Autore Topic: Stelle Cadenti XXVIII - 23: Uniti per sempre  (Letto 1180 volte)

Sceiren

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Stelle Cadenti XXVIII - 23: Uniti per sempre
« il: Gennaio 20, 2011, 06:04:51 pm »
23
Uniti per sempre


Una foresta bianca.  Un vento carico di odori sgradevoli scuoteva drappeggi e teloni in quella foresta di tende bianche che circondava l’insediamento goblin.  I suoi passi sicuri e silenziosi lo stavano conducendo senza meta attraverso quell’accampamento così ben organizzato ed allo stesso tempo caotico oltre ogni sua immaginazione.  Amava il silenzio, amava la pace.
- Ora fammi un sorriso, coraggio!, non vorrai dire che hai ancora paura? Cosa ti ho detto prima? -
- Che era la magia… -
- E cosa diceva sempre la nonna sulla magia? –
- Che è il gioco dei grandi… -
- E quindi cosa sei adesso tu?... –
- Grande? –
- Esatto! Sei assieme a tuo nonno, allo zio Lore ed a tutti i grandi in questo posto… fantastico, è una cosa da grandi, quindi! E chi gioca con la magia è grande per davvero… tu sei grande, piccolo mio…-
La voce dell’elfo e del mezz’elfo sfumarono nel vociare confuso di mille altri uomini, elfi, nani, gnomi… tutti soldati, tutti Inquisitori, o quasi tutti.  Il suo udito acuto oltre qualsiasi immaginazione aveva colto la voce di altri “ospiti” di quell’accampamento, ospiti come lui.
- Non avrei dovuto. -
- Certo che hai dovuto, non essere irrazionale, hai fatto la cosa giusta. –
- Ora è solo, ora sono… sola. –
- Non parlare in questo modo, qualcuno potrebbe sentirti! Sei il capo dei novizi, porca miseria, non puoi mostrare simili debolezze! Wayscraper non aveva recuperato, qui sarebbe stato di troppo, un peso, anzi, peggio, un bersaglio, un bersaglio che avrebbe messo in pericolo tutti noi.  Hai fatto la cosa giusta. –
- Non mi è di conforto, Shaday, non mi aiuta comunque sapere di aver fatto la cosa giusta. –
- Mia signora, volevate vedermi? –
- Sì, Anishy, dovremmo… -
L’elfo aveva ragione, pensò, anche se dolorosa era stata la scelta giusta lasciare il guerriero ferito a casa… fu il caso a farlo svoltare verso la tenda adibita ad armeria e ad incontrare l’altro guerriero che a suo avviso avrebbe fatto bene a restare a Shattrath.
- Ancora una. -
- Non essere assurdo. –
- Ho detto ancora una, che sarà mai! –
- Sarà che ne stai prendendo troppe. –
- Vuoi forse disobbedire ad un ordine diretto, Dharius? –
- A dire il vero penso di stare obbedendo ad un ordine superiore al tuo, evitando ti darti l’ennesima pozione.  Dovresti parlare con Ilaria di quel dolore al costato. –
- Sciocchezze: potrei stenderti con un braccio dietro alla schiena con o senza questo… fastidio.  Maledetto Aran, che riposi all’inferno… -
- Roredrix, dovresti parlarne con Ilaria… -
- Va bene, va bene, farò come dici… ma dammi quella maledetta pozione. –
Superò i due compagni e svoltò di nuovo a destra.  Non aveva voglia di allontanarsi troppo in quell’accampamento: alleati o no era comunque un Templare, non un Inquisitore, e un alleato non è un amico, non è un confidente, solo un mercenario, un compagno di su cui non poter fare affidamento fino in fondo.
- Non essere ridicolo, Goldric, non sopporterai un altro boccale! Non farti riconoscere! –
- Te l’ho già detto, fratello, ti potrei… potrei, ti potrei mettere a pecora così! - e schioccò le dita mentre traballando urtò uno degli spettatori che, ridendo, lo spintonò verso l’improvvisato bancone.
- Coraggio, non ascolterai quel lamentoso guerriero? –
- Quel lamentoso guerriero è mio fratello ed io ascolto sempre Xyrus… -
- Quindi… ti ritiri? –
- Giammai! – e mandò giù in un fiato l’ennesimo calice di birra.
Fratello. Si fermò, in mezzo al passo, assorto, incurante degli schiamazzi dei soldati euforici poco distanti.  Il ragazzo abbassò gli occhi al sentiero a sterro, poi un fulmine, caduto non troppo lontano, lo destò.  Dyanor lasciò correre lo sguardo dentro una tenda senza volerlo, d’istinto, semplicemente perché una voce familiare aveva attirato la propria attenzione.  I suoi occhi vedevano il vecchio mago dal ciuffo bianco che si era unito al gruppo il giorno della partenza che discuteva animatamente con un altro mago del pezzo di strane polveri rilucenti. Un’altra voce attrasse la sua attenzione alle sue spalle, era il paladino nano che chiamavano Bryger che scherzava sul tempo di quelle zone con Albina; ancora una voce, Ilaria, senza dubbio, che parlava alla sua sinistra del Creatore con qualcuno, Lùce, la chiamava Lùce… era come sospeso, tra voci conosciute e non… mentre il volto che muoveva ogni suo passo gli sorrideva come solo a lui era solito fare.  Dyanor sorrise al volto stampato a fuoco del fratello e rinnovò il proprio giuramento: non importava dove fosse, non importava quanto ci sarebbe voluto, ma a qualsiasi costo lo avrebbe ritrovato. 
- Ehi ragazzo, tutto bene? Che fai il parafulmine? -  disse Bryger guardando dal basso verso l’alto il compagno.
- Tutto bene. – rispose atono, poi abbassò gli occhi al nano che lo scrutava con attenzione.
- Guarda che non sei il solo ad avere problemi? Secondo me qui non lo dice nessuno, ma questi fulmini stanno imbambolando proprio tutti quanti.  Prendi quei due quei due che chiamano “Gli Opossum”: ti sembrano normali… pensa che quello steso a terra per non aver retto due bicchierini è persino uno stregone… assurdo.  Oppure, prendi Erebus, tanto per fare un altro esempio: da quando è uscito da quella tenda avrà scambiato solo un paio di parole con Selune, dico, ma tu lo vedi Erebus muto? Questo posto è un mortorio, non vedo l’ora di andarmene… -
Dyanor sorrise al nano ed all’evocatrice e ricordò le parole del suo mentore: “se per ottenere ciò che vuoi dovrai spostare le montagne ben venga, ma le montagne non le potrai mai spostare da solo”.  Annuendo al nano che aveva ripreso sbuffando a lamentarsi di Netherstorm e di quel cielo fastidioso, si scosse il torpore di cui era caduto vittima, chiudendo nostalgia e tristezza in un cassetto segreto in fondo al cuore.
« Ultima modifica: Gennaio 20, 2011, 06:11:17 pm da sceiren »

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren