Autore Topic: Figli dell'Ultima Alba XXXI - Capitolo 22: Gli eroi dell'Iracancello (II)  (Letto 1397 volte)

Sceiren

  • GM Rising Dradis Echoes
  • Epico
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  • Chi sono dei due? :D
    • Mai dire di no al panda!
E' stata dura, ma infine gli eventi hanno preso la loro piega, la piega prevista dalla nostra storia e quella, ahimè, presa dalla Storia di Azeroth che tutti conosciamo!

Buona lettura.


22
Gli eroi dell’Iracancello (II)


Blackill strinse le mani intorno al manico del suo martello da guerra, piazzò meglio i piedi per prepararsi all’impatto con la gigantesca creatura che lo caricava e iniziò una preghiera sommessa.  Non avrebbe retrocesso, del resto non era la prima volta che contrastava cariche di quel genere.  Avrebbe dato l’impressione di subire il colpo frontalmente per poi sbilanciare l’assaltatore sulla sinistra con un colpo deciso della sua arma, prima di rotolare su di un fianco.  Era una tecnica collaudata!, anche se effettivamente mai contro una montagna di carne di quelle dimensioni…
Il terreno tremava ad ogni passo del costrutto che, menando in aria tutte e tre le braccia, era sempre più prossimo.  Blackill era pronto alla carica, al colpo, alla differenza di massa, allo sforzo che avrebbe subito ed al dolore dello schianto, ma non ad assistere a quella sorta di balzo in avanti dell’energumeno, staccati i piedi dal suolo, come sdraiato in aria verso di lui, in un forsennato dimenarsi inconsulto di arti mostruosi.
Poi arrivò quel tuono.
Il biondo paladino si rese conto che la creatura si era tramutata in una frana che stava per travolgerlo… nessuna strategia o tecnica avrebbe deviato quell’ammasso di carne!  Gridando, per esorcizzare il dolore che immaginava avrebbe da lì a poco provato a causa dello schiacciamento, saltò con tutte le sue forze sulla destra, evitando letteralmente per un soffio il Patchwerk che invece impattò rovinosamente sul terreno, sollevando fango e neve in una pioggia di frammenti.
- Uh, uh?! – mugugnò il mostro massaggiandosi la schiena, mentre si rimetteva in piedi; quindi, constatando la profonda ferita aperta, si voltò verso Blackill minaccioso.
- Ora il Patchwerk gioca! Ora si gioca! – e iniziò a far roteare sulla testa la catena.
- Gioca con me, mostro! – la voce dall’inconfondibile cadenza orchesca echeggiò diverse volte, rimbombando nelle orecchie del paladino almeno quanto in quelle dell’abominio.
Il paladino si voltò istintivamente nella direzione da cui era arrivato quel ruggito e così fece il gigante di carne, il quale, vista la figura impettita e il drago al suo fianco, sgranò gli occhi per la prima volta inferocito.
- Vieni dal Patchwerk! – gridò.
- Vieni tu, bestia! – rispose amplificando con la sua rabbia ogni sillaba l’orco, poi i due si caricarono a vicenda, mentre il drago al fianco del guerriero riprese il volo.

* * *

- Giù! – e Sceiren senza neppure riflettere si lasciò cadere in ginocchio, mentre una salva di frecce, una dietro l’altra, scagliate in successione dalla cacciatrice che amava, saettarono sopra la testa centrando in pieno lo zombie che gli si era parato davanti.  Il mago si voltò giusto per ringraziare con un sorriso l’elfa, quindi, di nuovo in piedi, riprese a seguire Araton e Tenakah verso il centro dei Campi Morti. Lo scopo della sua squadra era quello di raggiungere la ribellione e dare manforte a Lenore ed ai suoi, magari recuperando Dyanor e gli altri Templari già sul campo. 
- Vecchio mio, stai diventando vecchio! – lo schernì Lore che, saltellando felice come un ragazzino, puliva le lame dei suoi pugnali affilati, estratti poco prima dalle carni di un Vrykul.
- Ti accorgi che ti ripeti quando parli e poi… un elfo vecchio… Lore stai perdendo il tuo senso dell’umorismo - replicò asciutto Sceiren.
- Dimentichi che sono mezzo umano e di certo non è nella metà elfica che risiede l’umorismo migliore! Non è colpa mia se… - e si interruppe per evitare una grossa pozza d’acido – se… insomma lo sai! –
- Oh, piantatela e sbrigatevi, stiamo rallentando troppo per i miei gusti, e poi lo sanno tutti che le battute più divertenti sono quelle dei nani. – sbottò July superando il gruppo e riprendendo a marciare di fianco al vecchio guerriero.
- Ma tu non eri quello con le gambine corte?! – lo punzecchiò Lore.
- Giù! – ordinò nuovamente Silver, mentre rilasciava l’ennesima freccia.
Sceiren questa volta scomparve in una nuvola azzurrina, per ricomparire poco più a  destra, quindi formulò un incantesimo e l’abominio che, zoppicando, li stava caricando, come se improvvisamente si trovasse a dover camminare in un mare di fango, rallentò il suo moto, per essere centrato dapprima da una freccia arcana di Silver, poi da una sfera infuocata di Araton, per subire infine l’assalto finale di Tenakah che lo decapitò con un preciso fendente.
Sceiren sorrise: nonostante l’atmosfera da incubo in cui si trovavano, stavano procedendo, se possibile, serenamente, come ai vecchi tempi, come ai tempi in cui con sua moglie… scacciò il pensiero scuotendo il capo. Non doveva farsi distrarre.  Alzò gli occhi al cielo giusto per un momento e venne raggiunto da un primo fiocco di neve.  Sceiren si fermò, si portò una mano sul viso, mentre un secondo ed un terzo fiocco lo raggiungevano.  Assaporò appieno quella sensazione, godendo del dono che la natura, seppure in quel luogo così inospitale, stava donando proprio a lui.
Prima di imbarcarsi per le Northerend, aveva sempre amato la neve, ma da quando ne era stato circondato costantemente aveva iniziato a sviluppare una sorta di avversione per essa… fino a quel momento.  Ringraziò mentalmente Natura, quindi rivolto ai tre scheletri che stavano ingaggiando battaglia con Tenakah, grato per la gioia appena ricevuta, scagliò quattro sfere di luce azzurrina che, lasciato la sua mano destra distesa in direzione dei bersagli, si librarono evitando i fiocchi di neve sempre più numerosi, fino a colpire azzurrine gli ostili, riducendoli in polvere.

* * *

La minaccia si era allontanata, per il momento e non c’era tempo da perdere: poteva e doveva sfruttare quel momento trasformando l’attesa in un vantaggio tattico.  Selune, poco dopo l’arrivo di Hutyjaram e la presa di distanza del cavaliere nero, si era ripreso, aveva sentito ritornare le forze e ora era pienamente in possesso delle proprie capacità così, quando si rese conto che invece l’altra squadra era nella situazione esattamente opposta alla sua, non ebbe esitazione e si lanciò contro il nano avvolto tra le fiamme che fronteggiava un Wintate, ormai ai minimi termini.
Il paladino prima invocò il Creatore di proteggere il compagno, quindi si lanciò gridando contro la cavalcatura del nano, centrandola sul fianco e facendola cadere rovinosamente.  Dietro di lui, Hutyjaram che, saltato Wintate oramai senza fiato, in ginocchio e privo di forze, raggiunse Thane calando la sua spadona a due mani su di lui.  Il nano parò con l’avambraccio sinistro, deviando in parte il colpo, ma accusandone l’impatto però.  Gridò di dolore, prima di esplodere una palla di fuoco contro il guerriero.  L’esplosione investì i due, la cavalcatura spettrale e Selune scaraventando i combattenti in ogni direzione, allontanandoli uno dall’altro.  Thane fu il primo a rialzarsi, iniziò a camminare minaccioso stringendo i pugni verso Hytujaram, incurante delle ossa fumanti della propria cavalcatura.
Il nano iniziò a salmodiare tra i denti una lugubre invocazione, ma dovette interrompersi quando il gigantesco draeneo lo raggiunse calando le due asce su di lui.  Il nano, con un’agilità sorprendente, evitò entrambi i colpi, rotolò su un fianco e rispose calando la sua mazza e colpendolo ad un fianco.   
Gengiskhan imprecò, ma quando vide gli effetti delle maledizioni del suo protetto e dell’apprendista di quest’ultimo punteggiare a macchia di leopardo il collo e le braccia del non-morto, agitando i bardagli, sorrise minaccioso: il suo espediente aveva avuto successo.

* * *

La nevicata si stava intensificando, non rendendo ancora difficoltoso il volo, ma sicuramente riducendo sensibilmente la visibilità.  Gelbin indirizzò il suo oculare verso la cittadella, oramai scoperta, non più protetta dai pipistrelli mutanti, abbattuti in gran parte dall’attacco dei draghi e dei loro cavalieri.  Tirò la cloche e si sollevò ancora di qualche altro metro, presto sarebbe giunto il suo, il loro momento.  Mise a fuoco le decine di zeppelin orchesche e gli altri volacotteri che lo seguivano e che, da quando l’assalto era iniziato, avevano fornito copertura e protezione ai dirigibili che trasportavano gli assaltatori più capaci a disposizione.   Tra tutti, ancora una volta, si concentrò sui generali più famosi: uno per schieramento, entrambi druidi: il primo, dell’alleanza, sempre in forma orso, anche a decine di metri dal suolo.  I suoi tatuaggi azzurri rilucevano anche a quella distanza di una magia ancestrale.
- C’è chi gode nell’essere scomodo… - commentò sicuro di non essere sentito lo gnomo, quindi aumentò gli ingrandimenti delle sue lenti e mise a fuoco l’imponente troll che incurante del vento, del freddo e della neve, con le braccia incrociate sul petto, troneggiava sulla punta della zeppelin subito dietro.
- Se non sapesse volare, dubito farebbe la polena di quel dirigibile… - commentò nuovamente.  Quindi di sporse verso il basso e ringraziò il Creatore di avergli dato un cervello invece che i muscoli.

* * *

Roredrix venne centrato dall’ennesima sfera d’ombra. Gli mancava il respiro, aveva una nausea costante e la vista era annebbiata.  Non si oppose neppure, incassò il colpo con rassegnazione, augurandosi per il proprio bene che Lùce stesse meglio di lui e potesse in qualche modo mitigare il danno.  Il guerriero rotolò nella neve con la faccia schiacciata al suolo.  Il fresco del terreno e dei fiocchi appena caduti lo fecero rinvenire appena un poco, quanto bastò per rotolare su un fianco ed evitare che gli zoccoli della cavalcatura spettrale della non-morta gli si piantassero nella schiena.
Attingendo a tutta la sua rabbia e fronteggiando il malessere sempre più stringente, descrisse un arco con la sua spada prediletta, mozzando le due zampe anteriori del cavallo.  La cavalcatura, nuovamente azzoppata, cadde in avanti, ma così non Lady Blameaux che sfruttando la spinta, saltò per cadere in piedi oltre il guerriero… 
- Difenditi ora! – disse minacciosa imponendo entrambe le mani sul guerriero, ma Roredrix non aveva più le forze per contrastarla, si lasciò andare spalle al terreno col petto che si alzava e sollevava affaticato, distese le braccia e chiuse gli occhi… e mentre attendeva il suo fato, si concentrò sul volto di colei che da sempre aveva sognato al suo fianco ed ora che si era avverato il suo desiderio e così era, desiderava lontana da lui il più possibile.

* * *

Il barone Rivendare aveva studiato i suoi avversari quanto bastava per colpire senza subire conseguenze individuali. Del resto, la prima regola per servire era essere in grado di farlo ancora.  Una regola, questa, che quello stolto del nano e così come la femmina non avevano mai compreso: gettarsi nella mischia non conviene, se non si ha certezza di vittoria.  Così si era ritirato… per il momento… aveva valutato i suoi avversari e quelli degli altri cavalieri, quindi aveva individuato il primo anello debole.  Spronato il suo blasone al galoppo, liberò la spada e caricò il suo bersaglio, falciando ogni vivente, non-morto, alleato o avversario, che gli si parasse di fronte. 

* * *

Rotolarono avvinghiati in una lotta estremamente fisica nella quale entrambi i combattenti si trovavano estremamente a proprio agio.  Il paladino colpì con una gomitata il volto del demone il quale rispose sputando in faccia al paladino un fiotto di sangue vermiglio, quindi, sfruttando le ali, si dette una spinta e schiacciò contro i resti di un carro nanico l’avversario.
Sir Zielek gridò di dolore, quindi colpì con una testata la fronte del nemico, gli piazzò il piede sul petto e urlando lo allontanò da sé.
- Blasfemo coacervo di essenze, ti rispedirò all’inferno! – gridò il cavaliere prima di benedire il terreno intorno a sé.
Albina ricacciò la nausea sempre più pressante, quindi distesi gli artigli, avanzò per piantaglieli nel petto, ma invece di azzerare la distanza dal nemico, arrestò la sua carica, ignorò il dolore a piedi e gambe, e scagliò una sfera d’ombra contro il paladino non-morto.  Il cavaliere, colto di sorpresa, non potè far altro che incassare, tornando a impattare con la schiena contro il carro, ammaccandolo nuovamente.
- Inferno dici? Ti va di accompagnarmi? – e ridendo, il demone dagli occhi color della neve, saltò addosso alla sua preda, questa volta con l’intento di sbranarla.

* * *
 
Un pensiero attraversò la mente del guerriero senza alcun preavviso o attinenza alla disastrosa situazione in cui versava.  Aveva le braccia distese al terreno e con gli occhi chiusi attendeva il suo fato. Non era da lui lasciarsi letteralmente andare, ma da quando aveva iniziato a fronteggiare la sua avversaria, sempre più forze e spirito erano venuti meno ed ora, inerme, neppure aveva l’energia o la rabbia per stringere l’impugnatura della sua fedele thunderfury, praticamente appoggiata nel suo palmo, anziché stretta nella sua presa.  Fiocchi di neve sempre più grossi e frequenti lo raggiungevano al viso, facendosi spazio nel reticolo di barba lunga ed incolta, fino a raggiungergli le guance scavate, la fronte solcata da profonde rughe, le labbra spaccate in più punti e sanguinanti.
L’ultima missione dei Tessitori di Ombre, la tavolata voluta da Bryger e July due giorni prima l’incursione che avrebbe dovuto consacrare il loro gruppo e che, purtroppo, ne segnò la fine prematura… la fine del gruppo, la fine della sua vita con lei. 
Roredrix in pochi attimi che si dilatarono all’infinito era di nuovo lì, senza gli acciacchi del tempo, senza le preoccupazioni che erano seguite la perdita di Lùce durante lo scontro con Razergore, era lì, a brindare con la sacerdotessa al suo fianco, insieme ai suoi amici di sempre, immaginandosi un futuro di calda tranquillità a Southshore, a coltivare la terra, cacciare di tanto in tanto, ritirato, con lei, a pacifica vita di campagna.  I guadagni di quella ultima missione avrebbero garantito tutto questo, oltre alla sicurezza di un discreto gruzzolo custodito nelle casse di Ironforge… un’ultima gloriosa marcia per i Tessitori di Ombre…
Sorrise sereno, il vecchio guerriero, sereno come non si sentiva da tempo e in quello stato di semincoscienza dato dall’aura malsana che circondava Lady Blumeaux, dalla stanchezza, dalle ferite, dalla triste rassegnazione che ormai gli aveva prosciugato ogni traccia di risolutezza, il tempo riprese a scorrere come sempre, così come i suoni, gli odori e gli eventi.
Un tonfo sordo, dalla eco cupa e profonda, come di una campana.  Un secondo rintocco, ancora più grave del primo, un terzo, un quarto!
Roredrix si umettò le labbra e socchiuse gli occhi quel tanto che bastò per realizzare di essere ancora vivo, nonostante i colpi che avrebbero dovuto raggiungerlo e che, invece, avevano impattato contro una barriera dorata che lo circondava.  Era come protetto da uno scudo semisferico che aveva resistito alle sfere d’ombra del cavaliere e che ora impedivano alla non-morta di colpirlo con la sua spada che, colpo dopo colpo, veniva scagliata con rabbia contro la barriera.
Ancora un colpo, più forte dei precedenti. Il tonfo echeggiò nella barriera, rimbombando nella testa del guerriero. Roredrix spalancò lentamente gli occhi. Stava meglio!  Lo stomaco gli stava dando tregua, le braccia gli dolevano, i muscoli di tutto il corpo gli bruciavano… si sentiva nuovamente vivo! Osservò la superficie della barriera creparsi ad ogni colpo che subiva e realizzò che presto si sarebbe infranta e la cosa lo mandò su tutte le furie! 
Sentì il freddo dell’elsa della sua arma sul palmo della sua mano.  Lentamente la strinse, la strinse fino a sentir dolore

Dolore!

e quando le nocche si sbiancarono per la presa, strinse ancora più forte, cominciando a covare nel profondo della gola un ruggito di rabbia, di furore!  Il dolore, le ferite, e da ultimo il freddo alla schiena, erano sensazioni fastidiose e negative, ma gli stavano restituendo quello che il suo avversario gli aveva strappato via senza che se ne fosse accorto.  Ora, come non mai, si sentiva vivo!
Il guerriero, come da sempre prima di uno scontro, evocò nella mente il  motivo per cui combatteva e una vampata di calore lo percorse: Lùce poteva essere nelle sue stesse condizioni, a terra, da qualche parte, in balia delle bestie immonde liberate da Naxxramas.
La superficie di cristallo si crepò in una ragnatela di microfratture dopo l’ennesimo colpo.
Roredrix sgranò gli occhi, ora iniettati di sangue.  I denti erano serrati come quelli di una belva, tendini e muscoli tesi e pronti a scattare e

Il dolore

la rabbia che lo pervadeva non era più controllabile!  Avrebbe fatto a pezzi quella immonda creatura per quello che aveva fatto a lui! Non l’avrebbe perdonata, non avrebbe avuto pietà!!
Dando finalmente sfogo a tutta la sua ira, alla sua voglia di rivincita e spinto dalla paura per la sua amata Lùce, con un colpo di reni scattò contro lo scudo puntando la sua fedele spada leggendaria contro la barriera, perforandola, ed in una pioggia di scintille dorate, trafisse il collo della cavalcatura della non-morta, raggiungendo il pettorale dell’amazzone che la governava.

* * *

Il piccolo portale quadrato sbuffò fumi malsani quando il piccolo demonietto venne evocato.  La creatura, simile ad uno gnomo rinsecchito e puzzolente di zolfo e cenere, emerse tra i lapilli saltellando e maledicendo l’evocatore che lo aveva convocato nella sua lingua incomprensibile. Araton lo zittì con lo sguardo, quindi, nella lingua dell’abisso, ordinò alla creatura di assisterlo e di concentrarsi sui pipistrelli vampiro rimasti e sulle gargouille che ancora resistevano agli assalti dei draghi.  Il gruppo aveva raggiunto una collinetta da cui poteva tenere d’occhio l’avanzata dei non-morti, oramai compressi verso i Campi Morti dall’inesorabile avanzata delle forze alleate e così, mentre Sceiren, Tenakah, Lòre e July si concentravano dei nemici sul campo, Silvèr ed Araton stragiavano i nemici aerei, coprendo i compagni.   L’elfa trovava quel ruolo congegnale: aveva piantato alcune frecce nel terreno per afferrarle più rapidamente, mentre puntava il prossimo bersaglio. Caricava, mentre mirava la vittima successiva, scoccava abbattendo la precedente, ricaricava.  Era una macchina da guerra.  In particolare dava copertura ai cavalcadraghi che attaccavano alla cittadella e proprio per quel motivo si accorse che uno dei draghi, uno dei pochi senza cavaliere, era puntato da quattro grossi pipistrelli che, dall’alto, puntavano dritto alla sua schiena, non visti dalla creatura, intenta a soffiare contro le pareti della cittadella.
L’elfa scattò in piedi, afferrò l’ultima freccia da terra, una freccia che teneva per situazioni di pericolo improvviso e l’incoccò. Quindi strizzò l’occhio e prese la mira.  Non aveva il tempo per colpire tutti e quattro gli assalitori, ma avrebbe fatto in modo che il drago si accorgesse di coloro che sarebbero sopravvissuti.  Serrò le labbra, trattenne il respiro e lasciò andare la corda.  La freccia dall’asta gialla e rossa, schizzò verso il cielo.  Silvèr temette che il dardo impattasse prima contro un bersaglio non designato, visto il numero di creature volanti in quel momento nei cieli e la distanza che la freccia doveva coprire, ma fortunatamente non accadde: la freccia sfiorò la coda del drago, lo superò e raggiunse uno dei due pipistrelli centrali più in alto, esplodendo al contatto. 
La fiammata smembrò il primo pipistrello, dando fuoco alle ali del secondo, che cadde verso il suolo, ma i due più esterni, allontanati dall’onda d’urto, rimasero a mezz’aria per un paio di secondi, prima di riprendere la traiettoria iniziale.  Lo stratagemma dell’elfa, però, aveva avuto fortuna ed il drago, sorpreso dall’esplosione almeno quanto le vittime, si era voltato ed aveva notato i nemici più in alto.  Battendo forte le ali, inspirò, quindi liberò una scarica di fulmini col suo soffio travolgendo i pipistrelli ancora a distanza di sicurezza.  Infine, descritta una mezza luna in aria, puntò il suo sguardo a terra, valutando cosa o chi avesse agito ed, individuata l’elfa, puntò verso il piccolo gruppo che la circondava.

* * *

Kurgen si riparò col suo scudo, deviando la catena scagliata dall’abominio, quindi saltò e calò la sua ascia all’altezza della spalla destra della creatura.  L’ascia si incastrò nell’osso, nonostante gli spasmi del costrutto e il peso dell’orco all’altra estremità.  Il guerriero, nel tentativo di estrarre l’arma, piazzò i piedi sull’arto del nemico e spinse con tutta la sua forza, riuscendo nello scopo e, al contempo, mozzando il braccio alla creatura. 
- Fatti avanti! Sei già morto! – ruggì l’orco dei Nihlum passandosi un braccio sulla bocca ed asciugandosi il sudore.
L’energumeno fissò distratto il braccio a terra, senza provare, apparentemente, alcun dolore.  Quindi senza dir nulla, caricò l’orco, ma perse ancora una volta l’equilibrio e cadde a terra. 
- Avanti! – gridò una voce femminile e con picche e lance decine di uomini corazzati, puntarono alla creatura. 
- Lenore? – sibilò Dyanoi, ancora senza forze, protetto da Chesterum.
Il capo della resistenza, assieme ad alcuni dei suoi uomini, ingaggiò col Patchwerk, costringendolo a terra.  Le picche trafissero gambe e addome della creatura, impedendogli di rialzarsi. 
Con disgusto e rabbia, passo dopo passo, l’orco si avvicinò implacabile al mostro, quindi sollevata l’ascia sopra la testa sussurrò:
- Te lo avevo detto che eri già morto. – e calò l’arma sul cranio del gigante di carne tra le grida di giubilo dei membri della resistenza.

* * *

Sceiren era concentrato nel creare bolle di energia arcana intorno a sé per respingere numerosi zombie che avevano incredibilmente raggiunto la loro posizione, così non notò la gigantesca ombra che li oscurò.  Stessa cosa per Tenakah, impegnato come il compagno, ma July e Araton e Lòre, dopo un attimo di esitazione, afferrarono i loro compagni e si gettarono sul fianco.  In particolare July non amava le sorprese e, nel dubbio, preferiva sempre acquistare una certa distanza da potenziali problemi, per poi recuperare il terreno perduto, in caso di assenza di minaccia.  Così, senza troppi complimenti, si era scagliato contro il mago e lo aveva trascinato qualche metro sulla sinistra interrompendo i suoi incantesimi e, soprattutto, esponendolo all’attacco dei non-morti, terribilmente vicini.  Un paio di zombie si lanciarono sul mago che offriva loro il fianco, ma vennero letteralmente fagocitati dal drago che, dopo averli masticati, li sputò a decine di metri da loro.
Mostrando tutta la sua dentatura affilata e letale, il drago azzurro fissò la cacciatrice, rimasta immobile al suo arrivo, quindi chinò il capo.
Silvèr, come se avesse avuto una discussione, annuì ringraziando, quindi voltatasi verso un preoccupato Sceiren, un irritato July e un dubbioso Lòre aggiunse:
- Mi vuole con lui, posso dirgli di no? -  e ridendo montò in groppa e spiccò il volo.

* * *

A distanza di ore da quando l’assalto alla fortezza sospesa di Naxxramas era iniziato, la strategia delle forze alleate era stata più efficace della resistenza non-morta: tutti i fronti avanzavano costantemente e la morsa intorno alla cittadella era ormai serrata.  La copertura di creature volanti che circondavano l’esterno della fortezza, era quasi del tutto stata abbattuta dai draghi, i loro cavalieri e i volacotteri gnomici.  Sul campo, i mezzi d’assedio avevano raso al suolo gli avamposti improvvisati dei non-morti e le truppe del consiglio, orda ed alleanza, grazie alla loro promiscuità, si erano adattate rapidamente ai molteplici avversari incontrati.  Chiave di volta, come aveva previsto prima della partenza il generale Masters, le confraternite che, sfruttando l’individualità dei propri componenti, avevano in più occasioni permesso all’esercito di procedere, sconfiggendo il nemico con originalità e azioni fuori da schemi.
Il generale contemplò la distesa di fronte a sé, quindi, afferrato un ingrandiscopio gnomico, osservò la cittadella oramai visibilmente danneggiata e quasi priva di difese aeree. Era il momento dell’assalto finale.
- Direi che ci siamo.  Guarda qua. – e passò lo strumento all’ammiraglio McRonin il quale, serio, dopo un’occhiata alla cittadella, annuì.
- Concordo.  Tenente, il segnale! – ordinò voltandosi verso un esile graduato alle sue spalle.
- Sì, Ammiraglio. – e voltatosi a sua volta indicò a due stregoni alle sue spalle il cielo.
I mastri di magia, iniziarono a salmodiare un incantesimo.

* * *

Traballando ed appoggiandosi ai corrimano lungo le fiancate della zeppelin, il piccolo omuncolo si avvicinava al suo leader tutt’altro che entusiasta. Non amava volare, non amava neppure levitare, odiava persino salire una scala e soprattutto, quello che detestava più di ogni altra cosa, era essere latore di notizie che desiderava portassero altri per lei.   Una folata di vento fece ondeggiare il dirigibile, facendola ondeggiare pericolosamente, nonostante l’armatura pesante che aveva scelto di indossare, l’elmo cornuto che le avevano assicurato al suo villaggio che le avrebbe dato stabilità e gli stivaloni uncinati che, sempre secondo lo sciamano anziano, le avrebbero conferito una presa migliorata sulle tavole di legno della volanave orchesca… oltre che ad uno stile degno del goblin più fascinoso al mondo.  Eppure, nonostante avesse seguito alla lettera le indicazioni del capo tribù, si sentiva “stranamente” pesante e tutt’altro che sicura così vestita.
Lyn, biascicando imprecazioni degne di un orco ubriaco, si avvicinò per quanto il corrimano le permettesse alla prua della nave, il più vicino possibile al suo comandante, ancora intento a scrutare la cittadella di fronte a sé.  Sistemato il pesante elmo, si schiarì la voce una, due, tre volte, ma il troll di fronte a lei non si mosse. Sicuramente l’aveva sentita e come sempre gioiva nell’ignorarla.
La goblin si schiarì nuovamente la voce due, tre volte, ma il troll parve non cogliere i suoi sottili ed educati segnali.  Decise, quindi, di essere più incisiva.  Iniziò coi colpi di tosse.
- Generale Sejta, un messaggio dal centro. E’ il momento dell’attacco. –
Il troll si voltò lentamente verso l’elfa del sangue alle sue spalle.  La squadrò come se non la conoscesse e volesse essere certo delle sue intenzioni, quindi annuì, annusò l’aria gelida e sorridendo di grattò un paio di volte il lungo naso bitorzoluto.
- Molto bene, Ilynal.  Notizie dai Borked? – chiese ghignando.
- Presumo che il messaggio sia arrivato anche a loro e, comunque,disse ammiccando, il loro zeppelin è più indietro del nostro, mio signore. –
Il troll annuì lentamente, quindi ordinò perentorio:
- Che il comandante della zeppelin punti direttamente alla fortezza.  Ilynal, che nessuno si frapponga tra noi e Kelthuzad.  Non accetterò un secondo posto in questa sfida.  I Borked devono restare a guardare, mi sono spiegato? –
L’elfa del sangue chinò lentamente il capo in segno d’assenso, quindi lanciata un’occhiata divertita alla compagna avvinghiata alla fune di sicurezza, si allontanò a larghe falcate.

* * *

Silvèr gridò al vento per sentire la sua voce, si sentiva libera come mai prima d’ora! Stretta al collo del drago che cavalcava, decise di godersi per un attimo quella sensazione unica, la sensazione di volare! 
Il drago piegò e descrisse un mezzo avvitamento, prima di guadagnare quota, perpendicolare al terreno, sempre più lontano.  Silvèr chinò il capo, col vento che le scuoteva i capelli: era affascinante vedere la terra schizzare via verso il basso così rapidamente, quindi, schiacciata sul collo del gigante alato, con due occhi serrati in fessure lucenti, fissò la neve che le si scagliava contro come mille piccoli dardi congelati.
-    Inizia l’offensiva, mortale. Preparati. -  il drago comunicava direttamente con la sua mente ed anche se era lei a cavalcare lui, il realtà non riusciva ad immaginare un cavalcadrago in grado di dare ordini alla propria cavalcatura.   La cacciatrice, comunque, non era a conoscenza dei dettagli e per un attimo si domandò in cosa consistesse l’attacco in questione.
- L’assalto alla fortezza.  Nostro il compito di condurre i mezzi alla base; loro il compito di espugnarla.  Una volta che le truppe saranno sbarcate, daremo supporto aereo.-
- Chiaro. – pensò Silvèr, mentre avvicinava l’arco al viso.  Non pensava fosse così complesso puntare in aria. 
Il drago azzurro virò verso la piccola flotta di zeppelin e volacotteri che avanzava verso Naxxramas.  Anche altri draghi, di fronte e sui fianchi, erano in formazione, a copertura delle truppe aeree alleate.  Sotto di loro, la battaglia terrestre infuriava, ma all’elfa sembrata tutto estremamente lontano. 
Incoccò due frecce e si preparò all’azione, mentre la velocità del drago diminuiva, consentendole una migliore messa a fuoco.   Infine, nella parte bassa della fortezza, vide i suoi bersagli: attraverso l’ingresso che le truppe alleate avrebbero utilizzato per entrare a Naxxramas, numerosi umanoidi armati di tutto punto attendevano il loro arrivo.  Sorrise.  Quindi, seguendo altre frecce ed incantesimi, scoccò verso il nemico.

* * *

Dranosh Saurfang, detto il giovane, ruggendo tutta la sua rabbia si avventò contro il nemico, Arthas: avrebbe reso onore ai caduti e, soprattutto, alla fiducia in lui riposta dal signore della guerra, Thrall.  Così passo dopo passo calcolò distanza e slancio, prima di sollevare la propria ascia e calarla sul re dei lich.  Arthas non si mosse, fino alla fine, quando, sollevata la leggendaria spada Frostmourne parò il colpo dell’ascia.  L’arma dell’orco si congelò al tocco andando in frantumi, quindi la lama gelida del signore dei non morti calò sull’orco, trafiggendolo e lasciandolo cadere ai piedi del re delle Northerend.
Arthas fece un passo verso il corpo immobile dell’orco, quindi lo sfiorò con la punta della sua arma.  Il corpo ebbe un sussulto, quando la sua anima, strappata dalle carni già fredde, venne assorbita, divorata dalla lama maledetta del non-morto. 
Bolvar, come gli altri combattenti, rimase atterrito, spettatore inerme di quello spettacolo raccapricciante.
Seilune, lentamente, passo dopo passo, si avvicinò a Shockwave.  La battaglia stava prendendo una piega che non le piaceva affatto. Troppe parole, poca azione e le parole spesso danno tempo ad una delle parti di organizzarsi.  Non le piaceva.  Senza farsi accorgere raggiunse il paladino e lo sfiorò con la manina paffuta.
- Arcimago… ora, questo è il momento. – sibilò il Bolvar Fondragorn, poi rivolto al re dei lich con una rabbia che a stento riusciva a contenere.
- Pagherai per tutte le vite che hai rubato, traditore. –
- Parole audaci, ma non c’è niente che tu possa…-
 Un’esplosione accompagnata da grida di dolore e terrore interruppe i due contendenti.  Bolvar si voltò ed alle sue spalle vide una nube verde accompagnata da lapilli incandescenti scaraventati verso il cielo. 
- Cosa? – ruggì profondamente Arthas, mentre una risata sadica e stridula echeggiò nella vallata.
Una figura esile e spigolosa, resa un’ombra dalla luce alle sue spalle, si affacciò sul crinale tra l’Iracancello e l’avamposto di Kor'kron.
- Pensavate che avremmo dimenticato?, iniziò, pensavate che avremmo perdonato? – ghignò alzando il tono della voce la figura incappucciata, mentre decine di catapulte non-morte ai affacciarono alla sua destra ed alla sua sinistra.
- Ora assisterete alla terribile vendetta degli Abbandonati! –
Il Re dei Lich riconobbe il non-morto incappucciato come riconobbe le carriot non-morte al suo seguito. 
- Sylvanas… - sibilò, mentre le catapulte scattarono, riversando i loro carichi letali nella piana di fronte l’Iracancello.
- Alvaraeux! La formula! – urlò Bolvar.
- Morte al Flagello! E morte ai viventi! – continuò imperterrito il non-morto, mentre esplosioni verdastre, seguite dalla diffusione di una velenosa tossina si susseguivano una dopo l’altra nella piana.
I gas venefici si diffusero rapidamente. Uomini, orchi, nani, elfi, si contorcevano urlando di dolore, mentre la loro pelle si squarciava e agonizzanti, in preda a convulsioni, si consumavano al suolo.
Bolvar si guardò intorno, in preda a spasmi di tosse, il mago era sparito, non lo vedeva più.  Venne urtato da un ragazzo con gli occhi completamente neri che piangeva sangue, prima di cadere a terra tra urla strazianti.  Si sentiva la gola bruciare, sudava, ma aveva freddo, le gambe gli tremavano.  Ruotò su se stesso, cercando di mantenere l’equilibrio.
- Ripiegate! – urlò.  Era in preda alla paura, al terrore più nero. Il fumo verdastro, il tanfo del veleno, la polvere sollevata dalle esplosioni, la

paura, il terrore più nero

polvere negli occhi, lo aveva completamente disorientato. Non aveva idea di dove fosse l’ingresso di Icecrown e dove fosse il sentiero che portava agli accampamenti.  Doveva ripiegare, doveva

scappare


tornare indietro, ma le gambe cedettero.
Quello che Bolvar non poteva immaginare, era che poco più avanti, anche Arthas, il Re dei Lich, era caduto in ginocchio e rantolava.
Poi la voce cavernosa di Arthas sovrastò le risate acute e terribili dell’incappucciato.
- Non finisce qui… -
Stringendosi lo stomaco con la sinistra e sempre ben stretta la destra intorno all’elsa di Frostmourne, Arthas si voltò e zoppicando si ritirò oltre l’ingresso dell’Iracancello, mentre a sua volta anche il signore degli Abbandonati, scomparve dal crinale.
- Ora, tutti possono vedere! Questa è l’ora degli Abbandonati! -
Bolvar, a terra, tossì un paio di volte, il sangue vermiglio contrastò col verde della piaga che oramai infettava tutta al piana. 
- E’… la fine… , pensò, mentre sentiva le forze venirgli meno, ruotò appena il capo in direzione dell’accampamento dove aveva pianificato quell’azione, la missione che avrebbe dovuto ristabilire l’ordine, eliminare Arthas, portare la pace. Fissò per un attimo la torre di guardia, quando la vista gli venne meno e sentì il caldo calore di lacrime di sangue solcargli le guance,  Non c’è scampo, pensò infine, per nessuno di noi. –

* * *

Silvèr aveva finito le frecce, ma il drago che cavalcava non aveva finito il suo soffio.  La cacciatrice aveva esaurito le sue munizioni per coprire l’avanzata delle confraternite Paragon e Borked all’interno della cittadella ed ora non poteva che assistere passiva agli assalti del drago che cavalcava.  Il drago prese nuovamente quota volando intorno alla cittadella, quindi comunicò al suo cavaliere che il loro lavoro era completato per il momento e che sarebbe stato più produttivo concentrarsi sulle postazioni a terra.  Così senza aspettare il pensiero di ritorno di Silvèr, il drago virò repentinamente, e puntò verso il basso, quando distese le ali improvvisamente, allungò il collo e fissò un punto non precisato verso ovest, in direzione del deserto di ghiaccio. 
- Che succede?! – urlò Sìlvèr, ma il drago non le rispose, rimase sospeso per pochi attimi, sospeso a mezz’aria, pochi attimi che però furono fatali. 
Cogliendo la distrazione della creatura, da terra, la postazione di Vyrkul che avrebbero dovuto distruggere, puntò le baliste nella loro direzione e fece fuoco.  I lunghi dardi non mancarono il bersaglio: centrarono il drago sotto l’ala sinistra, frantumando ossa e membrana, e al petto della creatura.
Il grido di dolore del drago raggiunse la testa di Silvèr con tutta la sua potenza, stordendo la cacciatrice, che cadde nel vuoto, disarcionata dal drago impazzito di terrore.
Contemporaneamente, Korialstratz e i suoi seguaci, lasciati i cavalcadraghi a terra senza alcun preavviso, presero il volo, in direzione del deserto di ghiaccio.
« Ultima modifica: Aprile 15, 2015, 12:03:27 pm da sceiren »

"Spesso gli incantesimi più semplici nascondono le sorprese più grandi" - Sceiren