe ingannato normalmente, tuttavia era tutto lo scontro che il mago attaccava insensatamente l’intero gruppo in maniera quasi indistinta sprecando le sue energie al posto di concentrarsi verso dei singoli bersagli, quasi volesse rendere giustificabile quel momento di stanchezza.
Lo sguardo di Albina cadde sui suoi compagni sporchi di quella strana acqua rossastra… un marcatore magico.
Corse di fianco, al sicuro dagli attacchi degli elementali e cominciò una evocazione.
Nel frattempo il mago annuì a sè stesso, si voltò le spalle alla porta e tra un colpo di tosse e l'altro, come parlando a dei commensali, aggiunse:
- Sicuramente non negherete una bevuta rinfrescante ad un povero vecchio, no... non penso proprio. -
Armeggiò con la veste e afferrò una ampolla dal contenuto azzurrino.
Albina non aveva più tempo: attinse a tutta l'energia spirituale di cui ancora disponeva, dette fine ad ogni sua energia, quindi concluse l'evocazione ed aprì i cancelli dell'Abisso. 
Due paia di zoccoli, tipici dei demoni, completavano due lunghe ed affusolate gambe di donna.  Un corpo formoso a malapena coperto da un perizoma e da un corpetto di pelle nera, stonava terribilmente con due scure e orrende ali da pipistrello che sbucavano dietro alla schiena, così come stonavano le due corna ricurve dalla sua fronte e la coda.  Le braccia rilassate lungo i fianchi e la mano destra stretta su una frusta ancora arrotolata, ma pronta a scagliarsi contro la sua vittima.
Albina fissò soddisfatta la succube e le ordinò di colpire il mago, di farlo urlare di dolore, di godere nel farlo soffrire... e la succube era estremamente abile in questo.
Il mago, con la pozione in mano, alzò la sinistra e formulò un ultimo incantesimo. Improvvisamente gli schizzi dell’elementale esploso poco prima emanarono un tenue bagliore rossastro.  Albina si fissò le macchie rilucenti sulla veste, quindi fissò il mago, appena visibile al di là del vapore.  L’incantesimo raggiunse lei come tutti i suoi compagni tramutandoli in pecore.  I due elementali rimasti si dissolsero improvvisamente, sciogliendosi come neve al sole.  Aran sorridendo si voltò per contemplare la sua opera d’arte: era consapevole che effettuare un polimorfismo di massa era compelsso persino per i grandi maghi di un tempo, ma nove, NOVE contemporaneamente! E per giunta senza vederli! Era solo da Niesel Aran!, un lupo in un branco di pecore! Fremeva dalla voglia di stamparsi bene nella memoria quel gruppetto di innocue creature vagare qua e là prima di scagliare freddarle una alla volta… ma, lo spettacolo che invece trovò ad attenderlo lo travolse.  La frusta della succube schioccò una volta a terra, quindi lo raggiunse sul viso, accecandolo.
Aran arretrò traballando, incredulo di quello che stava accadendo, portandosi la mano sugli occhi, per proteggerli.
- No, tu, no... -
Un secondo colpo di frusta lo raggiunse al braccio e l'ampolla cadde a terra, infrangendosi.  La succube si dette uno schiaffo alla natica gemendo di piacere.
- Non mi lascerai mai in pace? Non mi libererai mai dal tormento!? - gridò fissando un volto lontano nel passato, in luogo della succube il mago. 
- E allora muori con me! - e sputando tutto il suo disprezzo e il suo dolore scagliò alla cieca delle sfere di fuoco incandescenti ovunque intorno a sé cercando di abbattere la sua torturatrice. La succube, centrata da una massa piroclastica, prese fuoco tra orribili grida di dolore e si dissolse, mentre i nove, non appena colpiti sfiorati dalle deflagrazioni delle altre, tornarono alle loro sembianze nornmali, accusando meno di quanto non fosse accaduto al demone che essendo in piedi fu colpito direttamente.
Aran recuperata parzialmente la vista era ora in piedi al centro della stanza. Gettò uno sguardo alla pozione di mana rotta sul pavimento, guardò suoi avversari che si stavano rialzando.
Non poteva crederci: tutto il suo piano, le sue finte, la sua strategia, la sua trappola, tutto per quel momento, li aveva in pugno, indifese prede della sua magia… ed ora egli stesso era indifeso, al termine dello scontro, per la prima volta privo di energie, privo di mana, privo di alcuna possibilità.
Albina fissò soddisfatta il vecchio spettro e in lui non vide che un malandato anziano sull'orlo del baratro, non più un mago.
Lo spettro impose le mani, ma nessun incantesimo lasciò le sue dita.  Spostò il peso da un piede all'altro, ondeggiando, quindi annuì di nuovo:
- La prima regola di un mago: avere sempre un incantesimo da poter lanciare... -
- E tu non ne hai più. - disse Yukina di nuovo in possesso della sua arma prediletta con una freccia pronta a partire.
L'elfo lasciò andare la corda e la freccia piombò contro lo spettro centrandolo all'altezza del cuore.
Aran non si oppose nè emise alcun gemito.  Abbassò gli occhi alla freccia conficcata nel suo corpo e sorrise:
- Alla fine il mio incubo è finito... -
E si dissolse.

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren